Capitolo 12

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«Clarke, devi fare qualcosa!»

I rumori intorno a Renée erano ovattati, come se fosse rinchiusa in una bolla. Ma anche dal profondo oblio in cui si trovava, riconobbe quella voce.

Bellamy!

«Io non credo che...»

«Ti prego!» Il tono di Bellamy era supplichevole. «Aiutala, Clarke, ti prego» ripeté.

Renée sentì un sospiro. «Posso provarci, ma...»

«Nessun ma» la interruppe Bellamy.

Seguì qualche secondo di silenzio, poi Renée sentì ancora Wanheda sospirare con rammarico. «Bellamy, non posso fare nulla. Se estraggo il pugnale, morirà dissanguata. Non ho bende e non ho ago e filo per ricucire la ferita.»

«Allora la portiamo ad Arkadia» si ostinò il ragazzo.

Oh, Bellamy...

«L'accampamento è a due ore di cammino da qui» disse Clarke. «Non puoi trasportarla, non ci riusciresti, e poi rischieremmo di lesionare ancora di più i tessuti interni.»

Pian piano, il mondo intorno a Renée divenne sempre più limpido, finché la ragazza non riprese possesso del suo corpo; il dolore al fianco era lancinante. Lo scrosciare dell'acqua del fiume e il sibilo del vento tra le foglie inondarono le sue orecchie, e sentì qualcosa... le dita di Bellamy che le sfioravano la fronte e le scostavano i capelli dal viso.

«Mi dispiace.» Clarke aveva dato la sua sentenza: non poteva aiutarla.

Renée cercò di racimolare le ultime forze che le erano rimaste e cercò di parlare.

«Bell...» La voce rauca le si spezzò in gola, un colpo di tosse le fece contrarre tutto il corpo fino a farla gemere di dolore per la fitta che sentì sul fianco.

«Renée!» Bellamy le accarezzò una guancia, lei respirò a fatica per riprendersi e con uno sfarfallio di ciglia riuscì con difficoltà ad aprire gli occhi. La luce era accecante, ma quasi subito il volto di Bellamy occupò la sua visuale: gli occhi neri, le lentiggini, la fossetta sul mento e i capelli scompigliati dal vento. Aveva un'espressione a dir poco preoccupata.

Un guaito le confermò la presenza lì accanto di Argo, come la successiva leccata che le diede sulla guancia.

Renée sentì le lacrime pungerle gli occhi, la consapevolezza di essere spacciata la stava sopraffacendo, complici le parole di Wanheda. Batté le palpebre e le lacrime scesero a bagnarle le tempie. «Non voglio morire» mugugnò.

Bellamy le asciugò il viso col pollice, scacciando via la gocciolina salata che scorreva sulla sua pelle. Renée si sforzò di sollevare il braccio e prendergli la mano.

«Clarke...» sospirò Bellamy, continuando a fissare gli occhi grigi di Renée.

«Non sopravvivrà a due ore di cammino» disse lei. «Mi dispiace» ripeté.

Il ragazzo si voltò verso la sua amica, Renée osservò il profilo del suo viso brillare in controluce e la determinazione che aveva dipinta in volto.

Bellamy non lasciò mai la mano della terrestre, mentre con l'altra sganciò qualcosa dalla cintura. Solo quando se lo avvicinò alla bocca, Renée riconobbe il ricetrasmettitore.

«Raven, sono Bellamy. Ci sei?» Attese qualche secondo, poi ritentò. «Raven, mi senti?»

Il walkie-talkie sfrigolò prima che la voce del meccanico esplodesse dall'apparecchio. «Forte e chiaro!»

THE 100 - RUINSWhere stories live. Discover now