Capitolo 10

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Renée si svegliò per il forte dolore alla testa, le sembrava che una morsa la stesse stritolando e il suo cranio stesse per raggiungere il punto di rottura. Lentamente cominciò a riprendere il pieno possesso del suo corpo, era stesa sul qualcosa di morbido e una lama di luce le colpiva il viso. Anche con le palpebre abbassate, era accecata dal sole, cosa che non l'aiutava a controllare le pulsazioni alle tempie. Aggrottò la fronte e si portò una mano al viso. Si portò una mano al viso, dunque era libera.

Schermandosi dal sole, Renée aprì gli occhi; dovette battere le palpebre più volte prima di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava. Era una camera con le pareti in legno e l'arredamento modesto tipico di una casa di agricoltori e fattori: il letto su cui giaceva e un piccolo mobile tarlato. La finestra senza vetri aveva le imposte spalancate, fuori il cielo era terso senza neanche una nuvola a tinteggiarlo.

La ragazza spostò lo sguardo sul letto dove sopra le coperte infeltrite era acciambellato Argo, la testa poggiata sulla sua coscia. Renée allungò la mano per accarezzargli la testa, il cane mosse le orecchie e subito sollevò il muso per guardarla e scodinzolò.

«Ciao, Argo!» gli sorrise.

Argo le fu subito addosso e le leccò il viso, facendola ridire per la felicità di essere finalmente insieme sani e salvi.

«Sai dove ci troviamo?» chiese dopo che Argo ebbe quietato un po' della sua frenesia, guardandosi ancora una volta intorno.

«Al sicuro.» Una voce dolce e delicata la fece sobbalzare per la risposta inaspettata.

Renée si voltò verso la porta della camera, sulla soglia c'era una donna dall'aspetto un po' trascurato ma dell'aria gentile. Le stava sorridendo, i capelli mori erano legati a formare una crocchia dietro la testa ma molte ciocche sfuggite al nastro le incorniciavano il viso scavato e non troppo giovane.

«Scusami, non volevo spaventarti» disse. «Mi chiamo Willa.» Con le mani giunte in grembo, la donna entrò nella camera e si avvicinò al letto. L'abito che indossava era un vero e proprio straccio di un blu scolorito e pieno di toppe e buchi non rammendati.

«Renée» si presentò la ragazza.

«Sì, so chi sei.»

Renée abbassò lo sguardo su Argo, tornato tranquillo e con la testa appoggiata sul suo addome. «Già... Immagino che ormai dovrò stupirmi del contrario.»

Willa si permise di sedersi sul bordo del letto, i suoi occhi marroni la guardarono compassionevoli. «Mi dispiace molto. Tuo padre ha fatto un grosso errore.»

Renée assunse un'espressione interrogativa.

«Immagino che una ragazza che rischia la vita per un cane sia una persona buona. E coraggiosa» disse la donna.

Renée sospirò e scrollò le spalle. «O molto stupida» ribatté, ricordando di aver risposto allo stesso modo anche a Sinclair una volta fuori da Arkadia.

«No» sorrise Willa. «Le azioni che facciamo per salvare qualcuno non sono mai stupide.»

La ragazza continuava a lisciare il pelo della gorgiera di Argo. «Be', in ogni caso, le rifarei tutte.» Renée guardò fuori dalla finestra alla ricerca di qualche indizio che potesse suggerirle dove si trovasse. «Cos'è successo al supermercato?» domandò poi, volgendo lo sguardo sul viso gentile della sua ospite.

«Mio figlio Ilian ha detto di aver provato a fermare Oni, ma di non esserci riuscito. Credeva che quella botta in testa ti avesse uccisa, invece eri ancora viva. Così ti ha portato a casa nostra» le spiegò con orgoglio.

THE 100 - RUINSWhere stories live. Discover now