Capitolo 11

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Renée passò la notte in bianco, rigirandosi sotto le coperte in continuazione. Non si fidava di Ilian, tutta la storia del chip era davvero assurda e per lei era più semplice credere che fosse un assassino psicopatico. Di conseguenza, si era chiusa nella camera che le aveva designato Willa premurandosi di sbarrare la porta e di piazzarci davanti il letto. Dubitava che sarebbe servito a qualcosa, se Ilian avesse voluto entrare, ci sarebbe tranquillamente riuscito. Senza contare che poteva benissimo passare dalla finestra.

Percependo l'ansia che attanagliava la sua padrona, anche Argo era piuttosto irrequieto. Si muoveva sul letto acciambellandosi in un verso e poi in un altro, spostandosi quando Renée si rigirava e sbuffando per il disappunto di non riuscire a riposare come si doveva.

Mancava ormai poco all'alba quando Renée decise di andarsene.

«Non passerò in questa casa un secondo di più» disse scostando malamente le coperte e scendendo dal letto. Indossò gli stivali, si allacciò la mantella e infilò i bracciali di cuoio, talmente lunghi da coprirle gli interi avambracci. Infine, si allacciò la cintura con le armi, infilò la sacca in una spalla, la faretra nell'altra e impugnò l'arco.

«Forza, Argo. Andiamocene.» Fece un cenno al cane, che in risposta sbadigliò. Renée scrollò le spalle. «Come vuoi.» Si sedette sul davanzale, lo scavalcò con entrambe le gambe e poi scese dall'altro lato, fuori dalla casa. Fece due passi e poi si fermò per guardare il riquadro nero della finestra aperta.

«Tre, due, uno... Voilà!» esclamò quando Argo saltò agilmente attraverso l'infisso. Il cane si scrollò per togliersi un po' di sonno di dosso, poi trotterellò verso Renée con la coda che frustava l'aria. «Fai pure con comodo!» disse lei con sarcasmo. Dopodiché diede le spalle alla piccola fattoria e si incamminò. Non aveva una meta precisa, o meglio, la sua meta non era un luogo, ma una persona. Il suo obiettivo era quello di trovare Bellamy, ma il problema era che non aveva idea di dove fosse.

L'ultima volta che si erano visti, Octavia lo voleva consegnare al Cancelliere, ma erano passati dei giorni da allora e comunque andare dritta tra le braccia di Pike non le sembrava una decisione furba. Ma dove poteva cominciare a cercare se non da Arkadia? Magari avrebbe fatto prima una visita alla grotta dove si erano rifugiati.

Camminando per il bosco con passo non troppo spedito per via degli ostacoli che la facevano inciampare in continuazione, Renée si accorse che era mattina inoltrata solo quando raggiunse la riva di un fiume dove le fronde degli alberi non le ostacolavano più la vista del cielo. Il terreno era scabro per i ciottoli bianchi di origine calcarea, i sassi cozzarono tra loro quando la ragazza li calpestò per raggiungere l'acqua limpida e cristallina del fiume. Lei e Argo si abbeverarono, poi Renée riempì la borraccia e si sedé sull'acciottolato per riprendere fiato dalla lunga camminata. Gli stivai e i pantaloni si macchiarono di bianco per la polvere calcarea, Renée prese un sasso arrotondato e se lo rigirò tra le mani, infarinandosele come se stesse maneggiando gesso.

Argo stava correndo su e giù sul fiume, divertendosi a cercare di acchiappare i pesci infilando il muso nell'acqua gelida. Renée lo guardò raggiungere la sponda opposta e scrollarsi l'acqua di dosso, poi lo vide girarsi verso di lei e cominciare ad abbaiare.

«Sì, adesso arriv...!»

Una mano grossa e callosa le tappò la bocca, un braccio muscoloso e massiccio la afferrò in vita e la fece alzare in piedi.

«Eccoti qua, Reietta!»

Renée strinse il sasso che aveva ancora in mano e con un movimento rapido riuscì a colpire alla testa il suo aggressore. Colto di sorpresa, questo lasciò la presa e la ragazza riuscì a liberarsi e correre via, immergendo gli stivali nell'acqua del fiume.

THE 100 - RUINSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora