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Come aveva detto Camille, l'intervento durò alcune ore. Verso metà mattina Jean cominciò a innervosirsi per la completa assenza di informazioni. Diverse volte si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta con la speranza di sapere qualcosa, ma nessuno diceva nulla. Camille venne altre due volte prima di finire il turno e andare a casa. Era sinceramente preoccupata per Eliane e gli chiese di chiamarla appena avuto notizie. Lui era sempre più esasperato, e un pensiero assurdo si fece largo nella sua mente. Ancora l'estraneità di Corelli nel caso dei clochard in coma non era stata provata e lui iniziò ad aver paura che quel medico potesse in qualche modo fare del male ad Eliane. Era assurdo ma lui non connetteva quasi più, il suo unico desiderio era di riavere lei. Anche quando arrivò Martinel, verso metà mattina, Jean confuso e nervoso accennò questa sua, in parte assurda, preoccupazione all'ispettore.

Mathys, in piedi di fronte a lui che era seduto, gli posò una mano sulla spalla «non penso che anche se sia colpevole arrivi a fare una cosa del genere, non avrebbe senso»

Jean scosse la testa «non so cosa pensare»

«Lei non è una testimone, non avrebbe interessi a farla fuori» continuò Martinel nel tentativo di tranquillizzarlo «e poi non è da solo in quella stanza». L'ispettore aveva capito il conflitto che Jean stava vivendo dentro di lui. Quella colpa che provava per averla portata con sé e il non sapere nulla di come stava andando l'intervento, lo stava facendo andare fuori di testa. Si sedette accanto al suo agente con un sospiro «hai fatto una gran cazzata» disse «spero davvero ragazzo mio, che escano da quella porta con buone notizie altrimenti il peso della colpa per ciò che è successo ti schiaccerà come un macigno»

Jean era stravolto, e l'affermazione di Martinel lo fece crollare definitivamente. Le lacrime che, faticosamente aveva trattenuto dal tragitto in ambulanza fino a quel momento, iniziarono a sgorgare senza sosta sul suo viso. non ricordava di aver mai pianto da adulto, mai fino a quel momento. Mathys lo abbracciò con fare paterno, Jean non era soltanto un agente della sua squadra, ma come tutti i collaboratori che lui sceglieva, era soprattutto un amico.

***

Nella custodia della chitarra di Enrich Fournel trovarono un coltello a serramanico e una mazza da baseball oltre alla copia imbustata in un sacchetto trasparente della Bibbia. Immediatamente Lafitte portò i reperti alla scientifica per essere analizzati il prima possibile. Martinel aveva dato massima priorità a quel caso. Se su quei reperti avessero individuato tracce di DNA compatibili a quelle delle vittime il caso sarebbe stato definitivamente archiviato, altrimenti le indagini sarebbero proseguite. Dato i ritrovamenti però, il vice ispettore, non aveva quasi più nessun dubbio che quel corpo carbonizzato, che avevano portato all'obitorio, appartenesse al killer dei clochard. La sua esperienza gli diceva che avevano chiuso il caso almeno per quello che riguardava il killer, restava ancora aperto quello più complesso e delicato dei corpi usati come supermercato di organi. Delicato soprattutto per il coinvolgimento del prefetto e di chissà quale altro elevato esponente della società. Aveva la massima stima e fiducia nelle capacità di Mathys, ma certo quello che stava venendo fuori era una bella gatta da pelare per lui.

***

Fissava il soffitto bianco dove una bocchetta dell'aria sembrava potersi staccare da un momento all'altro e cadere sulla testa delle persone che transitavano nel corridoio. Ormai non sapeva più che fare, l'attesa e la scarsità di informazioni lo stavano logorando.

Improvvisamente la porta della sala operatoria si aprì.

Jean, con gli occhi ancora rossi, si alzò dalla sedia appena sentì il rumore. Lo sguardo puntato sull'uomo che era uscito da quella porta e che si stava avvicinando a lui, nel tentativo di carpirne gli umori. Era terrorizzato da ciò che poteva dirgli.

Corelli si fermò di fronte ai due uomini, ma lo sguardo era puntato diritto negli occhi di Jean, per qualche secondo restò in silenzio come a voler cercare le parole giuste da dire poi sospirò «l'intervento è riuscito» accennò un sorriso «la pallottola ha reciso l'aorta ma fortunatamente non ha danneggiato altri organi»

Jean fece un respiro profondo rilassandosi, stava tornando a vivere «come sta?» chiese con un sussurro

«Considerando quanto è successo bene direi» rispose Corelli «anche grazie a te» aggiunse «che prontamente hai cercato di fermare il flusso di sangue che usciva»

Il dottore notò lo sguardo sorpreso del poliziotto, non poteva certo sapere i sensi di colpa che invece si portava dentro «ha perso molto sangue e gli stiamo praticando una trasfusione, ma se è arrivata viva e abbiamo potuto eseguire l'intervento, il merito è del tuo primo soccorso» sorrise rivolto all'uomo dandogli una pacca sulle spalle

Anche Jean si lasciò andare in un sorriso tirato «posso vederla?»

«Veramente non sarebbe possibile, ma ho come la sensazione che ti arrampicheresti dalla finestra pur di entrare in quella stanza» sorrise «quindi farò un'eccezione, ma solo per pochi minuti»

Questa volta Jean si accese in un autentico sorriso «grazie»

«Vieni con me» disse Corelli avviandosi verso la stanza con Jean che lo seguiva decisamente più rilassato. Eliane aveva ragione Corelli era davvero un'ottima persona.

© Dan Ruben

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