IV • Il Viaggio che ci Aspetta (2 di 4)

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Il busto sembrava una botte slanciata composta da assi scure e lucide, strette tra loro con delle fasce metalliche borchiate

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Il busto sembrava una botte slanciata composta da assi scure e lucide, strette tra loro con delle fasce metalliche borchiate. Dei pezzi di legno massiccio levigato e lucidato gli facevano da braccia e da gambe. Ogni sua giuntura mobile - come spalle, ginocchia, nocche e gomiti - era d'ottone, e si allacciava al pezzo di legno successivo stringendolo in anelli e borchie. In svariati punti il legno e il metallo erano incisi, decorando il suo corpo con riccioli eleganti e geometrie precise. Sole si accorse che le parti d'ottone del suo corpo non avevano subito la stessa ossidazione delle parti sul viso. Probabilmente non gli capitava spesso di scostare quella nera tenda foderata di rosso sangue che era il suo mantello.

«Se non sei umano cosa sei? Una creatura? Un... animale?» chiese Sole.

La creatura sollevò la testa, tornando a chiudersi nel lungo mantello. «No, sire. Qui ci chiamano dominanti. Serviamo e governiamo questa Terra.»

«Come puoi servire e anche governare? Gli ordini o li dai o li ricevi!»

«È un ciclo, sire, ci sono dominanti che servono e dominanti che governano, e nel tempo si susseguono sui numerosi troni della Terra.»

«E tu, Custode? Servi o governi?»

«Servo, sire, ma è mio destino governare sul più alto dei troni della Terra.»

«E perché mai la Terra ha più di un sovrano e dovrebbe decidere di cambiarli?»

«Perché non trova la pace e l'equilibrio, sire.»

«E tu pensi di poterglielo dare?»

«L'equilibrio più duraturo e la pace più forte.»

«Allora ti auguro di salire presto sul più alto dei troni della Terra.»

«Il vostro è un augurio molto gradito, sire,» disse lui, usando un tono appena più cordiale e facendo un inchino con la testa.

«Ti devo più di un augurio, dominante. Io sono il principe Sole, sovrano del giorno!» disse impettito, rilucendo nei suoi cristalli d'ambra e nella sua pelle striata, «e tu mi hai aiutato quando ero in difficoltà. Dimmi cosa desideri e te lo concederò!»

Il Custode scattò come un fulmine a rannicchiarsi dentro il suo mantello, a quanto pareva infastidito dalla luce del sovrano. Sole fu turbato nel vedere il suo più grande dono per la prima volta respinto, ma seppur in leggero imbarazzo non disse nulla, limitandosi semplicemente a smettere di brillare. Apprezzò il fatto che il Custode si sentisse comunque in dovere di giustificarsi:

«Perdonatemi, sire. La mia natura non mi concede di godere della vostra luce. Ma sono onorato dalla vostra premura e sono sicuro che troverete modo di ricompensarmi lungo il viaggio che ci aspetta.»

«Lungo il viaggio?»

«Posso guidarvi fino a madama Luna per la strada più breve, tenendovi al sicuro dai pericoli della Terra.»

Alla menzione della dama, Sole sentì un dolce e inaspettato calore accenderglisi dentro, tanto che dovette sforzarsi di non brillare di fronte al Custode.

«Sempre che per voi sia cosa gradita, sire...» chiese il dominante.

Il sovrano tossicchiò nel tentativo di non dare a vedere ciò che provava. «È certamente cosa gradita. Quel vostro oracolo, la Tela, è stata incapace di aiutarmi a riguardo. Ma come sai del mio viaggio?»

«Esattamente come sapevo dove trovarvi, sire: grazie alla Tela. Una volta che le si dà un'informazione, lei la porta ovunque, e così vi ho trovato.»

Sole sentì rimontare debolmente la rabbia e la frustrazione provata nel bosco, «E così non è solo una trappola in cui far cadere chi cerca informazioni dal suo oracolo...»

«Sa essere un dominante utile e potente, sire, ma richiede attenzione, cosa che spesso viene sottovalutata.»

«In ogni caso, ha aggredito il principe del giorno, e arriverà il momento in cui pagherà per questo...»

«Ne sono convinto, sire.»

«E ora Custode, non perdiamo altro tempo! Parlami del mio viaggio!»

Il Custode si voltò verso il prato che finiva lontano all'orizzonte, ai piedi di alcune alte montagne coperte di bianca e soffice neve.

«Proseguiremo verso est fino agli Altipiani Giardino, seguendo le grandi Torri d'Ottone,» disse, indicando con la sua mano legnosa delle colonne gialle e luccicanti che, lontanissime, sbucavano dietro all'avvallamento tra due monti. Da quella distanza sembravano spilli d'oro appuntati sull'amarognola Terra.

«Aggirati gli altipiani, scenderemo fino al mare. Da lì saliremo verso la montagna, dove c'è l'ingresso più vicino ai cunicoli sotterranei che sono la mia casa. Attraversano tutta la Terra, una volta lì ci vorrà poco ad arrivare dall'altro capo del mondo e sbucare nel regno della notte. Questo è il viaggio che ci aspetta.»

«Molto bene, devo tornare indietro prima che finisca il giorno in questo emisfero, così nessuno si accorgerà della mia assenza dal trono.»

«Vedrete che sarete sul vostro trono per tempo, sire.»

«Dunque basta chiacchiere, partiamo!»

«Io mi sposterò tra le ombre, sire, non riuscirei a tenere il vostro passo. Mi troverete ad attendervi ai piedi degli Altipiani Giardino, dove sorgono le Torri d'Ottone. Vi basterà tenerle sempre davanti a voi e non incontrerete ostacoli,» disse il Custode, indicandogli gli spilli d'oro all'orizzonte.

«Molto bene, Custode, così sia.»

Il dominante di legno fece un cenno di inchino con la testa. Con un passo indietro, fu all'ombra degli alberi del bosco e un attimo dopo, come se sotto di lui si fosse aperta una botola, fu risucchiato nell'ombra del terreno, svanendo.

Sole spostò lo sguardo davanti a sé, verso le torri che luccicavano nella luce nuvolosa del cielo diurno. Pensò a Luna e a quanto poco mancasse per riaverla davanti ai suoi occhi. Il fuoco nel suo petto si riaccese, e il sovrano iniziò a correre come mai aveva fatto prima.

Mentre divorava intere ore di cammino umano in pochi passi e superava con un solo balzo boschi e fiumi, non si sforzò di trattenere l'allegro brillio che i cristalli del suo corpo facevano guizzare, a imitazione delle dolci fiamme che gli bruciavano dentro.

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La canzone che ho scelto per questo capitolo è:
Seven Thousand Steps di Jeremy Soule


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