Memorie di luce[1/6]

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"Madre, aiuto..."

Le palpebre erano incollate, il sudore filtrava attraverso le ciglia e le bruciava gli occhi. Nemeria provò a muovere le dita e a sollevare il braccio, ma qualcuno, una delle tante presenze che le ronzavano attorno, la bloccò. Le parole rimasero in apnea nelle sue orecchie e poi sgocciolarono a terra, di nuovo confuse nel tramestio di sottofondo.

- Bevi. -

Una lieve pressione sulle guance, due mani che le sollevavano la testa. Nemeria schiuse le labbra e bevve. Somigliava ad acqua, ma aveva una consistenza più densa e un pungente retrogusto amaro. I muscoli si tesero e rilassarono in una sincronia perfetta e dolorosa. Quando le allungarono le gambe e le braccia, Nemeria aveva di nuovo perso la percezione del suo corpo e di ciò che la circondava. Sopravviveva solo l'olfatto, attaccato dall'olezzo rancido e penetrante di vino.

- Sono qui, Nemeria. - sussurrò Sayuri, per poi premere i pollici sulle sue tempie e le altre dita sulla fronte, - Portami dove vuoi tu. -

- Non... non posso muovermi. -

- Sì che puoi. -

Il vento scacciò l'odore di alcol e sudore. Sul braccio stavano spennellando una mistura viscosa e densa che profumava di miele e latte. Ogni volta che sfioravano i frammenti d'osso, il suo corpo si tendeva in uno spasmo.

- Sat, Chit, Ananda. - scandì Sayuri, - Ascolta le mie parole: Sat, Chit, Ananda. -

Tante mani scorrevano su di lei, alcune reali, altre immaginarie. Attraverso le palpebre, ombre evanescenti sfrecciavano sullo specchio offuscato della pupilla.

- Sat, Chit, Ananda. -

La pressione sulle tempie aumentò, così come il vento che le ingrossava la veste. Trasportava con sé una fragranza di erba e terra bagnata.

- Sat, Chit, Ananda. -

Lo scrosciare dell'acqua la trascinò via.

- ...ria! Nemeria! -

Nemeria si voltò. Taleyta la stava guardando dalla riva, con i panni appena lavati arrotolati tra le braccia. Li posò su un masso e, saltando di scoglio in scoglio, le arrivò abbastanza vicino per poterle acchiappare il polso.

- Stai più vicina o il Dunărea ti inghiottirà. -

Nemeria sbatté le palpebre e tornò a guardare il fiume. Era di un intenso blu – blu cobalto, l'avrebbe corretta Etheram – ed era largo parecchie braccia. Il profilo lontano della riva opposta era una semplice linea frastagliata d'alberi che si inerpicavano lungo il fianco della collina. Le chiome non ancora fitte erano un indizio di una primavera pellegrina sulla strada del ritorno.

Nemeria indietreggiò fino a ridurre il livello dell'acqua ben al di sotto delle ginocchia. Abbassò lo sguardo sulla tunica e, senza dire una parola, riprese a strofinare la macchia.

- Non riuscirai mai a farla andare via solo con l'acqua. - Taleyta si guardò intorno e si mise i pugni sui fianchi, - Dove hai messo il tuo sapone? -

Non se lo ricordava. Tra il momento in cui era uscita dalla tenda e quello in cui Taleyta l'aveva ripresa c'era solo un enorme buco nero. Eppure doveva averlo avuto, perché le sue mani profumavano d'anice e alloro.

- Forse l'hai appoggiato da qualche parte e ti è caduto. Non importa, puoi usare il mio. - prese un grossolano cubetto non più grande del palmo della sua mano e glielo porse, - Finisci, dai, che mio fratello ********  ti sta aspettando. -

Annuì e subito tornò a strofinare. Aveva il sentore che quella stupida macchia non sarebbe andata via nemmeno con tutto l'olio di gomito del mondo, ma non poteva ripresentarsi da sua madre senza averci nemmeno provato. Tanto meno quel giorno, che per colpa del suo ciclo di luna riusciva a malapena a stare in piedi.

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