Memorie di luce[1/6]

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Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente.

(Marcel Proust)

I curatori sopraggiunsero poco dopo

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I curatori sopraggiunsero poco dopo. Due erano uomini anziani, con la barba crespa come la coda di un cane randagio e un ciondolo di un leone di profilo che pendeva sulla tunica blu chiaro. Kaymar pareva quasi sostenere il più vecchio mentre camminava.

Nemeria li attendeva stesa su una branda di una piccola anticamera. Le guardie l'avevano scortata lì e poi avevano lasciato tre di loro a sorvegliarla. Non che ce ne fosse davvero bisogno, ma non potevano sapere quanto il dolore avesse già spolpato qualsiasi sua volontà di fuga.

"Li ho impressionati troppo."

Una fitta più forte delle altre stroncò la risata e la tramutò in un gemito rantolante. Kaymar ritrasse la mano, imitato dagli altri due curatori.

- Non ti ho ancora toccata e già ti lamenti? -

- Fa male... -

- Lo so. Cercheremo di fare piano. - la rassicurò con un sorriso.

Nemeria non aveva il coraggio di guardarlo, le faceva accapponare la pelle pensare che quell'appendice di sangue e carne esposta le appartenesse.

I tre parlottarono tra di loro, in un rapido scambio di battute che lei non riuscì a seguire. Quello che Kaymar aveva accompagnato uscì dalla stanza e tornò seguito da Sayuri e, sorprendentemente, da Tyrron. O forse era sempre stato lì? Non ne era sicura e la paura la teneva inchiodata in quella posizione scomoda, a respirare più piano che poteva per non risvegliare il dolore.

- Riesci ad aprire gli occhi? -

Nemeria schiuse le palpebre. Le mani di Kaymar erano ai lati del suo viso ed erano bagnate. Il refrigerio dell'acqua, o di qualsiasi cosa fosse, a contatto con le sue guance calde attenuò appena il fuoco che la stava divorando da dentro.

- Il tuo braccio è messo molto male. Adesso lo puliamo e poi operiamo. Vedrai che andrà tutto bene. -

C'era una certa apprensione nella sua voce, che la turbava al di sotto della soglia della coscienza. Nemeria non sapeva spiegarselo, ma il senso di disagio che l'ultima affermazione le aveva messo addosso la faceva tremare fin nel midollo.

Pian piano, Kaymar allontanò le mani dal suo viso e arretrò per lasciare spazio a Sayuri e al terzo uomo, che, ora che Nemeria lo osservava bene, non era poi così vecchio come aveva pensato. Era stata la barba a ingannarla.

- Al mio tre. - la avvisò, - Uno, due... -

L'ultimo numero non giunse mai. Nemeria sentì soltanto il microscopico movimento dei frammenti d'osso nelle ferite slabbrate. Nella cornice sanguigna del suo sguardo, quei dentelli arrossati erano le zanne del dolore che la stava sbranando dall'interno. Le mancò il fiato e il suo corpo si svuotò, comprimendosi fino a perdere la sua reale consistenza.

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