1 Peyton

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Ciao a tutti. 
Ecco a voi una nuova storia piena di emozioni, colpi di scena e tanto amore. 
Questa storia l'ho scritta insieme ad una mia amica e speriamo tanto che vi piaccia. Detto questo, vi auguriamo buona lettura. 



Solitamente si aspetta che il telefono squilli cinque volte prima di chiudere la chiamata. Poi, normalmente, ci si domanda perché la persona che stavamo chiamando non abbia risposto.

Perché non ha risposto?

Non vorrà parlare con me?

Sarà occupata?

Stara dormendo?

Le quattro tipiche domande che ci poniamo tutti. Poi ci sono persone che insistono e ti chiamano fini a quando non scatta la segreteria.

Invece, adesso, vi starete chiedendo perché io abbia iniziato a parlare, con voi, di telefonate. La risposta è semplicissima. Io faccio parte della seconda categoria. Il motivo?

È la quinta volta che provo a chiamare quella dannatissima scuola di stuntman. Dannatissima no, dato tutti noi dovremmo farci un provino in questi giorni, anche se ancora non sappiamo niente.

Non sono incazzata soltanto per il semplice fatto che la scuola non mi risponda, ma anche perché il mio unico compagno d'ufficio non è ancora arrivato al lavoro.

Harry il biondino, così intitolato da quando l'ho visto la prima volta all'età di dieci anni, doveva portarmi il progetto di una casa fatta in legno. Aveva da fare un semplicissimo compito, stampare il disegno, metterlo dentro una cartellina e poi portarmelo. Sto chiedo troppo? Mi sembra di no.

Lo conosco da dodici anni quindi non posso stupirmi più di lui dato che è il mio migliore amico. Meglio detto secondo migliore amico, per primo c'è mio fratello.

Nel preciso instante in cui prendo il telefono per chiamarlo per la quinta volta, anzi forse la sesta, lui entra nell'ufficio. Ha un aspetto orribile. La sua camicia è tutta sudata, i capelli appiccicati al viso per non parlare i pantaloni completamente bagnati.

Scatto in piedi per andare da lui. «Ma che diamine ti è successo?» gli chiedo guardandolo dalla testa ai piedi.

«Buongiorno anche a te e forse è meglio se non ne parliamo», risponde appoggiando la sua borsa a tracolla sulla sua scrivania. Da dentro tira fuori una cartellina rossa e me la porge. «Fortunatamente il progetto è ancora intatto, poi ti conviene correre dal capo se non vuoi essere licenziata di prima mattina».

Corro come una matta lungo il corridoi e poi mi fermo di colpo davanti alla scrivania della sua assistente facendole prendere un colpo. «Buongiorno Hazel. Il capo è nell'ufficio?» le domando mentre cerco di riprendere fiato dopo la piccolissima corsetta che ho appena fatto.

«Buongiorno anche a te Peyton. No, in questo momento il capo sta tenendo un'importantissima riunione con il consiglio amministrativo», risponde mentre consulta l'agenda. «Avevi bisogno di qualcosa?»

«In teoria sì. Devo consegnarli urgentemente questo progetto».

«Se vuoi, puoi darlo a me e glielo consegno appena torna in ufficio», dice porgendomi la mano.

«Grazie mille Hazel».

«Di niente, sto facendo soltanto il mio lavoro».





Sono ancora scioccata da come ho visto Harry questa mattina, quindi quando rientro nel nostro ufficio sposto la mia sedia accanto alla sua. «Conoscendoti non tornerai al tuo posto fino a quando non ti dirò quello che mi è successo, ho ragione?» dice guardandomi con la cosa dell'occhio.

Annuisco.

Sbuffa rumorosamente. «Ti sembrerà una storia assurda, tratta da un film, ma ti giuro che è la verità», dice. «Sono uscito di casa alla solita ora e come al solito ho cercato di chiamare il primo taxi disponibile. Ma siamo a New York, quindi di taxi ne trovi ma anche i taxisti non scherzano», ridacchia scuotendo la testa. «Vedendo che nessuno si ferma, ho deciso di andare a prendere la mia amatissima moto, ma uscendo dal garage una macchina si ferma di colpo. Nel fermarsi fa schizzare tutta l'acqua della pozzanghera che mi finisce sui pantaloni. Per concludere in bellezza, a metà strada ha iniziato a piovere.

Non sono tornato a casa per cambiarmi, per due motivi. Il primo, ero in mega ritardo. Secondo motivo, sapevo che la mia BFF odia i ritardatari e sicuramente mi avrebbe sbranato».

Scoppio a ridere scuotendo la testa. «Che bel buongiorno hai avuto oggi», dico.

Alza gli occhi al cielo. «Bellissimo».

«Una cosa ancora non mi è chiara», dico mentre riporto la sedia dietro la mia scrivania. «Come hai fatto a cambiarti così presto?»

«Ti ricordo che il capo ci ha fatto costruire degli appositi spogliatoi per poterci cambiare in caso succeda qualcosa oppure se abbiamo una riunione importante alla quale non possiamo andare vestiti in modo "normale"», risponde imitando le esatte parole del capo. «Un'ultima cosa, il tuo telefono non ha fatto altro che suonare mentre tu eri fuori».

Urlo per la frustrazione. «Harry, potevi dirmelo prima».

«Scusami, ma sei stata tu che hai voluto ascoltare a tutti i costi la mia fantastica mattinata. Quindi non dare la colpa a me».

Eccoli di nuovo. I cinque squilli che precedono la risposta di una chiamata. La chiamata che avrebbe potuto cambiare tutto il futuro della band di mio fratello.

«Twilight Stunt Action Specialists Groupcompany. Salve sono Benjamin, il direttore. Ho ricevuto diverse telefonate da questo numero, e già posso dire che ammiro moltissimo la tenacia per avermi chiamato fino a quando le rispondevo. Mi dica come posso aiutarvi?»     

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