Hello, Goodbye

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"Con la libertà, i fiori, i libri e la luna,
chi non sarebbe perfettamente felice?" -Oscar Wilde

Lauren Jauregui afferra i suoi bagagli, guarda per un'ultima volta quel dolce viso di porcellana, nonché Camila, e fa un enorme sorriso prima di di chiudere la porta scorrevole.
«Sono molto lieta di averti conosciuta, signorina» afferma senza staccare lo sguardo da quegli occhi nocciola «Addio»
«Arrivederci, Lauren»
Arrivederci? Perché mai arrivederci? Probabilmente non si incontreranno mai più nella vita eppure qualcosa dice alla cubana che avrà ancora a che fare con la dea Jauregui. Una dea. Una bellezza rara, mai vista. E di persone Camila ne ha conosciute tante ma mai nessuna come quella, donna, Lauren.

Il suo occhio cade sul sedile dove pochi istanti prima vi era lei. Una qualcosa luccica in un angolino. Goffamente allunga la mano e afferra quello che sembra essere un ciondolo di cristallo, un sole. Probabilmente le sarà caduto da uno dei tanti bracciali.
Lo stringe tra le mani, guarda fuori immaginandola chissà dove ed invece eccola lì, proprio sotto il vetro di fronte a lei, che abbraccia forte una donna di colore. Questa le prende uno dei bagagli tra le mani e sorridendo si allontanano da lì, sparendo tra la folla.
Camila apre la mano e sorridendo guarda nuovamente quel sole che poi stringe in un pugno, portandolo al petto.
«Ohw Lauren...» sospira senza nascondere quel velo di tristezza ma anche quella gioia e quell'emozione di averla incontrata.
Chissà quando la rivedrà.
***
Mentre la cubana prosegue il viaggio per altre due e lunghe ore, Lauren si trova in una delle tante ville del marito, che lui ha ereditato, con la sua migliore amica, Normani Kordei.

Tolto ogni indumento, legando i capelli in un coda alta, si immerge nella vasca piena di acqua calda. Allunga in braccio per accendere le candele alla lavanda poggiate sul davanzale della finestra e chiude gli occhi, emettendo uno strano mugolio.
Nel buio davanti a sé vede apparire quel viso di porcellana. Il suo timido sorriso, il suo mordersi nervosamente il pollice, quegli occhi profondi, vuoti ma pieni di storie da leggere dentro la sua anima. I suoi dread ribelli che le ricadevano sulle gote, che lei spostava in un veloce colpo di capo. Quelle labbra spaccate da tutti i morsi, affondando forte i denti fino a farle diventare rosse per il sangue che subito toglie passando la lingua, per poi arriciare il naso.
L'ha studiata molto bene durante quel lungo viaggio. Più di sette ore passate in quello scompartimento ad ascoltare i silenzi della cubana, scrutarla e incassare informazioni che tirava con le pinze. Forse erano i silenzi assordanti che raccontavano di lei più di qualsiasi altra frase detta dalla cubana stessa.

Ispira col naso. Il suo odore, dolce, ma indescrivibile, le invade le narici. Eccola che le sorride e le va incontro. Allunga un mano come se volesse afferrare quella di Lauren. Manca poco, sono vicinissime l'una all'altra.

«Laur»
La latina riapre gli occhi tornando alla realtà, interrompendo quella sorta di visione, a causa della sua amica, ritrovandola sul bordo della vasca.
«Normani» sospira
Si tira su con la schiena mostrando i nudi e sodi seni, i capezzoli turgidi, e passa le mani bagnate sul candido viso, strofinando gli occhi.
«Quante volte ti ho che non voglio essere disturbata quando sono nella vasca?» la riprende con tono seccato «Dimmi»
«Nulla, eri qui da un po'» boccheggia «Ti sentivo dire da fuori "Camila" ehm.. Stai bene, Lauren? Devo sapere qualcosa?»
La corvina scuote la testa.
Sciacqua velocemente via i residui di sapone, scarica l'acqua e, uscendo dalla vasca, si avvolge in un bianco asciugamano, pensando alle parole di Normani.
Impossibile. Non può averla nominata. Può una sconosciuta farle queste effetto?
«Avanti, chi è Camila?» insiste
«Ma nessuno» si rivolge all'amica in modo brusco «Avrai sentito male, ora lasciami sola, devo vestirmi»

Le due hanno un tavolo prenotato in uno dei più famosi pub di Barcellona.
Infila il suo corpo in un vestito corto nero abbastanza scollato che lascia la schiena nuda. Tacchi del medesimo colore, così come una delle sue inseparabili giacche di pelle che porta con sé sin dall'adolescenza.
Dopo aver dato un po' di colore al suo viso, ravvivandolo, afferra i suoi bracciali ed è solo adesso che si accorge che le manca uno. Il suo preferito dopo il ciondolo che ha al collo, la sua luna di cristallo.
Il sole è sparito. Le sarà caduto sul sedile.
Guarda l'ora dal telefono ancora sottocarica. È quasi mezzanotte, quindi la cubana a momenti arriverà a destinazione, a Madrid.
«Spero l'abbia tu il mio sole» quasi prega rivolgendo quelle parole alla luna, guardandola alta in cielo «Buona fortuna, Camila» sussurra pensando a quella giovane ragazza che vaga sola, senza una meta, alla ricerca del nulla

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