Capitolo 13

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Stava facendo bene? Non lo sapeva, ma non gli sembrava sbagliato. A New York non ci abitava più ormai, gli unici legami che aveva erano con quell'assurdo gruppetto di shadowhunter che avevano salvato il mondo. E per venire a trovarli sarebbe potuto stare in hotel. Aveva sempre adorato gli hotel, soprattutto quelli con le spa. Le spa, quella geniale invenzione mondana...! Ma stava divagando. Concentrarsi, ecco cosa diceva fare in quel momento.

Non che potesse cambiare idea, con gli oggetti della sua vita passata già imballati e pronti a partire per Roma. E soprattutto non con quel contratto che aspettava solo di essere firmato davanti agli occhi. L'ufficio dell'acquirente era ampio, le pareti di un rosso spento e la scrivania bianca. Pile e pile di carte erano ammucchiate sopra essa, in un ordine quasi surreale.

Ma era ora di concentrarsi, concentrarsi. Perché era così difficile? Forse perché aveva paura di separarsene. Come se potesse cancellare il passato. Ma gli oggetti li avrebbe avuti vicini, e i ricordi sempre in mente. Non si sarebbero mai cancellati. Un sospiro, una mano che afferra una penna, una firma. Un paio di frasi di cortesia, un saluto educato. E fuori dalla porta. Era fatta.

Aveva fatto bene? Sperava di sì. E sperava anche che la lettera che stringeva in mano glielo confermasse. Passò dallo Starbucks più vicino per prendersi un frappuccino (li adorava e in Italia erano introvabili) e poi andò a sedersi su una panchina. Aprì la busta violetta e con il cuore in gola inizio a leggere.

"Per quando venderai il loft".

"Tesoro mio, mio unico amore,
Era inevitabile, no? Troppi, troppi ricordi. Troppo dolore. Troppa morte, forse.

Amo la nostra casa. Dove abbiamo iniziato a convivere, dove ci siamo baciati la prima volta. Dove ci siamo conosciuti. In quelle stanze ti ho visto maledire ogni demone immaginabile solo perché ti dovevi alzare la mattina, e benedire ogni angelo possibile per il grande dono divino che è il caffè. Lì ti ho insegnato a cucinare e a fare il bucato, mentre tu mi hai iniziato al magico mondo della televisione. Quell'apparecchio è una droga. Mi hai anche mostrato per la prima volta un computer. L'abbiamo riarredata insieme, scegliendo tutto, dal divano al colore degli interruttori. Viola con i brillantini, ovviamente. Hai un gusto davvero discutibile, amore mio.

E adesso l'hai venduta. No, non ti sto accusando. Anzi. Ok, magari è un dolore anche per me. Non posso dire che mi renda felice. Ma sono anche sicuro che tu non l'abbia fatto a cuor leggero. Che anche tu abbia sofferto per questa decisione. Ma, se l'hai fatto, vuol dire che era la cosa giusta. O, se non quella giusta, la migliore. Perciò va bene. Lo capisco.

Non mi rende felice, ma lo capisco. Tanto i ricordi, i nostri ricordi, non se ne andranno. Siamo sempre noi, anche se la casa non c'è più. Non avere paura di perdere il passato, sai benissimo che è impossibile. Il passato rimane sempre con noi, nel bene e nel male. In questo caso, spero, nel bene. Spero che tutti quei ricordi rimangano nello scrigno che è il tuo cuore, circondati da affetto. So che sarà così, ti conosco. Tu sei così. E sì, hai fatto bene. Fa bene allontanarsi dal dolore, se questo significa conservare la felicità dei momenti passati.

Sii felice, e siilo sempre.
Alexander".

Lo stregone finì di leggere e si alzò lentamente dalla panchina. Si sentiva il cuore più leggero, ora. Non era ancora sicuro di aver fatto bene, ma stava meglio. Stava sempre meglio, dopo aver letto una delle lettere di Alexander.

Spazio me
Buonasera a tutti.
Il capitolo questa volta è puntuale, yeeeeeee! E io sono sopravvissuta alle bruciature, cheggioia.
Spero che queste vacanze vi stiano dando solo gioia e felicità, ve lo meritate. Tutti se lo meritano.
~Gy

"Dear Magnus..." |Malec|Donde viven las historias. Descúbrelo ahora