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<<Come mi avete trovato?>> domando curiosa, ma soprattutto sollevata dall'essere scappata da quell'inferno.

Sono seduta sui sedili posteriori della Jeep di Stiles, insieme al proprietario e a Liam, i miei salvatori.
<<Sai il tuo sogno? Ci siamo ispirati a quello.>> risponde lui alla mia precedente domanda.
<<In che senso?>>
<<Hai accennato ad un tombino durante la spiegazione, così abbiamo subito pensato ai condotti sotterranei che percorrono l'intera Beacon Hills. È stata dura, poiché abbiamo cercato sotto ogni tombino disponibile è arrugginito, grazie al dettaglio che avevi aggiunto...>>
<<E Mason?>> chiedo speranzosa.
<<Ancora niente, ma non interromperemo le ricerche per nulla al mondo...>>
Liam interrompe il discorso, intromettendosi.
<<Scusa se ci abbiamo messo tanto, ma ci sono davvero troppi tombini in questa città!>>
Tutti e tre ridacchiamo, felici di essere scampati al pericolo.
<<Tranquilli, ho passato la maggior parte del tempo svenuta, quindi l'orario è stato per lo più sottovalutato. Lo dice anche questo qua che dormo troppo...>>

Mi volto con sguardo scettico verso il bagagliaio dell'auto.
All'interno si trova il ragazzo dai capelli scuri, accovacciato, legato per bene e con la bocca tappata dallo scotch, quello che Stiles tiene sempre a portata di mano per fortuna.
I suoi occhi mi osservano in cagnesco e sono sicura che senza quella ostruzione, sarebbe capace di dirmene di tutti i colori.

<<Ancora non capisco perché lo abbiamo rapito. Lui non è mica dalla parte dei "cattivi"?>> domanda il beta, scocciato di dover sopportare un'altro carico.
<<Appunto per questo lo abbiamo fatto, potrebbe rivelarci delle informazioni da poter sfruttare a nostro favore.>>
Da dietro arrivano dei mugugni, sempre attutiti dallo scotch sulla bocca, che lasciano ben intendere che lui non è disposto a collaborare.

Siamo diretti alla casa sul lago.
Dicono che quello è l'unico luogo sicuro, di cui la Monroe non conosce ancora l'esistenza.
È quell'ancora però a lasciarmi irrequieta.

Sono le otto di sera, il sole è già tramontato e il buio inizia lentamente ad avvolgere i boschi attorno a noi.
I lampioni sulla strada sono l'unico riferimento luminoso per ora, l'unico a cui posso aggrapparmi.
Non voglio pensare all'oscurità che mi circonda, soprattutto quella in senso figurato.
Sono in ansia come non mai.
Non ho ancora chiesto di Theo, non trovo la forza per farlo, pur essendo il primo e indiscusso dei miei pensieri, delle mie preoccupazioni.
Liam è superficialmente tranquillo, ciò mi fa pensare che non sia morto, o almeno ci spero.

Arriviamo a destinazione, notando subito svariate automobili già parcheggiate.
Sono già tutti qui.
Riconosco la moto di Scott, la macchina blu di Lydia... e il pick-up di Theo.

Sono in piedi immobile, a svariati metri dall'entrata.
<<Vieni?>> mi domanda il beta sorridente.
Mi sono sempre chiesta come questi ragazzi riescano a mantenere il sorriso nonostante tutto, nonostante tutto il male che gli è stato provocato e quello ancora persistente.
Forse sarò io, che sono più fragile di loro, ma non penso resisterei, non con la loro efficenza, con il loro ottimismo.
Ho sempre cercato di essere ottimista durante tutta la mia vita, riscontrando difficoltà in situazioni di una gravità eccessivamente minore a questa, eppure loro lo sono, imperterriti.
Continuano a sperare, a credere che tutto si può risolvere e che il bene trionferà.
È solo grazie a loro che non perdo le speranze, ma la mia insicurezza mi preoccupa, perché ho il brutto presentimento che questo sia solo l'inizio.

<<Io...>>
Non riesco a far uscire le parole di bocca, non riesco a pronunciare una semplice e motivata frase.
Forza Elisa, non è così difficile, ce la puoi fare!
Al tre.
Uno, due, tre!
<<Dov'è Theo?>> domando tutto d'un fiato, stringendo gli occhi in attesa di una risposta.
<<Ah, pensavo non lo avresti più chiesto.>>
Alzo lo sguardo e lo vedo, li, tranquillo e incolume, che tiene aperta la porta principale della casa.
Sento salirmi un groppo in gola mentre si avvicina.
La sua maglietta è bucata propio dove lo sparo lo ha colpito ed è ancora sporca del suo sangue, eppure riesco a intravedere la pelle al di sotto, completamente intatta.
Si ferma a un metro da me con aria insicura.
<<Va tutto bene?>>

Uno slancio, un piccolo slancio in avanti e sono fra le sue braccia.
Non credo avesse programmato un abbraccio.
Mi circonda rigido, come se pensasse che stessi per svenire.
Io lo stringo senza troppi complimenti, con le lacrime che scendono copiosamente dai miei occhi stanchi.
Non mi vergogno di piangere di fronte a qualcuno, non più, non dopo aver creduto fortemente di averlo perso.
Theo è sicuramente la persona a cui mi sono legata di più.
Abbiamo praticamente vissuto assieme, dove andavo io andava anche lui, anche se devo confessare di aver temuto che fosse rimasto lo sbruffone egocentrico di sempre.
Ma ora, sbruffone o meno non importa.
Ciò che importa è che è qui con me, vivo e vegeto e tutto ciò mi fa sentire immensamente appagata.

Finalmente si rilassa, contraccambiando l'abbraccio, la sua testa appoggiata alla mia.
<<Come...>> lascio in sospeso la frase, sperando che la chimera comprenda.
<<Te lo spiego più tardi.>> mi risponde dolcemente.
Non lo posso vedere da questa posizione, ma sono più che certa del fatto che stia sorridendo.
<<Ehi voi due, vi decidete ad entrare si o no?>> ci domanda Corey sul ciglio della porta.
Ci stacchiamo leggermente imbarazzati, incamminandoci verso l'interno dell'abitazione.

Appena dentro, Lydia corre ad abbracciarmi stretta.
Vedo gli altri sorridere affettuosi, Deaton compreso.
Sarebbe un momento estremamente magico, se il mio stomaco non si fosse messo a borbottare.
Lydia ride di gusto, come non la sentivo da qualche giorno.
<<Tranquilla, abbiamo preparato la cena.>>
Quest'ultima parola riesce ad accertare il mio reale livello di fame, ricordandomi che non tocco cibo da ieri sera.
<<Ottimo, perché ormai riesco a stento a reggermi in piedi.>>

Sono sempre stata una persona, come mi piace definirmi, da poltrone sofà.
Ho smesso di praticare sport in quinta elementare, iniziando così la mia carriera da pantofolaia.
Ciò che mi riusciva meglio era sicuramente dormire e mangiare.
Mi sono sempre chiesta poi perché mangiassi così tanto, dato il livello minimo di movimento da me compiuto, ma non ci facevo caso più di tanto.
A volte mi scovavo a lamentarmi della ciccia che fino alla settimana prima non c'era, eppure non facevo gran che per farla sparire.
In questo ultimo mese invece, non ho mai smesso di muovermi e il cibo mi è stato involontariamente ma drasticamente diminuito.
Durante le prime settimane ho fatto un po' di fatica a mantenere il ritmo costantemente agitato delle giornate di questi ragazzi, tant'è che la sera, non appena toccavo il letto, sprofondavo in un sonno abissale, da cui difficilmente venivo riscossa, a parte dai sogni si intende.
Pian piano mi sono abituata, dimagrendo anche, con mia grande sorpresa.
Sarà per questo che ormai mi sollevano tutti con la metà dello sforzo che ci mettevano le persone prima.

Parlando di cibo, ora siamo tutti in salotto, chi sui divani, chi per terra, mentre ognuno divora famelicamente la sua porzione di pasta al sugo.
Ricetta semplice e relativamente rapida, che ha permesso di sfamare tutti in tempo decente.
<<Bene...>> esordisce Corey, interrompendo il silenzio che c'era prima.
<<...ora che si fa?>>
<<Si inventa un piano per salvare Mason.>> dice Scott sorridendo.
È un sorriso stanco, ma meglio di niente.
Da quando... Malia... non lo avevo più minimamente scorto sorridere, quindi questo mi fa rilassare un po'.
<<Io odio i tuoi piani.>> riferisce Stiles all'alpha.
<<Non sono poi così pessimi... ho suggerito io di rapire il ragazzo. A proposito, dov'è?>>
<<Oh cazzo!>>

In Another WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora