Capitolo 2

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Iris si risvegliò, sentendosi frastornata e avvertendo un formicolino agli arti superiori, segno che stava pian piano riacquistando sensibilità. Aprire gli occhi le sembrava così faticoso che dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per compiere quel semplice gesto.

Osservò il luogo in cui si trovava: una cella completamente bianca e vuota, illuminata da una serie di luci fin troppo accecanti per lei in quel momento, tanto che fece fatica a mettere a fuoco il resto ed un vetro blindato spesso almeno quanto una mano. Fece mente locale, tentando di ricordare come era arrivata in un luogo del genere, legata mani e piedi ad una sedia e quando finalmente gli ingranaggi del suo cervello riuscirono a fabbricare una risposta adeguata, un uomo di pelle scura con un lungo cappotto in pelle ed una benda sull'occhio entrò nella stanza visibile dal vetro della cella in cui si trovava lei: probabilmente una telecamera monitorava ogni suo movimento ed avevano notato il suo risveglio.

L'adrenalina invase il corpo di Iris, facendole riacquistare una parte delle sue energie, mentre l'uomo dinanzi a lei prendeva parola. «Salve, Iris. Io sono Nick Fury, capo dello Sheild, lei si trova in una delle nostre basi al momento. Vorrei farle alcune domande.»

La ragazza, sebbene avesse perso gran parte delle sue energie, di sicuro non aveva abbandonato il suo sarcasmo, tanto meno la voglia di dimostrarsi invincibile. «Ed io vorrei tanto ucciderla, quindi, se non le dispiace...» creò un'illusione in cui rompeva le corde che la tenevano incollata alla sedia con il minimo della forza e poi attraversava la porta blindata e sigillata senza alcun problema, come un fantasma. Sebbene lei fosse ancora chiusa in gabbia, era consapevole che incutere terrore a quell'uomo era l'unico modo per scappare, al come ci avrebbe pensato dopo. La sua illusione creò delle sfere di materia oscura e le fece ondeggiare tra le dita. «Sceglierei il mio metodo, sicuramente è più divertente. Ultime parole?» sorrise cordialmente con una punta d'ironia, ma Fury non si mosse nemmeno di un millimetro. «Molto eroico da parte sua, fingersi più forte di ciò che in realtà è in questo momento, ma non sarà questo a incutermi terrore.» la canzonò, lasciandola di stucco. Colpita e affondata. Evidentemente era in contatto con alcuni agenti che, dalla telecamera presente in alto a destra, avevano colto uno ombra e lo avevano avvertito dell'illusione.

La corvina fece sparire la sua illusione, sentendo le forze e l'adrenalina di poco prima abbandonarla, ma cercando disperatamente di non darlo a vedere, anche se ormai le appariva sempre più chiaro che non sarebbe riuscita ad uscire da lì in fretta come aveva sperato. «Che cosa vuole sapere, dunque?» chiese con arroganza ed una punta d'irritazione, facendo una smorfia: era stata beccata in pieno come una novellina.  «Tutte le sue abilità, per cominciare.» espresse la sua volontà il capo dello Shield.

«Mi dispiace deluderla, ma ha già visto più di quanto le è dovuto, molti altri non hanno avuto neanche il tempo di immagazzinare le mie abilità nella memoria a breve termine.»

«Ed il suo cognome?»

«Per lei non ho un cognome.» sibilò lei.

Fury capì che avrebbe detto solo ciò che voleva, e di certo non voleva dire molto, almeno non senza nulla in cambio. Quella ragazza, però, era necessaria. Il rapporto che i suoi agenti gli avevano consegnato spiegava chiaramente che se Bucky non l'avesse distratta, adesso non ci sarebbero più gli Avengers e che una razione di sedativi studiati per far dormire Hulk su di lei avevano avuto effetto a stento per qualche ora ed appena sveglia, aveva già usato i suoi poteri. La sua guarigione era impressionante, come tutto il resto, anche se dal rapporto che aveva ricevuto pareva che non fosse un granché nel combattimento corpo a corpo. Sicuramente non era un qualcuno da farsi sfuggire, tanto meno da avere come nemica.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora