Capitolo 28

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La pista era quella di sempre, non era cambiato nulla da quando Iris era andata via... sembrava passata una vita, ma in realtà era stato solo qualche mese.
Anche le persone erano le stesse e quindi tutti riconobbero Iris, che nel frattempo aveva anche riacquistato qualche centimetro e un aspetto più sano.
Sebbene avesse perso ogni tipo di super potere, le sembrava quasi di poter sentire ogni persona presente lì sussurrare il suo nome e così la notizia del suo presunto ritorno diffondersi a macchia d'olio. Doveva ammettere che non ci aveva pensato, quando aveva proposto a Trevor di gareggiare per lui, ma ormai il danno era fatto.
Iris indossava un jeans nero e un lupetto dello stesso colore, abbinati ad un giacchetta di pelle e degli anfibi. A guardarla così, non era cambiata poi tanto rispetto a quando partecipava a quelle corse, eppure...
«Se non te la senti basta dirmelo, lo sai. Non devi sentirti obbligata.» La riscosse dai sui pensieri Trevor, quasi leggendole nel pensiero.
«Te l'ho già detto, non c'è nessun problema. Davvero.» Questo sembrò bastare a convincerlo.
«Okay, allora... quella è la tua macchina» si girò e le indicò una macchina nera tirata a lucido per l'occasione.
«Tutto in tinta a quanto pare, ma passiamo alle cose serie: corre bene?»
«È un gioiello. Sono sicuro che farete grandi così insieme tu e lei.» Entrambi risero a quella affermazione, poi Iris salì in auto e mise in moto, mentre aspettava gli ultimi preparativi.
Quando poggiò le mani sul volante, un pensiero la assalì: la velocità avrebbe potuto ucciderla.
Strinse le mani più forte sul volante, mente una strana sensazione le stringeva lo stomaco e il cuore le batteva più forte.
Avrebbe potuto fare un incidente, avrebbero potuto spingerla fuori pista, si sarebbe potuta ribaltare in curva. Sarebbe potuta non sopravvivere. Si sentiva immobilizzata, il terrore le fece spalancare gli occhi, non riusciva davvero a mettere a fuoco quello che aveva davanti. Si sentiva in trance. Davanti a sé vedeva solo i terribili scenari in cui poteva incappare.
«Allora, Iris. Sta per iniziare. Conto su di te. Mi raccomando, la regola è sempre quella: quando gli altri rallentano, tu accelera.» La risvegliò da quello stato Trevor, ma non poteva vederla, perché ne scorgeva solo il profilo. Iris annuì stringendo ancora più forte - se possibile - il volante, ma quel terrore era ancora lì.
«Tre...Due...Uno...» 'accelera quando gli altri rallentano' si disse «VIA!»
Non ebbe più il tempo di pensare, si limitò a spingere al massimo sull'acceleratore, ma le sembrò quasi che fosse qualcun altro a muovere i suoi piedi e le sue mani.
Questa corsa aveva un sapore diverso, l'adrenalina era più forte, tutto si muoveva più velocemente di quanto avesse mai fatto prima. Iris tentava di mantenere alta la concentrazione mentre le luci delle altre macchine e della strada le scorrevano intorno.
In poco tempo era arrivata all'ultima curva, davanti a lei solo una macchina. Sapeva che la curva era molto stretta, che avrebbe dovuto rallentare, che era pericoloso, e infatti così fece la macchina davanti a lei.
Ma un brivido lungo la schiena le suggerì di non mollare. Conosceva quella curva come le sue tasche, sapeva esattamente fin dove poteva spingersi, non era mai successo nulla e non sarebbe successo nemmeno questa volta.
Accelerò.
Lo scatto le permise di superare il suo avversario e anche se di pochissimo, riuscì a tagliare il traguardo prima di lui.
Quando finalmente la macchina si fermò, lei appoggiò la testa sulle mani, ancora strette al volante, tirando un sospiro di sollievo. Non sarebbe morta, non oggi.
Uscì dalla macchina e chiuse la portiera sorridendo. Trevor era già lì, pronto ad iniziare una lista di complimenti. Era incredibile quando fosse entusiasta quel ragazzo. «Iris! wow! È stato... grandioso. Siete un bel-» il suo sguardo fu catturato da qualcosa alla destra di Iris. Una mano le si posò sul fianco sinistro, ma c'era un particolare: non emanava nessun calore.
«Ciao, Iris. È un po' che non ci si vede.» Sebbene non si fosse voltata, avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Bucky. Non ebbe la forza di voltarsi, sentiva il suo fiato sul collo, unico punto di contatto con lui insieme al fianco. Le provocò un brivido di piacere lungo tutta la schiena, le sensazioni che le dava erano sempre le stesse, ma più intense. Il suo cuore ricominciò a battere all'impazzata. Sapeva che lui poteva sentirlo.
Vide Trevor prendere il cellulare, forse per chiamare i rinforzi.
«Non farlo.» lo bloccò, restando comunque immobile «Non servirebbero in ogni caso. Non voglio che tu ti faccia male. Rimettilo in tasca.» Trevor rimise il telefono in tasca, continuando a fissare Bucky.
«Dobbiamo parlare.» continuò il moro, senza spostarsi, così il suo respiro solleticò ancora l'orecchio di Iris. Nessuno sembrava aver notato quello che stava succedendo, tutti erano concentrati a incassare i soldi delle scommesse. «Ma non qui. Adesso verrai con me, senza fare scenate.» le spiegò.
Iris era come bloccata... quelle parole, quel tono... non sembrava Bucky. Non avrebbe mai pensato che lui le avresse parlato in questo modo, come se fosse... Non seppe spiegare come. Ma non le piaceva.
«Va bene.» si limitò a dire, sentendo la gola secca. Lui la spinse senza fare forza con il braccio, che intanto era ancora poggiato sul suo fianco, verso una macchina poco lontana da lì. Non lasciava la presa dal suo corpo, quasi avesse paura che potesse scappare, ma adesso che lui era lì, dietro di lei, Iris non sarebbe riuscita ad andare da nessuna parte. Prima di salire in auto si concesse di far aderire il suo corpo al petto del super soldato. Solo in quel momento si rese conto di quanto avesse disperatamente bisogno di quel contatto, di lui. Si staccò quasi a fatica, mentre sentiva che lui lasciava andare il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento.
«Dove stiamo andando?» gli chiese, una volta in macchina.
Non aveva ancora avuto l'opportunità di guardarlo meglio occhi, o forse non l'aveva sfruttata. Adesso stava osservando il suo profilo: la mascella contratta, i capelli leggermente accorciati, la fronte corrugata nascosta da una visiera, un leggero accenno di barba. Bucky aveva completamente coperto il braccio di vibranio, indossando una giacca di pelle e un guanto. Anche in quella situazione non poteva che pensare che era bellissimo.
«Un posto sicuro. E meno affollato.» dalla sua voce era chiaro che fosse arrabbiato con lei.
«Come hai fatto a trovarmi lì?»
«Davvero questa è la tua prima domanda?» le rispose pungente. Si, era decisamente arrabbiato con lei.
Ma poi sospirò «Sapevo che prima o poi saresti finita su quella pista, ho solo lasciato che il tempo facesse il suo corso.»
Iris non disse nient'altro, e nemmeno Bucky.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora