Capitolo 1.

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Ad un passo da te.

"Lui le insegnò a combattere, lei gli insegnò ad amare."

A te, semplicemente te.

Capitolo 1.

Sono sdraiata. Ho il corpo indolenzito. Non sento nulla; sono immobile. Non so che cosa sia successo. Non ricordo niente. All'improvviso, mi sono risvegliata qui, sull'asfalto di una via che nemmeno riconosco. Vorrei parlare, chiamare aiuto, alzarmi e fuggire via. Ma non posso. Sono intrappolata in un corpo che non mi appartiene. Deglutisco e cerco di appoggiare la guancia sulla superficie fresca dell'asfalto, agognando un po' di sollievo. Il dolore si propaga lento ed inesorabile, invadendo ogni mia particella. Digrigno i denti, cercando di respingerlo con tutte le mie forze. Non mi resta un granché da fare; sono esausta. Ho sonno e vorrei dormire. Non so se sia la cosa giusta da fare. Una parte di me – quella razionale – mi sprona a rimanere sveglia; sa, che se dovessi addormentarmi, probabilmente, sarebbe per sempre. Per un attimo, faccio mente locale. Non mi restano molte alternative. Mi trovo davanti ad un bivio: continuare a lottare o gettare la spugna. Nel frattempo, la stanchezza, subdola e veloce, non mi lascia altra via d'uscita. Forse, sopravvivrò. Con quest'ultimo pensiero, chiudo lentamente gli occhi, abbracciando l'oscurità.





"Signorina? Signorina mi sente?"

Mugolo in risposta; non riesco a muovermi. Fino a prova contraria, sono ancora viva. Non so come sia potuto succedere. Seppur non completamente, sono cosciente. Mi fa male la testa. A dir la verità, mi fa male tutto.

"Qualcuno chiami un'ambulanza!"

Già, l'ambulanza. Perché non c'ho pensato prima? Loro, sicuramente, sapranno come comportarsi. Infondo, è il loro lavoro. Troveranno una soluzione. Ne sono più che sicura.

A quelle parole, esalo un sospiro di sollievo. Da un momento all'altro, tutto questo sarà finito ed io potrò tornare alla vita di tutti i giorni.

"Maledizione, apra gli occhi!"

Non mi ero nemmeno accorta di averli ancora chiusi.

Cerco di fare come mi è stato chiesto. Provo una, due, tre volte, ma non c'è nulla da fare. Non riesco ad aprirli. E' come se le mie palpebre fossero state incollate le une alle altre.

Provo a protestare, ma non ci riesco. Le mie labbra sono sigillate.

Eppure, sono qui. Sono viva. Qualcuno mi aiuti. Mi viene da piangere. Sento le lacrime salire in superficie, per poi fermarsi sugli angoli degli occhi. Non mi è concesso nemmeno fare quello.

"Saranno qui a momenti," si intromette una seconda voce. Perché è tutto così confuso? Non so manco da che parte girarmi.

"E' viva?"

Una mano mi scorre lungo il collo, soffermandosi poco sotto la mascella.

"Il battito è debole," constata un uomo, "Ma respira."

E' assurdo; sono nelle mani di due sconosciuti.

All'improvviso, sento in lontananza un rumore di sirene. L'ambulanza deve essere nei paraggi. Finalmente. Rischiavo di impazzire. E' la mia unica possibilità. A dirla tutta, non so nemmeno per quanto tempo io sia rimasta in questa posizione, ma non ha alcuna importanza. E' stato frustrante. Quasi degradante. Potessi, in questo momento, farei i salti di gioia.

Ad un passo da te. (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now