Libertà

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L'uomo si allontanò lasciandomi la vista di un muro grigio e spoglio come unico paesaggio aldilà delle grosse inferriate.

Mi sentivo in trappola, come persa fra le pareti fredde e umide di un labirinto apparentemente infinito.

Dopo una decina di minuti chiusa in quel buco, avvolsi le dita attorno alle sbarre in metallo scuotendole per protesta.

"Mettiti l'anima in pace ragazza, se sei qui vuol dire che non te ne andrai troppo in fretta." sussurrò una voce da un angolo buio della cella. Mi voltai all'udire quelle flebili parole notando una figura umana nascosta nell'ombra. Due occhi neri come la pece mi scrutavano da dietro la coltre scura accompagnati da una pelle rugosa, olivastra, e una capigliatura spettinata che incorniciava il viso vissuto.

La donna uscì dalle tenebre alzandosi in piedi, sotto la luce del mattino sembrava ancora più vecchia. I vestiti che indossava erano logori e scoloriti come la vita che traspariva dai suoi occhi, il portamento cadente e l'aspetto trascurato mi portarono a pensare che fosse molto povera.

Lei sorrise, esibendo una sfilza di denti poco curati.

"Lo chiamano 'stato di fermo", ti rinchiudono qui per 24 ore dopodiché se sei fortunata esci, altrimenti devi scordarti la libertà per il resto della vita. Chi viene chiuso qui ha commesso qualcosa di grave, ed è difficile che rilascino." Continuò con voce roca osservandomi con sguardo folle e pietoso.

"Io sono qui per un errore, sono sicura che mi lasceranno libera."

"Nessuno finisce qui per errore." Rispose fermamente lei in tono acido, avanzando verso di me con lentezza. "Sei qui perché hanno motivo di accusarti, e ciò che hanno contro di te è più convincente delle tue parole. Non credere di essere salva solo perché ti ritieni innocente, se vogliono sbatterti dentro trovano il modo. A meno che tu non sia un pezzo grosso, in tal caso qualcuno sarebbe già intervenuto per pararti il culo. Quindi dimmi cara, per quale motivo sei qui?" Chiese la donna sfiorandomi il mento con un dito. La sua espressione curiosa e divertita fu accentuata da uno strano scintillio negli occhi.

"Io..." provai a rispondere, prima però di essere interrotta.

"Furto? Molestie?... Cosa potrebbe aver mai fatto questo bel faccino..." sussurrò tra sé avvicinando pericolosamente il suo viso al mio "Aggressione?" Indietreggiai, incapace di decifrare le sue intenzioni.

"Oh, omicidio..." disse poi con un filo di voce "Sì, te lo leggo nello sguardo..."

D'un tratto poi si allontanò scuotendo il capo, come se si fosse ripresa da un brutto sogno.

"Io sono una sospettata per l'omicidio di Adrian Caster" Affermò poi di punto in bianco con mio grande stupore.

"Lei non può essere colpevole. " replicai provando a sembrare il più autoritaria possibile.

"Ti stai per sposare... " rispose la donna senza sviando il discorso "Ricordo il mio di matrimonio..." il suo sguardo si spostò sul pavimento, evidentemente impegnato nel visualizzare un ricordo doloroso.

"Esattamente vent'anni fa, ero sposata con Adrian Caster, per questo sono una sospettata. Fu un matrimonio di convenienza orchestrato dalle nostre famiglie, la mia era schifosamente ricca, mentre lui era un borghesotto in banca rotta ma con conoscenze politiche importanti.

Non avendo fratelli, l'azienda di famiglia cadde nelle sue mani alla morte di mio padre e con lui il nome della Black Records fu trascinato nel fango.

Dio solo sa quante me ne ha fatte passare... L'ho denunciato per violenze domestiche, ma non riuscii ad avere prove contro di lui, così le accuse caddero.

Repulisti - La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora