Prologo

512 63 59
                                    


Avete mai provato il desiderio di cambiare il passato? Di pensare che se le cose fossero andate diversamente stareste vivendo un presente completamente diverso, e magari anche migliore?

I nostri trascorsi ci rendono ciò che siamo oggi: influenzano i pensieri, le abitudini, i gusti. Ma cosa succederebbe apportando qualche modifica? Se invece di prendere l'ascensore decidessi di salire le scale, indossassi dei vestiti diversi dal solito, o attraversassi la strada senza guardare. Piccole cose che potrebbero mutare il tuo futuro e te stesso in pochi secondi.

Dicono che persino il semplice battito di una farfalla possa provocare un uragano dall'altra parte del mondo, e a pensarci bene non è un concetto troppo lontano dalla realtà: ogni azione e ogni avvenimento hanno conseguenze. È una reazione a catena che una volta innescata non si ferma più, un domino inarrestabile che chiamiamo Destino.

Prendiamo per esempio un assassino seriale: perché fa ciò che fa? Non è di certo nato così. È successo qualcosa di importante nel suo passato, una parte di lui si è rotta e non è stato in grado di ripararla. Se si potesse cancellare quel minimo particolare, magari sarebbe un uomo comune. Ma le persone reagiscono ai cambiamenti a modo loro, lasciando che li condizionino.

Adeline Worren aveva imparato a ripararsi da sola, a raccogliere i cocci rotti della sua anima e ricomporli con delicatezza. Non le importava quante volte dovesse farlo, ma sperava che non arrivasse mai al punto di non riuscirci più.

Per questo non appena ne ebbe l'occasione, si calò dalla finestra della sua cameretta in una notte priva di stelle, giurando sulla sua anima che finché avrebbe avuto memoria non sarebbe tornata in quel posto. Ma il Destino decise di prendersi gioco di lei.

Il suo gesto disperato provocò l'uragano che l'investì anni dopo. Si frantumò per l'ennesima volta, l'ultima.

La pazzia la prese fra le sue grazie per qualche tempo, portandola quasi alla morte, finché tutto non si azzerò: come fosse stata vittima di un incantesimo.

Forse l'Universo le diede una seconda possibilità, o forse il suo corpo raggiunse tale punto di esasperazione, che persino la morte pareva inefficace.

Fu così che, in una miserabile notte d'estate, cominciò pezzo per pezzo a smarrire ciò che era, ciò che la rendeva Adeline Worren.

Parecchie persone la circondarono, blaterando di conoscerla, fingendo di aiutarla, bramando i suoi averi; poche furono quelle a dimostrarle il loro affetto. Ma purtroppo non bastarono.

Il dolore sarebbe tornato a galla, inevitabilmente, e lei non avrebbe sopportato di rivivere di nuovo ciò che l'aveva distrutta.

Si accorse solo allora, sul ciglio della finestra, osservando le persone affollare il marciapiede come consueto, ignare dell'imminente tragedia che stava per consumarsi, che la sua vita era destinata a terminare così; forse anche prima di allora, forse era terminata quando aveva perso la memoria.

Si chiese se fosse giusto, mollare tutto così, in un attimo perdersi per non ritrovarsi più, porre fine a sé stessa una volta per tutte.

Strinse l'infisso della finestra, e le nocche delle mani divennero bianche; una folata di vento le scompigliò i capelli biondi con amara tristezza.

Ripensò ad Henry, il suo fidanzato, a quanto lo amasse e lo avesse amato, a quanto avesse fatto per lei in quegli ultimi anni, ripensò a ciò che avrebbe dovuto affrontare il giorno seguente, chiedendosi come potesse sposare un uomo, promettere di amarlo per la vita, quando nemmeno riusciva ad amare sé stessa.

In tutto quel tempo aveva cercato di andare avanti, voltare pagina, guardare oltre; ma mai avrebbe pensato di desiderare con tutta sé stessa di tornare indietro nel tempo, mai avrebbe immaginato di ricordare con malinconia i tempi in cui non ricordava chi fosse. E in quel momento non voleva altro che azzerare tutto nuovamente. Voleva liberarsi dalle catene che la tenevano ancorata al passato.

Ma sapeva che non si sarebbe risvegliata il giorno dopo accanto ad Henry, con il suo braccio attorno alla vita, il suo respiro fra i capelli e la sua voce che gli sussurrava un flebile "buongiorno" assonnato.

Sapeva che non avrebbe più rivisto le persone che amava, non le avrebbe più abbracciate, non si sarebbe più confidata con loro; e immaginava ciò che avrebbe provocato loro compiere quel gesto: stava per abbandonare le persone più importanti della sua vita e quasi si convinse a rinunciare a quella pazzia.

Purtroppo però, pareva l'unica soluzione per porre fine a tutto il male che si portava dietro da anni.
E nel suo grembo sentiva crescere la vita secondo dopo secondo, anche se da poche settimane, provando gioia ma anche rammarico per la consapevolezza di quello che stava per fare: non avrebbe ammazzato solo sé stessa.

Forse però, sarebbe stato meglio: avrebbe risparmiato brutti traumi al figlio. Come poteva essere in grado di amare la propria prole se non si era mai sentita amata da nessun genitore?

Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse di Henry: la fissava terrorizzato con le mani fra i capelli, in silenzio.

Sapeva che se avesse anche solo fiatato si sarebbe buttata, la conosceva, doveva avvicinarsi con cautela senza che se ne accorgesse.

Non rimase sorpreso da ciò, se lo aspettava, erano settimane che si comportava in modo strano e ne comprendeva il motivo: era vicino il periodo in cui, anni prima, le loro vite erano state fatte a pezzi.

Adeline tremava dal freddo osservando dall'alto del palazzo la luna piena di quel sabato sera primaverile.

Avrebbe tanto voluto una vita normale, una famiglia, ma non credeva di essere tagliata per tutto ciò.

Molte cose erano rimaste enormi punti interrogativi per lei anche dopo quello che era successo, ma non intendeva capirli, preferiva trarre le sue dolorose conclusioni per paura che la verità la urtasse ancor di più.

Si sentì oscillare sul bordo in ardesia nera, ma non cadde. Decise che ancora non era il momento, prima di spegnersi del tutto voleva ripensare ad ogni cosa; voleva trovare un solo motivo che la spingesse a tornare in casa e rimettersi al fianco dell'uomo che amava.

Henry sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi ma le ricacciò indietro bruscamente, doveva salvarla, sapeva che lei non voleva farlo, sapeva che avrebbe potuto aiutarla, gli serviva solo più tempo, sarebbe riuscito a renderla talmente felice da dimenticare il passato.

Era a pochi centimetri da lei, poteva quasi sfiorarla se si fosse sporto un poco. Ed era convinto che se ne sarebbe pentita troppo tardi: perchè lei era fatta così, dannatamente cocciuta fino in fondo; non voleva che morisse con il rimpianto di non essere tornata indietro prima.

Ma la paura si stava lentamente facendo strada dentro di lui, inondandolo subdolamente di dubbi e timori.

Adeline sapeva che non voleva farlo, ma c'era qualcosa dentro di lei che le diceva fosse giusto così.

Forse desiderava semplicemente essere salvata, oppure aveva soltanto bisogno di trovare un senso alla sua vita.

Fatto sta che rimase inerme sul ciglio di quella maledetta finestra, il suo corpo si fece pesante e molle, come privo di muscolatura.

Si sporse in avanti, rimase un attimo sospesa reggendosi all'infisso con le mani, per poi far scivolare le dita sul metallo freddo e abbandonarsi alla gravità.

Proprio in quell'attimo ebbe un ripensamento, sentendo un grosso dispiacere riempirle la bocca di un sapore amaro.

Ma non poté fare nulla se non lasciare che il fato si compisse.

*spazio autrice*
Benvenuto/a, io sono Sidney Hale, come già sapete dal mio profilo se mi seguite, non so e non posso sapere se siete capitati qui volontariamente oppure per puro caso cliccando per sbaglio una storia di fianco a quella che vi interessava, ad ogni modo sono qui per accogliervi a braccia aperte.
Se avete intenzione di seguirmi e leggere la travagliata storia di Adeline accomodatevi pure, presto avrete un gran sacchetto di popcorn e un caldo abbraccio (fidatevi, vi servirà)
Baci, Sidney Hale

Repulisti - La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora