Legami.

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16 gennaio 2016

"Direi che hai molte cose da spiegarmi" affermai fissandolo dritto negli occhi "A partire dal perché mi hai trascinato qui, e cosa ci faccia un buco dietro al mio specchio"

"Sai, è un disagio anche per me che tu abbia perso la memoria. Mi tratti come un dizionario, come se io avessi tutte le risposte. Servo solo a questo per te?" Domandò seccato.

"Va bene, allora... Potresti gentilmente spiegarmi che ci facciamo qui in mezzo a ratti e ragnatele?"

"Ci nascondiamo" affermò appoggiando l'orecchio alla parete.

"Da che?" Gli chiesi curiosa di sapere quale "mostruosità" ci avrebbe assalito.

"Da Adrian."

"Cosa?" Domandai sorridendo, non potevo credere che reputasse Adrian una minaccia.

"Niente..."

"Dimmelo!" Gli ordinai alzando la voce.

"No!" Esclamò voltandosi. Il silenzio si frappose tra noi per brevi attimi, nei quali cercai delle risposte in quello sguardo severo.

"Jason dimmelo." Fece un respiro profondo, ma non si pronunciò.

"Ok, va bene, come ti pare, forse Adrian riuscirà a darmi qualche spiegazione visto che nessuno qui vuole aiutarmi." Affermai. Ne avevo abbastanza di mezze verità e segreti, io volevo sapere. Me lo dovevano. Odiavo sentirmi estranea alla mia vita, ma odiavo ancora di più sentirmi esclusa da essa, come se fossi stata una persona nuova, diversa, quando invece mi ero solo smarrita.

"Non lo farai Adeline" la sua voce parve non sua, dopo quel breve periodo che aveva passato in silenzio non riconobbi quel suono. Era autoritario, freddo e deciso.

"Perché non dovrei?"

"Perché adesso ti riporto al tuo appartamento, sei stata fin troppo in questa casa"

"Scordatelo" non avrei lasciato che decidesse per me, non quella volta. Sarei uscita di lì e andata a parlare con Adrian.

Jason mi fissò per qualche secondo, il suo sguardo era serio e cupo, come la voce. Non era lui, pensai, ma diedi la colpa all'assenza di luce convincendomi che fossero tutte mie impressioni. Poi decise di rimuovere lo specchio e uscire aiutandomi a rientrare nella camera. Stupita, non proferii parola.

Gli diedi le spalle mentre richiudeva l'apertura, osservando i dettagli dell'arredamento: le tende rosacee, le pareti color crema disseminate di stencil e scaffali colmi di libri, il letto a due piazze coperto da una graziosa trapunta color pesca e i pomposi cuscini banchi che ospitavano decine di peluche diversi. Sembrava quasi che in quella stanza il tempo si fosse fermato a quando ero una ragazzina, conservando ogni singolo particolare così com'era. Non mi sembrava possibile che durante la crescita non avessi rivoluzionato tutto l'arredamento.

Ma non ebbi modo di riflettere ulteriormente perché una mano gelida mi si posò sul retro del collo e con le dita fece pressione in un punto preciso. Ben presto la vista mi si offuscò e con essa anche gli altri sensi, finché caddi nell'oblio senza nemmeno rendermene conto.

Mi risvegliai nel mio letto, quando il sole aveva ormai abbandonato il cielo, lasciando il posto all'argentata signora della notte.

Non mi accorsi subito della sua presenza, ci misi qualche secondo a realizzare che quel leggero russare che udivo proveniva da Jason, seduto sul pavimento a gambe incrociate, con la testa e la schiena appoggiate alla porta della camera da letto, e il petto che si alzava e abbassava in un regolare e perfetto sincronismo con il suo modo poco fine di respirare.

Repulisti - La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora