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I due ragazzi cominciano a mostrarmi la mia nuova casa: la cabina numero sette è un piccolo stabile rivestito completamente di lamina d'oro. Questo permette all'abitazione di risplendere di luce propria ogni volta che si illumina al sole; almeno questa è stata la spiegazione di Will.
Il ragazzo poi, seguito silenziosamente e in modo parecchio inquietante da Nico, mi fa vedere la mia camera: rispetto a quella di Ermes, devo dire che Apollo ha decisamente più gusto nell'arredamento.
Il letto è ricoperto da una morbida coperta gialla, il muro è rivestito dalla stessa patina d'oro che c'è all'esterno, due specchi campeggiano davanti all'armadio a forma di arpa e il cuscino assomiglia ad un sole.
Devo dire che se gli dei dovessero organizzare una festa a tema non li batterebbe nessuno.
«So a cosa stai pensando, è un po' eccentrico. Ma Apollo è fatto così, ti abituerai a tutto questo giallo.»
«No, no. Va benissimo così, grazie Will.»
«Hai qualche domanda da farmi?» Chiede lui.
«No, non ce le ha. Andiamo a mangiare?» Interviene Nico, avvicinandosi al suo ragazzo come se volesse proteggerlo da qualcuno di minaccioso.
«E invece le ho. -Ribatto. -Perché non ho ancora questi famigerati poteri che vi contraddistinguono dai mortali ora che sono stata riconosciuta?»
«Non lo so. Di solito con il riconoscimento i poteri vengono più o meno automatici. Però con Apollo le cose sono leggermente diverse. Ti spiego: se un figlio di Poseidone, ad esempio, ha a che fare con l'acqua, per Apollo non funziona così. Nostro padre è il dio di un sacco di cose: del sole, della medicina, della musica, dell'arco, delle profezie... Ogni figlio di Apollo è potente solo in una di queste discipline. Per cui trovare la tua, magari è un po' più difficile. Ma non temere, anche tu troverai il tuo potere.»
Le parole di Will mi confortano leggermente, ma il fatto che Apollo sia mio padre sarà molto difficile da digerire. Non capisco perché mia madre non me lo abbia detto prima, e cosa più importante, non mi ha detto come ha fatto a farsi Apollo! E cosa c'entra Atena in tutto questo? È mia zia, cugina di secondo grado? Magari era la mia vecchia baby-sitter e io non lo sapevo.
Tutte queste domande mi continuano a frullare per la testa e mi sembra che da un momento all'altro stia per scoppiare, ma me le tengo per me.
Will e Nico se ne vanno, solo dopo che il ragazzo in nero mi ha guardata in modo astioso fino a scomparire dietro il corridoio.
Chiudo la porta della mia camera e mi butto sul letto, prendendomi la testa tra le mani. Tutto questo per me continua ad essere assurdo, e più passa il tempo più mi sembra di impazzire.

Quando finalmente esco dalla mia nuova casa, vedo che tutti quanti stanno correndo da tutte parti come se fosse scoppiata una bomba, e si stanno mettendo delle armature di due colori diversi: mezzi semidei indossano una di colore blu, e l'altra metà invece di colore rossa.
Che cosa sta succedendo?
Vedo Percy correre verso l'armeria urlando qualcosa come: "Io ho quella blu, quella blu!" ma vengo distratta da Reyna che mi si avvicina e mi porge un'armatura rossa, proprio come quella che sta indossando lei.
«Ehi, sono riuscita a recuperarne una anche per te. Ci sarà da divertirsi!»
«Anche se mi stai parlando in italiano, non vuol dire che io capisca davvero cosa tu stia dicendo.»
Reyna sogghigna, spostandosi le trecce dietro alla schiena. «Qui al Campo Mezzosangue uno dei giochi più divertenti è Caccia alla Bandiera. Ci si divide in due squadre, e l'obiettivo è quello di rubare la bandiera della squadra avversaria, senza che tu ti faccia uccidere, è chiaro.»
Spalanco gli occhi. «Uccidere? Sei sicura che sia solo un gioco? Perché a me pare tanto una delle pene dell'inferno.»
«Ci sono stato all'inferno, e no, Caccia alla Bandiera in confronto è come mangiare una torta al cioccolato stando seduti su una nuvola di zucchero filato.»
Nico compare improvvisamente dietro di me, il che mi fa prendere un mezzo infarto. Lui sembra essere impassibile.
Il ragazzo se ne va, e mi lascia amareggiata. «Che ha quel tipo? È depresso?»
«Oh, lascialo stare. È fatto così, non ti odia. Ci farai l'abitudine.»
Perché tutti mi dicono che prima o poi mi farò l'abitudine? Comincio ad essere stanca di questa risposta.
Dopo aver indossato l'armatura riluttantemente, io e Reyna ci avviciniamo al punto di raccolta, e scopro di essere in squadra con Leo ed Annabeth. Nella squadra avversaria invece ci sono Percy e Jason, che sembrano essere emozionati come dei bambini di cinque anni la mattina di Natale.
Insieme a Jason vedo che c'è anche una ragazza con i capelli color caramello, particolarmente attaccata a quest'ultimo. Reyna mi informa che si tratta di Piper, e in questo gioco la ragazza è capace di convincerti soltanto con la sua voce a portarle direttamente la bandiera, per cui è meglio starle alla larga.
«Piangerai per non avermi scelto nella tua squadra.» Grida Annabeth verso Percy, che in risposta le manda un piccolo bacio, seguito da un sorrisetto.
La bionda poi si gira verso la nostra direzione, con un particolare scintillio negli occhi. «Oh non c'è dubbio, dobbiamo distruggerli.»
«Dolce e premurosa, la ragazza che tutti vorrebbero.» Sussurra Leo, facendomi ridere.
Nei seguenti venti minuti cerco di convincere Reyna per non farmi giocare a questo stupido gioco e di fare l'arbitro, ma a quanto pare a "Caccia alla Bandiera" non ci sono arbitri, giudici e neanche semidei neutrali come la Svizzera (ho chiesto, come legittima domanda). Così mi ritrovo ad essere costretta ad indossare un'armatura che peserà dieci chili e un elmetto con una stupidissima cresta rossa; mi sento un'idiota.
Mi assicuro di posizionarmi dietro alle spalle muscolose di Reyna e il culetto di Leo Valdez, nel caso mi dovessero colpire.
La mia tecnica è semplice: nascondermi ed evitare il conflitto. Haymitch ha vinto così gli Hunger Games, e non era mica stupido.
Io, Reyna e Leo siamo in posizione dietro ad una decina di semidei della nostra stessa squadra, una parte insieme ad Annabeth sono andati a nascondere la bandiera, e ad essere sincera un po' li invidio.
Un improvviso fischio che non capisco da dove provenga fa partire il putiferio. Per un momento mi ritengo offesa perché mi avevano detto che non ci sarebbero stati arbitri.
Poi però la questione passa improvvisamente in secondo piano, perché davanti a noi stanno per arrivare tre armadi con un paio di spade strette nelle mani.
«Figli di Ares!» Grida Leo, come se urlando questa cosa mi avesse detto come eliminarli.
Cerco di ripescare dalla mia mente tutte le nozioni che ho imparato a scuola sulla mitologia greca; se non erro Ares era il dio della guerra. Noi siamo in guerra. Siamo fottuti.
Leo accende subito le sue mani e comincia a sferrare palle di fuoco, ma i tre ragazzi le schivano come se fossero batuffoli di cotone. Così Reyna parte all'attacco, alzando la spada in aria e correndo verso di loro, spaventandoli con delle urla.
È impressionante vedere tanta tenacia in una situazione del genere.
Io ovviamente, me ne sto ferma in mezzo al campo di battaglia. Un albero sarebbe più produttivo di me.
Mi guardo attorno, e noto che Leo sta avendo difficoltà con un tipo che a quanto pare ha sbagliato taglia di armatura. Il ragazzo avrà una ventina di anni, ma sembra che siano molti di più gli anni che combatte. Il suo braccio scivola velocemente in perfetta sincronia con la spada, e io rimango quasi imbambolata dalla sua bravura. Dopo che il figlio di Efesto cade a terra a peso morto, mi decido a correre in suo soccorso, prendendo un pugnale dalla cintura che porto ai fianchi: con un fendente ferisco il braccio del ragazzo, ma sembra che non lo abbia nemmeno sfiorato. Effettivamente, non so cosa mia sia passato per la testa.
Lui con uno spintone mi butta per terra, e io comincio ad incazzarmi.
Nessuno può permettersi di buttarmi per terra come se fossi un sacco di patate.
«Ehi Peter, vedo che ti sei allenato!» Esclama Leo, rialzandosi da terra.
Lui però non risponde, si limita a digrignare i denti e ad avanzare contro il mio amico.
Capisco immediatamente che il mio compagno di squadra è in difficoltà, e così mi alzo da terra, presa da un'improvvisa vampata di rabbia.
Le mie mani cominciano a tremare, e senza accorgermene le punto verso Peter. Questo viene scaraventato in aria dopo che un fascio di luce lo colpisce in pieno petto, per poi andare a sbattere per terra qualche metro più in là.
Il rumore che fa il suo corpo contro il terreno non mi piace, e per un momento sono tentata ad andare a vedere se sta bene. Il pensiero che possa essere morto mi colpisce come uno schiaffo, ma poi Peter comincia a tossicchiare, aggrappandosi all'erba, e io mi tranquillizzo.
«Wow! Come hai fatto! È stato fenomenale!» Leo corre verso di me, e mi dà una leggera pacca sulla spalla, guardandomi con uno sguardo fiero.
Non ho tempo di rispondere, perché Reyna viene verso di noi, ansimante. «Sei stata tu ad evocare quel fascio di luce? Non ho mai visto una cosa del genere prima d'ora.»
«Si...penso di sì.»
«Sei capace di rifarlo? Abbiamo una bandiera da prendere.» E senza aspettare una mia risposta, la ragazza si mette a correre in mezzo al bosco.
Io e Leo cominciamo a seguirla, ma mentre il figlio di Efesto corre spedito insieme alla ragazza, io comincio a sentire la stanchezza. Non passano neanche due minuti che tra accovacciarsi in mezzo ai cespugli, scatti di corse e salto agli ostacoli con dei massi, mi fermo per riprendere fiato, facendomi perdere di vista i miei due compagni di squadra.
In un primo momento non mi preoccupo particolarmente, poi quando sento delle voci che non riconosco e dei rumori di armature mi prende il panico.
Sono completamente sola in mezzo ad un bosco, in balia della squadra blu che potrebbe mangiarmi viva da un momento all'altro.
Lo sapevo che dovevo seguire con più dedizione le lezioni di ginnastica a scuola.
Non appena sento delle voci urlare ordini in greco antico, corro esattamente dalla parte opposta, avvicinandomi dopo un po' ad un fiumiciattolo, vicino a qualche roccia.
Prima di poter avvicinarmi all'acqua sento degli archi incoccare delle frecce, ma subito una voce familiare grida di fermarsi.
Annabeth esce dal suo nascondiglio, con in mano la bandiera rossa. Subito dopo di lei un paio di ragazzi e ragazze della nostra squadra escono allo scoperto, mollando la presa sulle proprie armi.
«Che ci fai qui?»
«Mi sono persa.»
«Ti sei cosa?»
«Oh andiamo, una cartina geografica potevate darmela. Dove sono finita?»
Annabeth sta per rispondere, quando un paio di semidei blu saltano fuori dai loro nascondigli. «Glielo spiego io alla novellina dove siamo. Siamo nel posto in cui voi perderete. Nel posto in cui noi conquisteremo la vittoria e trionferemo sul Campo.»
Il ragazzo che sta parlando ha proprio una faccia da schiaffi: volto squadrato, mascella spigolosa, un paio di occhi marroni che mi guardano truce, una bocca finissima e una profonda cicatrice che gli ricopre la guancia sinistra. Il corpo è tonico e i muscoli si possono intravedere dall'armatura.
Ci metto un po' a capire che sono gli stessi tre armadi che ci hanno attaccato poco fa.
«Ehi bello, non pensi di essere troppo melodrammatico? Andiamo, stiamo parlando di una bandiera.»
Il ragazzo scoppia a ridere, e insieme a lui anche i suoi compagni.
«Thomas, anche se sei figlio di Ares non ci fai paura. Prima dovrai passare sul nostro corpo per prendere questa bandiera.»
Perché Annabeth sta parlando al plurale? Ah...intende anche me. Che bello.
Nel mentre i ragazzi della mia squadra riprendono in mano l'arco, e lo tendono verso questo sbruffone.
«Lo vedremo, figlia di Atena. È risaputo che in battaglia l'unica vera tecnica è quella dell'attacco. Le tue strategie da sapientino non funzionano.»
«Ah sì? E che mi dici del cavallo di Troia? Di tutte le tecniche romane sulla difesa? Dell'invenzione delle trincee? E dello sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale? Mi sembra di ricordare che dietro a tutto questo ci fosse mia madre.» Fa notare con troppa gentilezza Annabeth.
«Aspettate un attimo, vuoi dire che nella seconda guerra mondiale c'era di mezzo Atena?»
«Non solo lei. C'erano in ballo tutti gli dei. Mia madre, ovviamente, ha fatto vincere gli Alleati.»
«Ora basta!» Thomas non spreca un secondo di più, e parte all'attacco come un toro in mezzo ad una arena piena di lenzuoli rossi.
Sarei anche abbastanza tranquilla se Thomas si volesse scontrare contro Annabeth, ma il ragazzo ha dei piani del tutto diversi: invece di dirigersi verso la mia compagna, si dirige verso di me, alzando la sua spada d'argento in aria.
Comincio a sfregare le mani, sperando che un altro fascio di luce possa salvarmi la pelle anche questa volta, ma non esce niente. I suoi passi si fanno sempre più veloci e per un attimo accetto l'idea di essere uccisa da un semidio con problemi di rabbia e un elmetto con una cresta blu.
Ma qualcuno impedisce a Thomas di raggiungermi, e quella è Annabeth, che si scaglia a peso morto contro il ragazzo, scaraventando il suo corpo dentro il fiume. I ragazzi della squadra avversaria partono all'attacco, colpendo immediatamente con la spada la caviglia e il braccio di Annabeth, facendola cadere a terra insieme alla bandiera.
La ragazza geme sul terreno, prendendosi la caviglia sanguinante tra le mani. Il volto è completamento rosso, forse per il dolore o forse per la rabbia.
«Ma voi siete fuori di testa!» Grido, sconvolta.
Thomas si rialza, completamente fradicio. «Siamo in guerra, novellina. Tutto è lecito.»
Ed ecco che ritorna quel prurito alla mano. Guardo Annabeth a terra con del sangue che le esce dalla caviglia e le sporca tutta l'armatura, e l'unica cosa che vorrei fare in questo momento è colpire con uno schiaffo la faccia di Thomas e fargli scomparire quel sorrisetto da stronzo.
Una rabbia improvvisa si impossessa di nuovo del mio corpo, e con una leggera e maggiore consapevolezza, colpisco tutti i ragazzi della squadra avversaria con una serie di colpi, uno mi luminoso dell'altro, mettendoli a terra tutti quanti.
«Ah sì? Anche questo è lecito?» Grido, cercando di gestire l'adrenalina che mi circola in corpo.
«Ora basta!» La voce di Chirone fa congelare il tempo, fermando qualsiasi azione stia facendo.
Il centauro corre verso Annabeth, che nel frattempo è diventata pallida come uno straccio.
Ritorno alla realtà e mi rendo conto di quello che ho fatto. Per la seconda volta oggi credo di aver ucciso delle persone; poco dopo però Thomas e i suoi compagni ricominciano a respirare e a tossire, cercando di riprendersi.
«Cosa è successo?» Chiede Chirone con un tono arrabbiato.
«Ci hanno attaccate, Thomas stava blaterando qualcosa sul trionfo e la vittoria e poi l'ha colpita con la spada. Io ho cercato di difendermi.»
Al mio "ho cercato di difendermi" Chirone scruta attentamente i corpi doloranti e ancora distesi a terra. Okay, forse ho un po' esagerato. Sta per dirmi qualcosa, ma qualcuno lo ferma immediatamente.
Un essere metà uomo e metà capra sta correndo verso il centauro, con un'espressione dipinta in faccia per niente rassicurante.
«Signore! Un ragazzo del Campo Giove è appena arrivato.»
«E questo che avrebbe di così tanto importante da farti venire qui correndo, Grover?»
«Dice che deve portare un messaggio molto importante. Ma il problema è che...»
Il satiro fa una pausa, cercando di non belare.
«Il problema è che il ragazzo sta morendo. Bee.»

L'ultimo dei reWhere stories live. Discover now