LXXXVI

6.4K 335 15
                                    

Abel

Quel castello ormai era diventato un'agonia per me. Sentivo pianti ovunque e il mio udito non aiutava, avrei voluto urlare loro di smetterla, ma come potevo? Avevano perso la loro bambina, la sorellina da proteggere ed aiutare.

Mi chiusi in una stanza che non era la mia, ma apparteneva ad un esserino che adesso dormiva quiete nella culla. Un peso al petto, mai provato prima, mi fece fare un passo in avanti e poi un secondo, fino a raggiungere la culla.
Era sveglia e si guardava attorno incuriosita. Strinsi forte i bordi della culla e la fissai senza proferire parola.

Lei continuava a guardarsi attorno e solo dopo un po' posò gli occhi su di me. Indietreggiai di un passo non appena vidi il loro colore: azzurri, proprio come quelli della sua mamma. Mi guardavano curiosi e la pelle pallida risaltava la boccuccia rosea. Era avvolta in una coperta color crema e a malapena riusciva a muoversi.

«Hai gli occhi della tua mamma», sussurrai, abbassando il viso ed allontanandomi. Fu allora che iniziò a piangere, mi voltai verso di lei: «che vuoi? Perché piangi?»

Ricevetti solo uno strillo da parte sua e, sbuffando, mi avvicinai nuovamente. Ero entrato lì perché volevo un po' di pace, ma avevo sbagliato. Pur di farla tacere, iniziai a muovere un po' la culla, ma nulla da fare.

Mi passai una mano tra i capelli e allungai le braccia verso di lei. L' afferrai e la alzai, feci una smorfia e sbuffai nuovamente. Dovevo chiamare Leila, non sapevo come domare questo esserino.

Me la portai al petto e feci per uscire dalla stanza, fermandomi, però, quando il suo pianto cessò. Abbassai il viso verso il mio petto e vidi che stringeva un pezzo di stoffa tra le manine e aveva gli occhi chiusi. Quella scena mi fece sorridere, anche Meredith si addormentava aggrappata a me.

Involontariamente, mi sedetti sul divano lì presente e poggiai la schiena sullo schienale, accarezzandole la schiena. Era così piccola, potevo disintegrarla con il mignolo, ma in quel momento, dopo ore passate a rimuginare, mi sentii tranquillo e sereno.

Avevo tra le braccia la causa della morte della donna che amavo, eppure chiusi gli occhi e mi beai di quel gradevole tocco.

Meredith

Mi guardai ancora una volta attorno, era una stanza a me sconosciuta, scura e priva di arredi. Un lancinante mal di testa mi colpii in pieno e gemetti, portandomi una mano sulla fronte.

Feci penzolare i piedi dal letto su cui ero seduta e li poggiai a terra. Il pavimento era ghiacciato e i grandi tappeti sporchi, non mi fu possibile vedere altro, quindi feci un passo in avanti e poi un altro. Il corpo mi duoleva molto, sentivo tutte le ossa calcificarsi e spingere verso l'esterno. Era un qualcosa impossibile da descrivere, mi sentivo potente, indistruttibile.

Un altro colpo alla testa e chiusi gli occhi, stropicciandoli e riaprendoli, fu allora che riuscii a mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo; vedevo la piccola finestra posta in alto, dove era possibile vedere la luna, e poi vidi la porta in legno. Avanzai decisa verso questa e la aprii, accompagnando il cigolio con un sospiro.

Inspirai e, involontariamente, passai la lingua sul labbro superiore. Avvertivo un bisogno fisico estremo, tutto tacque e intorno a me magicamente scomparve ogni cosa. I miei sensi scattarono e l'unica cosa che sentivo era fame, ma non una fame qualche, una fame che nemmeno io sapevo spiegare.

Il mio corpo si muoveva autonomamente, già sapendo cosa fare. Salii per le scale e da lontano sentii dei singhiozzi. Di chi erano? Poco mi importava, ero decisa a proseguire per saziare la mia fame.
A piedi scalzi, poggiai il piede destro in avanti e con uno scatto corsi via.

Correvo veloce, non capivo cosa mi stesse succedendo, ma continuavo a muovermi tra i boschi, fin quando il mio olfatto si focalizzò su una fonte vivente.

Avanzai silenziosa tra gli alberi e mi avvicinai ad un uomo che cuoceva della carne sul fuoco. Egli, avvertendo dei rumori, scattò in piedi ed afferrò un fucile.

«Chi va là?», urlò, puntando il fucile nella mi direzione.

Uscii dai cespugli ed avanzai ancora, facendolo sgranare gli occhi. «Cosa vi è successo? State bene? Siete ferita?», buttò il fucile a terra e corse da me.

Non dovevo essere nel migliore dei stati e ciò lo fece preoccupare ancora di più. Alzai il viso verso di lui e lo lasciai avvicinare, «ho fame», borbottai tra i denti.

«Come?»

Con uno scatto gli afferrai il viso e lo racchiusi nei palmi delle mie mani, «ho fame», ripetei. Le mie labbra, mosse da una volontà propria, si schiusero e fu allora che lo sentii; una potente energia, pura ed adrenalinica proveniva da quell'uomo, era fredda e bianca.

«C-Cosa siete?? I vostri occhi...i vostri occhi sono neri!», urlò nel panico e provò a divincolarsi dalla mia presa, inutilmente.

Quella fioca luce divenne più intensa ed uscì dal suo corpo lentamente, rifugiandosi nel mio e donandomi nutrimento e forza. Era una sensazione sublime, non aveva sapore, ma era dolciastra.

Abel

Posai la bambina dormiente nella culla e sospirai. Feci in tempo ad allontanarmi, che la porta si spalancò di scatto ed entrò William con occhi sgranati.

«William che succede?», chiesi, avanzando verso di lui.

«Io...stavo accompagnando la madre di Meredith al suo corpo, finalmente voleva vedere la figlia, ma...ma»

«Cosa?», mi allarmai.

«Abel, il corpo di Meredith è sparito!!»

Spazio Autrice:
-2
Dan...Dan...Dann!!!
Surprise!! 😍
Okay, questo capito è stato difficilissimo da scrivere e ancora rimpiango quel povero uomo che si è imbattuto in una Meredith...viva?
Abel sembra mostrare i primi "sentimenti" per la figlia, ma che succederà? 🙈
Siamo a 36,6k visualizzazioniii 😍
-Angel ❤️

Sentimenti OscuriTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon