LXXV

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Era ormai passata una settimana dal matrimonio, ogni giorno mi sentivo sempre più stanca. Ciò era dovuto probabilmente alla gravidanza, Abel era molto preoccupato e anch'io.

Mangiavo poco e quello che mangiavo lo rigettavo. Ero seduta nel salone a leggere un buon libro, quando improvvisamente la vista venne meno e fui costretta a chiudere il libro e stropicciare gli occhi.

Sospirai e li riaprii, non ne potevo più ed essere così debole mi faceva irritare. Abel lavorava quasi tutto il giorno e onestamente non mi era mai importato più di tanto quello che faceva, ma non potevo pretendere che restasse sempre accanto a me.

Una piccola parte di me, però, sperava che finesse velocemente e mi raggiungesse. Non facevo nulla dalla mattina alla sera e non potevo nemmeno sforzarmi più di tanto.

Qualcuno bussò alla porta ed entrò la domestica, «buon pomeriggio, state bene?»

Una nuova novità: ogni tanto i domestici venivano da me a chiedere come stessi, ordini di Abel, e qualsiasi cosa io chiedessi, loro dovevano esaudirla. Odiavo il modo in cui si rivolgeva a loro, ma sembrava fin troppo preso dalla situazione per parlargli.

«Si, tutto bene. Avete qualcosa da fare?», non volevo che si sentisse costretta a restare con me.

«No! Assolutamente no, cosa desiderate?», si affrettò ad entrare.

«Solo un po' di compagnia, ma non voglio che siate costretta, se avete dei compiti da svolgere, potete andare.»

«Ormai è pomeriggio inoltrato, ho terminato i miei compiti ed è onorevole farvi compagnia», si sedette accanto a me.

«Ancora non conosco il vostro nome.»

«Luise, mi chiamo Luise.»

«Bene, Luise, solitamente come passate il vostro tempo libero?»

«Mmm...non saprei», si portò l'indice sotto il mento, «oh, si! Gioco a scacchi con mio padre.»

«Vostro padre lavora qui?», chiesi.

«Si, è il giardiniere. Sapete giocare a scacchi?»

«No, potete insegnarmelo?»

«Certo.»

E così passammo il resto del tempo, pensavo che giocare a scacchi fosse difficile, invece si era dimostrato piuttosto facile. Vinsi solo una volta, poiché la mia avversaria era molto forte in quel gioco, ma almeno mi divertii.

Quando la porta si riaprì, entrò Abel, che passò lo sguardo da me a Luise.
«Bentornato Abel, Luise mi stava facendo un po' compagnia.»

Quest'ultima si alzò ed abbassò il viso.
«Grazie Luise, adesso potete andare.»

«Si Sire, arrivederci Maestà», ed uscì, lasciandoci da soli.

Mi alzai ed andai incontro ad Abel, lo abbracciai forte e lui non esitò a ricambiare.
«Com'è andata?»

«Tutto bene per ora, spero che continui così. Voi come state?»

«Sto bene», annuii, mentendo anche a me stessa.

«Che ne dite di uscire un po'? Siete sempre chiusa in casa. Andiamo al nostro laghetto?»

Sospirai ed annuii, non avevo per niente voglia di uscire. Abel mi afferrò la mano e mi trascinò fuori. La brezza delle prime ore serali mi arrivò in pieno viso. Il leggero venticello mi sollevo le ciocche ribelli di poco e, mentre camminavo, i miei polmoni assaporarono l'aria di fine settembre.

Arrivammo al lago vicino casa e ci sedemmo sulle sedute che avevamo posizionato lì. «È veramente una bella serata», Abel alzò il viso verso il cielo.

Sentimenti OscuriWhere stories live. Discover now