XII

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Passarono minuti, ore, o giorni, non lo so con certezza. In quella cella regnava l'oscurità, il sole non compariva mai. Lo stomaco vibrava e chiedeva pietà e la gola era talmente secca da far male, ma non avrei ceduto. Dormivo, dormivo e dormivo, pur di far passare il tempo. Speravo che il mio corpo cedesse velocemente, in modo da non rivederlo più, ma ero forte e lo era anche il mio corpo.

Ogni volta che chiudevo gli occhi, rivedevo la mia famiglia e la mia casa. Mi mancavano tanto, fin troppo.
Sentì un rumore al di fuori della cella, alzai di poco lo sguardo e lo vidi appoggiato alle sbarre.

«Avete imparato la lezione?»

Lo linciai con lo sguardo, ma non dissi nulla, no perché non volevo, ma perché non c'è la facevo. Mi strinsi le ginocchia al petto e vi posai lì il viso.
Sospirò e subito dopo già non c'era più.

Chiusi gli occhi e altro tempo passò. Sentivo le lacrime scendere, ma non ero io a comandarle, volevano fuggire dal mio corpo e dalla tanta sofferenza. Loro in quel momento erano libere, io no.

Sussultai, quando qualcosa di fresco si posò sulle mie labbra. Sbarrai gli occhi e vidi lui con in mano una brocca di legno. «Bevete», disse.

Non sapevo se lì dentro ci fosse acqua, o qualcos'altro, il buio non me lo permetteva. Bevetti comunque, anche se era veleno, almeno sarei morta prima. Ci volle un bel coraggio a bere ciò che non si conosceva, ma la limpidezza e il dolce sapore dell'acqua mi fece gioire le labbra e il palato.

«Morirete di questo passo.»

Meglio così, pensai. Il mio silenzio lo fece innervosire, infatti andò nuovamente via e sbatté la porta della cella. Mi alzai lentamente e cercai di trovare l'equilibrio, poiché la testa girava ad un ritmo stancante.

Tastai il muro e tutto ciò che percepì furono mattoni incastrati tra di loro irregolarmente. Sbuffai e mi rifugiai nuovamente nel mio angolino.

Quella sua melodia, quel meraviglioso sguardo da far sciogliere il più grande dei ghiacciai. Un amore mai vissuto, un segreto mantenuto.
Fuggi, fuggi, ora che puoi, il suo cuore è pietra e la sua anima è oscura, così tanto da far paura.

Dita ghiacciate mi sfiorarono la guancia. Sobbalzai dal sonno e dalla voce di una donna a me sconosciuta. Il ragazzo era davanti a me. «Andiamo, avete bisogno di un bel bagno e di mangiare qualcosa.»

Confusa da questo suo cambiamento di umore, mi lasciai alzare e prendere in braccio, mentre sentivo la guardia chiudere la cella con una chiave, ormai vuota.

Mi lasciai portare fin in camera, dove la temperatura era ben diversa da quelle delle segrete. Rabbrividì e fui accompagna dalla ragazza per un bel bagno caldo. Ero priva di forze, infatti mi aiutò la ragazza la maggior parte del tempo. Non avevo vergogna di farmi lavare da lei, in fondo eravamo entrambe donne.

Mi fece indossare una veste da notte bianca, poiché era sera e mi mise a letto. Dopo qualche minuto entrò il ragazzo con in mano qualcosa di fumante. Lo stomaco brontolò subito, quindi non ci pensai due volte a lanciarmi a capofitto in quella deliziosa minestra.

Il ragazzo si sedette a bordo letto, accanto a me. «Dovete scusarmi per i miei modi...poco accoglienti? Solitamente non sono abituato a essere disobbedito, ma mio fratello mi ha fatto ragionare; siete il mio legame e non posso trattarvi come mi pare e piace.»

Dannato suo fratello! Perché gli aveva parlato? Mi lasciava morire.

«Quanti giorni sono passati?», chiesi.

«Tre.»

Sgranai gli occhi, tre giorni senza mangiare e con pochissima acqua, era assurdo.

«Dovete riprendere le forze, la mia stanza è quella accanto, in caso voleste qualcosa.»

Si alzò e scomparve, così com'era venuto. Mi lasciò lì, imbambolata e come una stupida.

Spazio Autrice:
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#Happy!!
-Angel❤️

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