CAPITOLO XX

144 7 1
                                    

'Quindi lavorate qui con vostra madre?' chiese il pirata.

'Di tanto in tanto, quando posso e c'è più lavoro da fare in locanda. Cerco di dare una mano, per quanto riesco e se non c'è da fare in casa con i miei fratelli.' Rivelò la ragazza sotto gli occhi inquisitori e curiosi dell'uomo che le era di fronte.

Dopo aver lavorato a lungo la fanciulla si era concessa la sua solita pausa in compagnia del pirata, a cui aveva fatto promessa.
L'uomo l'aveva attesa per tutto il tempo senza concedersi la minima distrazione. Non aveva bevuto nemmeno un goccio della sua solita birra per restare lucido. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di allontanarlo da quel luogo quella sera e fu anche per questo se a notte fonda, con la locanda mezza vuota, lui era ancora lì seduto a quel tavolo incuriosito dalla ragazza che era seduto di fronte a lui con fare impacciato e poco sicuro.
'Ah, avete dei fratelli?' fece il pirata sorpreso. 'Qualcuno che io debba temere?' chiese palesando ancor di più il suo interesse alla fanciulla.
'Temere per cosa?' fece lei, fingendo di non capire per non legarsi e non cadere troppo nel suo interesse fin troppo evidente. 'Sono ambedue degli ingenui bambini, ma lasciate che diventino grandi abbastanza.' Azzardò la ragazza stando al suo gioco. 'E mi faranno da guardia per tutto il tempo.'
Il pirata azzardò un sorriso sghembo facendo tremare il cuore della fanciulla. 'Allora cercherò di prendere il vostro cuore prima che sia troppo tardi.'
I due sorrisero all'unisono, illuminandosi a vicenda in quella nuova complicità mentre Esmeralda arrossì violentemente senza darlo a vedere.
Non era mai stata abituata a tanta attenzione da parte di qualcuno, o meglio: non era mai stata abituata a tanta attenzione da parte di qualcuno per cui il suo cuore batteva, e fu anche per questo che la situazione le pareva alquanto strana.
Si sentiva strana.
Non che l'uomo fosse invadente o altro, egli le parlava con modi gentili e cauti ma ella si sentiva abbastanza a disagio in quel nuovo atteggiamento.
Il pirata, d'altro canto, la guardava rapito quasi non avesse mai visto una simile beltà. La sua venustà avrebbe sconfitto chiunque.
Negli anni aveva sentito e risentito storie a proposito delle sirene e della loro immortale bellezza con cui incantavano ogni uomo traendolo in trappola, ma – a suo dire – la creatura che aveva accanto era molto più incantevole di ogni essere su tutti i regni e i mari che aveva navigato.
Killian la osservava nelle sue movenze e in quella sua eleganza innata e notava come in lei quella consapevolezza fosse inesistente. Magari nessuno gliel'aveva mai fatto notare, pensò.
Killian voleva aspettare ancora un po' prima di rivelarle ciò che pensava, non voleva sembrarle un donnaiolo e nemmeno abbastanza sornione. Egli si limitò solo ad ascoltarla nel più completo interesse mentre non faceva che raccontargli di sé.
'E voi?' chiese d'un tratto con lo scaltro tentativo di spostare le attenzioni da sé e di respirare un po'. 'Voi cosa fate?'
'Sono un pirata. Siamo pirati.' Disse indicando con una mano quello che restava della sua ciurma più in là. 'Navighiamo dove vogliamo e non rispondiamo a nessuna corona per farlo.' E quel sorriso le venne riproposto.
Era capace di far venir giù un regno intero con quel suo fare e forse era in quel modo che faceva cadere tutte ai suoi piedi. Esmeralda scosse il capo, riprendendosi da quell'incanto.
'Ed è bello viaggiare così tanto? Non siete stanco?' chiese con fare curioso e tremendamente interessata ai suoi racconti.
Esmeralda era solita perdersi nella sua radura e viaggiare mentalmente in terre lontane quando voleva fuggire dai propri impegni, dal proprio destino, dai propri doveri e imposizioni che il padre soleva darle senza prendere in considerazione lei e i suoi pensieri per prima. Esmeralda era solita fuggire in quel suo luogo per poi sdraiarsi e perdersi un po' in luoghi del tutto nuovi che nascevano nella sua fantasia. Aveva sempre sognato, e con il tempo ancor di più, di lasciare tutto e andarsene. Raggiungere luoghi lontani era diventato il suo obiettivo senza però averne il vero coraggio: Esmeralda non avrebbe mai lasciato la madre e i suoi fratelli da soli con l'ira che sarebbe scaturita nel padre dopo il suo gesto. Non l'avrebbe mai fatto.
Quelle tre persone erano la sua sola e unica ancora che la tenevano tuttora ormeggiata lì dov'era.
Killian, a quella domanda, rispose con una smorfia di dissenso. 'Assolutamente no. La stanchezza non fa parte di me, non potrei essere un pirata se mi stancassi del mare e di viaggiare, non credete?' chiese retorico. 'Sapete, anzi, ci sono città in cui l'aria profuma di spezie e le donne siedono su pietre preziose. Ci sono poi città che di voi ne sarebbero degne perché eguagliano la vostra beltà e ci sono città che si fondono con il mare fino a perdersi e diventare un tutt'uno. Non vi piacerebbe vederle?'
Esmeralda era del tutto incantata da quelle descrizioni, da quei luoghi così vividi e splendidi davanti ai suoi occhi da sembrare quasi un ebete quando Killian le pose quella domanda. Sì. Sì che avrebbe voluto vederle, una per una. Viverci dentro, assaporare ogni pietanza che quel luogo le avrebbe dato come specialità e inebriarsi di ogni profumo che l'avesse circondata e quella sarebbe stata la sua risposta, quella che le aveva subito illuminato il volto a quell'invito se non fosse stato per quell'ancora che la teneva stretta a terra. A quella terra.
Allora Esmeralda abbassò lo sguardo e quel guizzo che aveva avuto si spense apparendo quasi triste in quella consapevolezza. Killian se n'è accorse ma aspettò che fu lei a parlare.
'Vorrei...' biascicò. 'Ma non posso.' Chiarì volgendo il suo sguardo, in maniera implicita, alla madre che non faceva che tenerla d'occhio con acuta disapprovazione per quel comportamento insolito della figlia. Killian segui lo sguardo e capi ogni cosa senza bisogno di aggiungere altro.
Sembrava di vederla con i suoi pregiudizi sui pirati che le vorticavano in testa.
'Beh, non c'è alcuna fretta.' Disse il pirata riportando l'attenzione su di sé. 'Io sarò qui per tutto il tempo che vorrete. Mi troverete qui ogni sera e cercherò di rendervi possibile viaggiare attraverso i miei racconti. Se voi vorrete.'
'Davvero lo fareste?' chiese la fanciulla rapita da quel suo comportamento.
'Aye.' E un gran sorriso era lì ad accoglierla in quello che sembrava avere le sembianze di un rifugio fatto apposta per lei. Esmeralda fu felice di quell'incontro, fu felice di aver incontrato quel capitano quella sera e fu felice di avergli concesso la possibilità che tanto aveva bramato.
Era diverso da ogni pirata.
Killian Jones era la cosa più bella che le fosse capitata fino a quel momento, pensò quasi credendosi matta e per tutto il tempo non fece che andare in giro con un enorme sorriso. Per tutte le sere da quella sera Esmeralda andava sfoggiando in giro quel sorriso unico e raro che sentiva estraneo persino da sé. Le sembrò che il mondo fosse più leggero e ogni sera, per tutte le sere, non faceva che attendere quei momenti di pausa per stare con lui. Il suo modo di raccontare le cose, il modo che aveva di farla viaggiare in capo al mondo era ancora più vivido e bello di quanto facesse da sola nella radura. Ella era solita chiudere gli occhi mentre assaporava appieno ogni paesaggio che le venisse proposto mentre si scoprì sempre più invaghita.
Killian Jones l'aveva portata in quei mondi e con sé aveva portato il sorriso di un nuovo sentimento che le scaldava il cuore e che le pareva quasi uguale a ciò che da sempre aveva visto negli occhi delle fanciulle che incontrava: l'amore. E quasi non ci credeva.
Come poteva un pirata, dall'evidente charme e fascino, averle preso il cuore a quel modo? Esmeralda non glielo diede mai a vedere in quelle sei settimane d'incontri perché amava il modo in cui lui si prodigava per farle intendere i suoi sentimenti e amava tenere il pirata sulle spine.
Quei sorrisi e luminosità non fecero che accompagnarla in ogni dove. Uno di quei sorrisi che sono qualcosa di nuovo, uno di quei sorrisi che donano luce a chi li porta. Quella luce che Esmeralda avrebbe portato solo grazie a lui.
'Lo capisci che è un pirata?' la strattonò Agnese una volta che la figlia ritornò sul retro della locanda. Fuori da ogni sguardo estraneo.
Eccola quella bomba che Esmeralda aspettava, e che da una parte temeva, era esplosa. Erano settimane che la madre osservava quegli incontri silenziosa e quasi impassibile, tanto da far temere il peggio. Esmeralda sapeva e conosceva la madre tanto da sapere che in lei qualcosa veniva repressa: la vedeva ogni sera grugnire e lanciare occhiatacce di disapprovazione al suo accompagnatore senza però mai intervenire. Preferiva tenere per sé le proprie considerazioni, dandone evidente deplorazione piuttosto che fare una sfuriata. Esmeralda sapeva che la donna stava covando qualcosa e che quel rapporto che si era instaurato per lei non era un bene. Lo vedeva ogni qualvolta si ritrovava ad osservarla al bancone durante i lori incontri. Forse la donna aveva semplicemente aspettato – e semplicemente sperava - che le cose finissero da sole e aveva preferito il silenzio alle tiritere, ma ora eccola lì con i frutti di tutto ciò che si era tenuta dentro.
Eccola lì pari ad un vulcano.
'Lo sai che è un pirata e sai cosa ti ho detto su di loro.' La avvertì nuovamente la donna rimarcando il concetto impartitole tempo prima.
'Killian non è come i pirati su cui mi hai avvertito.' Dibatté Esmeralda sicura e sostenendo il suo sguardo furente.
La madre ruotò gli occhi a quelle parole, sbottando. 'Non puoi essere così ingenua. Non ti ho cresciuta così!'.
'Sì, è vero, non mi hai cresciuta così. Mi hai cresciuta con dei valori a cui non sono mai venuta meno, son cresciuta credendo che c'è altro dietro le persone e non è ciò che fanno a determinare che persone sono. Tutto ciò che mi hai detto sui pirati non è per niente uguale a come le cose son davvero.'
'E' un inganno!' sbottò la donna sovrastandola. 'I pirati ingannano. Vuole solo che tu diventi il suo trofeo. Non ti ha già chiesto di andare con lui? Beh, te lo chiederà perché questo è ciò che fanno.'
'E' qui da sei settimane! Come puoi credere che sia qui solo per questo? Chi ti ha raccontato queste cose?'
'Vorrà dire che sei un premio più ambito! Sei una fanciulla stupenda, è normale. Ti sta ingannando mostrandosi dolce, simpatico e chissà cos'altro ma quello è il suo obiettivo. Insomma guardati! Stai cadendo nella sua rete!' inveì la donna per farle vedere le cose come stavano e costringerla a porre fine a quel rapporto.
''Dovresti conoscermi e dovresti sapere come sono. Non mi sono mai fatta ingannare da nessuno, noto subito quando le attenzioni sono mirate ad altro. Tra me e lui non esiste nulla di tutto ciò, è un rapporto puro e semplice e... tra me e lui non c'è niente di ciò che credi.'
'Ma se te lo si legge in faccia.' Notò la madre indicando il suo viso. I suoi occhi.
'Cosa?'
'Che inizi ad amarlo.' La ragazza si sentì stordita dal fatto che fosse così ovvio. Così evidente. Così lampante. Lo era per tutti, anche ai suoi occhi? O lo era solo agli occhi di chi l'aveva messa al mondo?
'Vuoi che a tua madre sfugga tutto ciò? Quel sorriso, quegli atteggiamenti, quella luce li hai solo con lui, quando parli di lui e quando sei vicino a lui. Potrà non essere evidente a te ma è evidente a chiunque entri qui e vi veda e voglio solo che tu non soffra quando lui andrà via.' Le confessò più calma.
L'ultima cosa che Agnese voleva era vedere la sua figlia prediletta soffrire, e in cuor suo, sapeva che sarebbe successo e voleva allontanarla dal pericolo prima che fosse troppo tardi. Era per questo che aveva sbottato. Le cose tra quei due erano state troppo approfondite, si erano troppo affezionati e le cose stavano solo precipitando verso un'inevitabile esito.
Esmeralda incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo rattristandosi all'idea che quell'eventualità fosse possibile.
'Chi ti dice che andrà via?'
'Lo farà, e se non sarà per sua volontà lo farà per volontà di qualcun altro. Lo sai.' Disse perentoria rimarcando quell'ultima parola come a renderle chiaro un concetto che già doveva essere intriso in lei senza bisogno di riportarlo alla mente.
Ad Esmeralda quella frase parve quasi una minaccia che non si sentiva di tollerare.
'Dovresti volere la mia felicità e non remarci contro. Perché vuoi che se ne vada? Perché vuoi rendermi di nuovo infelice se ti rendi conto che con lui posso essere felice?' Esmeralda era quasi sull'orlo di piangere. Era rabbiosa ed esausta di stare ai suoi voleri. Perché non poteva accettare tutto e basta?
La donna divenne specchio della figlia iniziando a piangere anch'ella mentre si avvicinava per rincuorarla. 'L'ultima cosa che voglio, amore mio, è che tu sia infelice.'
'Come puoi dirlo se stai dicendo che devo troncare i rapporti con l'uomo lì fuori?'
'Non l'accetto. Sai cosa penso sui pirati ma sarei pronta a cambiare idea perché sono pronta a credere in ciò che dici: quell'uomo è diverso. E so quanto vale per te quel capitano e c'è un motivo se accetto che tu venga qui ogni sera e lascio i bambini a Meredith ora.' Asserì la madre facendo intendere le sue idee a riguardo.
Da non fraintendere: Agnese amava vedere sul volto e negli atteggiamenti della figlia quel piglio allegro e insolito. Avrebbe voluto concedere alla figlia quella vita abbandonando persino i suoi pregiudizi su quella gente se fosse stato utile a farla felice per davvero, ma qualcosa aleggiava su quella felicità come un'ombra imminente e Agnese voleva solo tirarla via prima del previsto. Prima che si facesse male. 'Non l'accetto, ma adoro vedere la mia bambina felice e se tu ci tieni tanto a questi incontri, e a lui, per me va bene.' Esmeralda era confusa, ma felice di sentire nella madre quella consapevolezza. 'Ma renditi conto che in un modo o nell'altro lui se ne andrà.'
Continuava a ribadirlo quasi come un avvertimento che ad Esmeralda non era chiaro. Esmeralda non capiva.
'Perché continui a dirlo? Perché dovrà andarsene per forza?'
'Perché sai che c'è qualcuno sopra di noi. Sai che c'è qualcuno che pensa per te... ed è tuo padre.' Quella parola bastò a intorpidire e raffreddare l'aria e a far dissipare quella parvenza di felicità a cui Esmeralda aveva pensato e aveva sognato.
Tutto, davanti ai suoi occhi, cadde rovinosamente a terra: ogni possibilità, ogni speranza si sfracellarono al suolo provocando un rumore sordo e graffiante.
'Tuo padre non accetterà mai un pirata nella tua vita, questo lo sai. Ancora oggi ti propina spasimanti facoltosi che tu ignori innescando la sua ira ed è all'oscuro di tutto. Non sa niente e né io gli dirò mai nulla.' La rassicurò. 'Ho sempre mantenuto il più completo riserbo a riguardo continuando a tenerti il gioco mentre eri inconsapevole e asserendogli che mi servi in locanda, ma quanto pensi che durerà? Che farai poi? Che farà il tuo pirata? Credi che combatterà o tuo padre gli darà un ingente somma per convincerlo ad andarsene? I pirati hanno bisogno di tesori, e pur essendo poveri, tuo padre troverà il modo di dargli qualcosa per allontanarlo da te. Non accetterà mai ciò che potrebbe essere tra voi.'
Ogni cosa andò persa ed Esmeralda si sentì perduta.

You'll never lose meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora