10. Questo sono io

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Alex annuisce mentre legge l'indirizzo che ho trascritto su un foglietto di carta.

- Non credo però di poterci andare.- esito, imbarazzato.

- Perché no?- si stupisce lui, alzando lo sguardo dal pezzo di carta.

- Diciamo che potrei avere già incontrato tua sorella...- rimango sul vago, ma Alex vuole giustamente saperne di più, così con grande imbarazzo gli descrivo il nostro primo incontro all'ingresso dell'università.

- Sei una testa di cazzo.- commenta Alex senza tanti giri di parole. Non sembra però troppo preoccupato.

- Potrei andare a lasciarle un bigliettino.- propongo.- Così saprebbe come trovarti.

- No, la donna delle pulizie se ne accorgerebbe prima di lei e lo porterebbe a suo... nostro padre.

- Vorrà dire che domani mattina la seguirò quando esce di casa e cercherò di parlarle non appena si sarà allontanata un po'.

- Ma non hai appena detto che non hai intenzione di andare a parlare con mia sorella?- replica dubbioso Alex.

- Vedi altre soluzioni?- ribatto.

Alex rimane in silenzio, il che costituisce di per sé una risposta. Mi alzo dalla sedia della toeletta e vado a riempire le ciotole dei gatti, i quali ormai si sono abituati alla mia presenza. Anche quelli che prima soffiavano indemoniati non appena mi vedevano varcare la soglia di casa, ora se ne stanno buoni buoni mentre distribuisco i croccantini.

- Te ne vai?- mi chiede Alex quando mi vede rimettere via la grossa busta di cibo per gatti.

Guardo l'orologio appeso accanto all'ingresso, dimenticandomi che è fermo.

- Posso rimanere un altro po', se vuoi.- rispondo controllando il mio orologio da polso. Sono solo le quattro e mezza e se tornassi a casa non avrei niente da fare fino a sera. Aspetta, da quando in qua io non ho niente da fare?

- Sì. Per favore.- aggiunge.

Alex si siede lentamente sul letto, appoggiando la schiena al muro. Sposta poi le gambe lungo il bordo del letto, appoggia i piedi per terra e fa per alzarsi, ma vedo le sue gambe tremare e cedere, facendolo risedere sul bordo della brandina.

- Forse è il caso che riman...- inizio a dire.

- Zitto, voglio farti vedere una cosa.- mi interrompe Alex provando di nuovo ad alzarsi in piedi. Stavolta lo aiuto sostenendolo con un braccio attorno al busto. La sua testa ciondola in avanti, come se il suo collo non fosse più abituato a tenerla su del tutto. Sento il suo fiato leggero sul mio collo e le sue dita affusolate mi sfiorano il braccio mentre si aggrappano sul bordo della sedia della toeletta. Lo aiuto a sedersi e spingo la sedia verso lo specchio, come mi ha ordinato di fare.

- Potresti rimanere girato per un po'?- mi chiede, indicando la parete alla sua destra.

Mi siedo sul pavimento con il corpo rivolto verso il muro, mentre dietro di me sento Alex iniziare ad aprire e chiudere cassetti, scartare confezioni, sbattere tra loro degli oggetti di plastica e metallo, svitare barattoli e temperare quelle che penso siano matite. Insomma, un gran baccano.

- Che diavolo stai facendo?- chiedo incuriosito.

- Rimani girato.- ribadisce Alex senza rispondere alla mia domanda.

Sento che ha spruzzato qualcosa di profumato, è molto dolce e mi ricorda il profumo dello zucchero filato che saliva fino alle finestre della mia camera durante la fiera del mio paese.

Dopo una mezz'oretta inizio a sentire le gambe intorpidirsi. Mi alzo per sgranchirle un po', sempre rimanendo voltato verso il muro.

- Ti manca molto?- domando, trattenendo uno sbadiglio.

- Altri dieci, quindici minuti al massimo.

Con un sospiro torno a sedermi sul pavimento, mentre lo sbatacchio alle mie spalle viene sostituito da un tintinnio.

Non mi sono mai piaciute le sorprese, infatti non ho mai voluto ricevere regali di compleanno, né ho mai voluto che fossero organizzate feste a sorpresa. Mi fanno sentire impreparato e mi mettono ansia, perché devo pensare accuratamente a quale dovrebbe essere la mia reazione in base agli indizi che ho carpito. Tuttavia, ora non ho nessun indizio riguardo a ciò che sta combinando Alex e non ho idea di come mi dovrò comportare.

- Puoi girarti.

I miei pensieri vengono interrotti dalla voce di Alex, seguita da un fruscio leggero, come di qualcosa che sfiora il pavimento.

Sento il cuore galopparmi nel petto a causa del nervosismo, mentre la bocca del mio stomaco si chiude. Dovrò fingere un sorriso? Ridere? Rattristarmi? No, questo sicuramente no. Ad ogni modo, quale dovrebbe essere la reazione più adeguata?

Mi volto lentamente, ma il mio voler posporre il momento non fa che accrescere la mia apprensione.

Un momento dopo, lo shock è così grande che il mio cervello smette di pensare e il corpo si adegua da solo alla scena che mi sta davanti, facendomi spalancare bocca e occhi per la sorpresa.

In piedi davanti a me c'è Alex, ma è avvolto da un turbine di colori con cui potrebbe sostituire l'impianto di illuminazione della città di New York. Indossa una vestaglia viola, i cui bordi di pelo sono un po' più scuri e dello stesso colore di un grosso boa di piume che gli cinge morbidamente le spalle.

Ma il suo volto, il suo volto è la vera opera d'arte. Non ho altre parole per descriverlo. Tutta la pelle è liscia, perfetta, sembra quasi di plastica. Gli zigomi sono messi in risalto da un intelligente trucco chiaroscurale, le sopracciglia sono disegnate in modo da apparire perfettamente uguali, il naso sembra più sottile e la bocca è dipinta di un vivace rosa pastello, che si scurisce ai lati della bocca. In tutta la palpebra mobile e fin sotto le sopracciglia si alternano ombretti via via sempre più sfumati, che fungono da base per uno spesso strato di eye-liner nero in stile Cleopatra. Gli occhi azzurri di Alex sono messi in risalto da un paio di ciglia foltissime, nere come la pece, mentre la parte inferiore dell'occhio è colorata di bianco. Il tutto è incorniciato da una parrucca di lunghi boccoli viola, a cui a tratti sono state agganciate delle perline dorate che richiamano una serie di braccialetti tintinnanti che stringono gli esili polsi di Alex.

- Cos'è questo?- sussurro, intimorito.

- Questo, mio caro, sono io.

Catnapping [sospesa]Where stories live. Discover now