1. Centocinquantadue battiti

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Quando sistemo l'ultimo libro dell'università nella libreria del mio nuovo appartamento, ormai sono le dieci di sera.

Mi porto la mano alla bocca per coprire uno sbadiglio colossale mentre mi guardo intorno con aria più che soddisfatta.

Ho messo piede qui dentro solo cinque ore fa e adesso tutto è già sistemato per i prossimi otto mesi: camicie ordinate in base alla fantasia nell'armadio della camera da letto, doccia riempita con i miei shampoo che non irritano gli occhi, orario delle lezioni attaccato con una calamita al frigorifero e croccantini senza glutine e grassi vegetali con aggiunta di vitamine K e B6 per la mia gatta Millie nello sgabuzzino delle scope.

Per essere un appartamento provvisorio tutto per me, è fin troppo grande, ma a me va più che bene. Non ho intenzione di condividere queste stanze con un coinquilino mediamente intelligente che mi costringe a parlare di come sono andate le rispettive giornate, che lascia in giro la sua biancheria sporca o che non segue una tabella per colazione, pranzo e cena. Come diavolo si fa a mangiare gli stessi cereali il lunedì e il venerdì? È ovvio che i cereali del lunedì devono essere ad alto contenuto di fibre, visto che è l'inizio di una nuova e faticosa (ma produttiva) settimana.

Prendo in braccio Millie e la appoggio con delicatezza sul tavolino del salotto. È un persiano bianco di tre anni, ma le sono affezionato come se la avessi da una vita. I gatti e i miei genitori sono gli unici esseri viventi che tollero. Tutto il resto- animali e persone- non sono che un ammasso di ignoranza, piagnistei e rifiuti organici che si spostano di qua e di là senza uno scopo nella vita. O se ce l'hanno non lo raggiungono e se lo raggiungono, sono inutili lo stesso.

Come ogni sera, premo due dita sul torace di Millie per sessanta secondi per controllare il suo battito cardiaco e segnarlo sul calendario. Centocinquantadue battiti, tre in più rispetto all'altro ieri. Questo potrebbe essere l'inizio di una infezione o di una malattia degenerativa del tessuto del cuore, meglio portarla dal veterinario il prima possibile.

La sollevo e la rimetto sul pavimento di legno lucido. Le accarezzo poi la testa e il dorso, le auguro la buonanotte e vado nella mia stanza. Mi infilo il pigiama, tiro fuori dall'armadio una camicia a righe e un paio di pantaloni neri per domani e li appoggio sulla poltrona al lato del letto. Prima di infilarmi sotto alle lenzuola, mi guardo allo specchio sopra al comò per confermare di essere presentabile in caso morissi nel sonno stanotte. Sistemo dei ciuffi di capelli castani in modo da coprire la mia fronte alta e ispeziono con attenzione la pelle del volto. Ho proprio bisogno di fare una maschera, ho più punti neri di una coccinella.

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La notte non riesco a dormire. Passo ore ed ore a rigirarmi nel letto nel timore di addormentarmi profondamente e non sentire la sveglia delle sei, delle sei e mezza, delle sette e delle sette e ventiquattro. Risultato: quando arriva l'ora di alzarmi sono più irritabile di una donna col ciclo a cui viene chiesto se va tutto bene e penso che questo dica tutto.

Mi infilo le pantofole e ciabatto fino in cucina, dove trovo il libro che ho iniziato a leggere ieri, uno stupido manuale che dovrebbe aiutarmi nelle interazioni umane. Diciamo che io sono più bravo a ricordarmi le prime dodici del pi greco dopo la virgola che non i compleanni e ho più facilità a leggere un testo di meccanica quantistica in russo, lingua che ho imparato da autodidatta quando avevo solo dodici anni, rispetto a capire se una persona mi sta simpatica o no. Un libro, una legge, una formula, sono tutti prodotti chiari e categorici che spiegano un argomento in modo altrettanto chiaro e categorico. Se solo anche le persone fossero così, mi sarei risparmiato un sacco di figuracce. Come quando la professoressa di educazione fisica del liceo mi disse, in modo scherzoso, che secondo lei l'unico modo per non fare in modo che facessi l'ameba durante le sue ore era sostituirmi la bottiglietta d'acqua con una fiaschetta di whisky. Io non capii che era una battuta e che, visti i miei voti in ginnastica, mi conveniva far finta di sbellicarmi dalle risate. Le citai dunque un paio di articoli di diritto penale in cui sottolineai che per un gesto del genere avrebbe rischiato dai due ai sette anni di carcere e, visto che mio padre è un avvocato da quindicimila dollari al mese, avrebbe trovato sicuramente il modo di farle passare in gattabuia fino all'ultimo di quei settecentoquattordici mesi.

Insomma, avevo trasformato un bonario scherzo in una non troppo velata minaccia di trascinarla davanti a una giuria. Inutile dire fino al quinto anno non feci altro collezionare una insufficienza dopo l'altra in quella materia e occhiate impaurite ogni volta che mi vedeva nei corridoi.

Il miagolio di Millie mi riporta bruscamente alla realtà. Mi guarda con aria di sufficienza dalle piastrelle del pavimento su cui è compostamente seduta, come se sfamarla dovesse essere il mio primo pensiero della giornata. Mi piacciono i gatti che sanno cosa vogliono.

Le preparo sedici croccantini in una ciotola indiana da quaranta dollari che le ho comprato come souvenir quando sono stato a Calcutta tre anni fa, dopo aver vinto un concorso di fisica. Ricordo che i miei genitori ci rimasero un po' male quando mostrai loro le due t-shirt macchiate di terra con su scritto "I love India" che invece avevo comprato per loro.

Mentre Millie mangia dalla sua ciotola, io inizio a preparare la mia colazione: cereali ai frutti di bosco del mercoledì e latte di riso, da bere mentre leggo un paio di pagine del manuale per interpretare le espressioni delle persone. L'emozione che mi è toccata oggi è la tristezza. Per rivolgere gli angoli della bocca all'ingiù, corrucciare le sopracciglia e assumere in generale l'espressione tipica di una persona che non è contenta, si impiega il doppio dei muscoli facciali rispetto ad una persona felice e sorridente.

Decido di saltare il capitolo su come tirare su di morale una persona infelice, visto che da una lettura veloce ho notato troppo contatto umano per i miei gusti. Lavo la tazza e il cucchiaio, rimetto via i cereali tra la scatola di quelli del martedì e di quelli del giovedì e vado in bagno a prepararmi. Mi lavo i denti, mi pettino, mi vesto e mi infilo le mie Tod's nere. Sposto la tendina del bagno e rivolgo lo sguardo verso il cielo. È coperto da grossi nuvoloni grigi da ieri sera e questo mi fa sorridere. Anche oggi nessun rischio di alterazione dei miei geni da parte dei raggi ultravioletti.

Esco dal bagno e faccio il controllo di tutta la casa, assicurandomi che le luci siano spente, che le finestre siano chiuse e che tutte le spine siano staccate dalle prese.

Saluto poi la mia gatta con un buffetto sulla testa, prendo la borsa di pelle contenente i libri che, secondo l'orario pubblicato sul sito della Princeton University, mi dovranno servire per le lezioni di oggi e stringo l'ombrello nell'altra mano.

Spalanco la porta e armeggio un po' con il mazzo di chiavi prima di riuscire a richiuderla a chiave. Scendo poi le scale fischiettando ed esco dal palazzo, incamminandomi lungo un grande viale alberato verso l'università di Princeton.

Catnapping [sospesa]Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin