Gaia

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Gaia

Quando la porta si chiude, sto ancora pensando a Gabriele. In particolare, quello che non riesco a togliermi dalla testa è il modo in cui mi ha guardato. So per esperienza che i medici non guardano i pazienti in quel modo. Di solito li guardano con freddezza e, quando il caso è grave, accennano un briciolo di compassione. Ma lui mi ha guardata come... come si guarda una persona che si ama.
Ripenso alle parole di Asia di ieri sera. Forse ha davvero solo paura. Forse non è vero che non è pronto ad amare. Forse ha solo bisogno di una piccola spinta per riuscire a fidarsi di un'altra persona nonostante il suo passato.
Faccio un sospiro. Sono qui a pensare a lui quando probabilmente dovrei interessarmi al tratto d'intestino che mi hanno appena asportato. L'operazione ha lasciato i suoi postumi, comunque. Niente dolori lancinanti, per fortuna, ma ho lo stomaco del tutto sottosopra e mi sembra che sulla mia testa sia passato un camion. Se non avessi associato agli ospedali un nuovo ricordo, quello delle chiacchierate con papà, probabilmente il trovarmi qui basterebbe a farmi perdere di nuovo i sensi.
A proposito, dovrei chiamarlo. Dirgli che ho passato un brutto momento, ma che per fortuna sto bene. Sono così abituata a non avere nessuno da avvisare che mi è venuto in mente solo ora.
Presa dai miei pensieri, non mi accorgo neanche della porta della piccola stanza che si apre, fino a quando un paio di braccia non mi si getta al collo.
"Grazie a Dio stai bene!" Dice Asia, affondando il viso nel mio collo.
"Ammettilo, lo scopo della serata era che morissimo per infarto!" Ironizza Serena, ma anche i suoi occhi sono velati di lacrime.
Alzo le braccia, nonostante l'ago nel polso, e le stringo a me. "Avrei fatto le cose in modo più eclatante. Era una semplice appendicite."
"Peccato che noi non lo sapessimo! Un attimo prima parlavi e un attimo dopo hai perso i sensi."
"Mi dispiace di avervi fatto preoccupare. Davvero. Ma ora sto bene, se non si considera che sono una specie di bocca della verità. A quanto pare gli anti dolorifici hanno qualche effetto collaterale."
"Avrei voluto assistere alla discussione con il tuo dottore, allora." Insinua Serena con un mezzo sorriso divertito.
"Non c'è stata nessuna discussione, è solo venuto a visitarmi."
"Hm-hm." Mi prende in giro Asia, sedendosi sul letto dalle lenzuola bianche. Poi si fa un po' più seria. "Sembrava preoccupato per te. E intendo davvero preoccupato."
Giocherello con l'angolo di un lenzuolo. "Sì, lo so."
"Avreste proprio bisogno di una bella chiacchierata, voi due. Magari imbottiti di antidolorifici. Almeno vi direste la verità, una volta buona."
Do un buffetto dietro la testa della mia coinquilina.
Qualcuno bussa alla porta, interrompendo la nostra conversazione.
"Avanti." Rispondo, cercando di dare alla mia voce un tono più alto di quello di un mormorio.
"Sono venuta a portarle il pranzo. Come si sente?" Mi chiede l'infermiera, entrando munita di un vassoio su cui campeggia qualcosa che dovrebbe essere cibo, ma che nessuno oserebbe definire tale dall'odore.
"Immagino di dover rispondere che mi sento bene. Un po' intontita, forse, ma tutto sommato sto bene."
"Tra poco smetteremo di somministrarle anti-dolorifici, perciò il senso di intontimento passerà ma i dolori dovuti alla ferita cominceranno a farsi sentire."
"È proprio necessario?" Piagnucolo.
L'infermiera fa un sorriso di fronte alla mia espressione. Ho sempre pensato che fossero esseri crudeli. "Temo di sì. Lei non ci pensi e ne approfitti per riposarsi. Passerò più tardi a controllarla e a procedere. Buon appetito."
Mormoro qualcosa in risposta, prima che si chiuda la porta alle spalle.
"Vedrai che non farà tanto male." Cerca di consolarmi Serena.
"Sapete che ho una soglia del dolore che fa schifo."
"Non pensarci. Perché non mangi qualcosa?"
Fulmino con lo sguardo la mia coinquilina. "Non assaggerei quella roba neanche in punto di morte."
Serena arriccia il naso. "Sì, in effetti, sarebbe meglio se andassimo a comprarti qualcosa di commestibile."
Sulle sue ultime parole, la porta vibra di nuovo sotto le nocche di qualcuno.
"Avanti."
Quando la porta si apre, il viso che vedo mi spaventa. Gabriele ha gli occhi arrossati, e nonostante l'espressione neutra che tenta di assumere, vedo le mani, che reggono dei fogli, che tremano leggermente.
Non serve che parli per capire che qualcosa non va, ma lui lo fa comunque.
"Gaia, devo parlarti." Mi dice, con la voce bassa e tremante.
Sento il cuore battere forte contro la cassa toracica. "Che succede? Ci sono complicazioni?"
Il suo pomo d'Adamo si muove su e giù mentre deglutisce. "L'intervento è andato bene. Vorrei solo parlarti in privato qualche minuto."
Le mie amiche si fanno un cenno d'intesa, poi Asia mi fa una carezza sulla guancia. "Noi andiamo a comprarti qualcosa. Ci vediamo più tardi."
Salutano Gabriele e io rimango sola con lui.
Si siede sul mio letto, ma non mi guarda. Mi accorgo che sto tremando. Ho bisogno che mi guardi. Ho bisogno di leggere il suo sguardo, di sapere quale sia il problema, ma lui rimane in silenzio.
"Ti prego, dimmi cosa c'è che non va. Posso sopportarlo. Ho il cancro come la mamma? Dimmelo, dimmi qualsiasi cosa, ma parla."
Lui alza la testa di scatto. "Non hai il cancro. L'intervento è riuscito e tu stai bene."
"E allora qual è il problema? Perché un problema c'è, vero? Lo vedo dalla tua espressione."
Gabriele deglutisce ancora. "Gaia, quando sei arrivata ieri, le tue condizioni erano piuttosto gravi. Se non ti avessimo operato immediatamente, le conseguenze avrebbero potuto essere fatali."
"Perché mi stai dicendo questo? Hai detto che è andato tutto bene."
Sono confusa e di certo la pressione all'altezza delle tempie non mi aiuta a ragionare lucidamente. E neanche il suo sguardo tormentato, a dire il vero.
"Non abbiamo avuto il tempo di controllare tutte le analisi, prima di operarti." Mormora, con un tono soffocato.
E all'improvviso, non so per quale motivo, ma nella coltre che avvolge il mio cervello, si fa strada un lampo di luce. "Cosa dicevano le analisi?" Mormoro, con un filo di voce tremante.
Lui mi guarda, io lo guardo. E per un attimo, nessuno dei due dice niente.
"Aspettavi un bambino." Sono le parole che spezzano il silenzio, e anche il mio cuore.

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