Gabriele

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"Sei strano, sei sicuro di star bene?"
Sposto lo sguardo sulla tazzina ormai vuota di caffè mentre rifletto se sia realmente una buona idea dirglielo, poi rivolgo di nuovo i miei occhi al suo viso.
I suoi sono carichi di dolcezza e mi rendo conto che Liz è davvero tutto ciò di cui ho bisogno. E' per questo che ho deciso di cominciare un percorso in cui ero certo che non mi sarei mai ritrovato. Per lei. Per la nostra relazione, perché potesse avere un futuro. Perché Liz è la persona giusta per me, è esattamente la persona che stavo cercando.
Perciò, quando tra i miei pensieri si affacciano un paio di occhi azzurri, li scaccio via e reprimo la rabbia, perché non ha nessuna ragione di esistere. Okay, la mia psicologa ha un ragazzo che le piace abbastanza, visto il modo in cui ridevano insieme, ma questi non sono affari miei. Non è lei il motivo per cui sto cercando di curare il mio cuore.
Il motivo è la ragazza che ho di fronte, non devo mai più dimenticarlo.
"Sai che a me puoi dire tutto." Mi dice Liz, intrecciando le sue dita alle mie sul tavolino del bar.
"Okay. C'è una cosa che non ti ho detto."
I suoi occhi si incupiscono. "C'è... Un'altra ragazza?"
"No, no." Dico, stringendole la mano per rassicurarla e mettendo a tacere la mia voce interiore. Ha parlato fin troppo, in questi giorni. Fosse stato per lei, sarei arrivato a fare una scenata di gelosia immatura e inappropriata in quel locale. E io, per definizione, sono tutto meno che immaturo e inappropriato. "E' una cosa che riguarda me. E in un certo senso anche noi, ma non nel senso a cui hai pensato tu."
"Okay, allora dimmi." Fa lei, tornando a distendere le labbra in un sorriso. "Sono... Sono in terapia." Dico, con lo sguardo basso.
Lei cerca di nascondere la sorpresa che si affaccia nei suoi occhi. "Intendi con uno psicologo?"
"Una psicologa, per essere precisi." Dico con un mezzo sorriso. "Ma sì, il concetto è quello."
"Oh...Hm... Okay. E posso chiederti il perché?"
Annuisco, cercando una spiegazione che non la faccia fuggire via a gambe levate.
"Perché tu mi piaci molto e vorrei che in qualche modo tra noi si costruisse qualcosa di bello, e di stabile. Ma per farlo ho bisogno di risolvere alcuni problemi legati al mio passato, che pensavo di aver superato."
Gli occhi di Elisa si illuminano. "E lo stai facendo per me? Tu... Davvero?" La sua felicità mi scalda il cuore ma al contempo sento un inappropriato crampo di senso di colpa allo stomaco.
Alzo le spalle. "Lo trovi tanto incredibile?"
"E' che tendi a tenere per te i tuoi sentimenti... E' da tempo che cercavo di capire se ti interessassi sul serio e sapere che ti stai impegnando tanto per far funzionare le cose tra di noi..." Dice, poi si alza dalla sua sedia e si china verso di me a darmi un rapido ma dolce bacio sulle labbra.
"Hm... Mi dispiace interrompervi, ma..." Sento dire alle mie spalle, con un tono di voce piuttosto incerto.
Mi volto e alzo lo sguardo, rivolgendo un sorriso disinvolto agli occhi più blu che io conosca.
So di non essere stato molto simpatico qualche giorno fa, perciò mi impegno ad essere gentile.
"No, scusa tu, io e Liz chiacchieravamo... Volevo presentartela, prima della seduta." Rivolgo lo sguardo alla ragazza di fronte a me, che sta osservando Gaia un po' confusa. E' evidente che l'oggettiva bellezza di questa ragazza non sfugga facilmente. "Liz, lei è la mia psicologa. La dottoressa Gaia Acquaviva."
Liz si alza e le stringe la mano. "E' un piacere conoscerla, dottoressa. E grazie per quello che sta facendo per GABRIELE... E per me, in un certo senso."
"E' il mio lavoro." Risponde Gaia con un sorriso che non coinvolge gli occhi ghiacciati. "Vuoi fermarti per la seduta? Per me non ci sarebbe alcun problema, se GABRIELE è d'accordo."
Deglutisco, guardando Liz. Non mi aspettavo che proponesse una cosa del genere. Insomma, è già tanto che conosca lei i miei demoni, non è necessario che li conosca anche qualcun altro.
"Gabriele è molto riservato, su questo, quindi penso che gradirebbe la sua privacy. E poi io ho un impegno tra un quarto d'ora, quindi vado via." Dice Liz, infilando il giubbotto.
"Oggi offro io." Mi dice poi con una linguaccia, chinandosi a darmi un bacio veloce.
"Sai che..."
"Niente storie, farai il galantuomo un'altra volta. Dottoressa, mi permette di offrirle qualcosa?"
Gaia scuote la testa. "Non credo sia il caso, davvero..."
Liz fa un sorriso. "Non ci trovo niente di male, mi fa piacere. Cosa prende?" "Un caffè macchiato. Grazie davvero."
"Si figuri. Buona giornata." Ci saluta lei e si allontana verso la cassa.
Gaia prende il suo posto e si siede di fronte a me. "E' davvero molto dolce." Dice, riferendosi a Liz, senza però che il suo sguardo si riscaldi.
Avrà avuto una giornata storta, quello sguardo non centra con quello che ha visto.
"Sì, a volte mi chiedo se la merito davvero."
Lei alza le spalle. "Se le piaci direi che va bene così, no?"
"Sì, forse."
"Allora, di cosa vogliamo parlare, oggi?"
Sto per dirle che ho chiamato mia madre, quando lei fissa i suoi occhi su di me e il suo sguardo freddo e distante mi mette a disagio.
Alzo le spalle. "Hm... Quello che vuoi tu. Quello che ritieni più utile."
"Come ti senti per la storia della tua paziente? La situazione è migliorata?" "L'ho sognata un paio di volte, ma è quello che succede sempre quando qualcuno ci lascia in questo modo. Però sto reagendo, quindi suppongo che vada meglio."
"Bene. Sono contenta." Risponde, impassibile.
"Dicono che nessuno sia mai morto per un sorriso." Cerco di alleggerire l'atmosfera.
"Ho una giornata pesante e un po' di pazienti da seguire, devi scusarmi." "Perciò io non merito un buon trattamento perché ci sono altri pazienti dopo di me?" Dico, facendo leva sul suo lato professionale.
"Hai ragione, scusami." Dice, prendendo un gran respiro e poi facendomi un sorriso. Va sicuramente meglio, ma i suoi occhi restano distanti. "A volte ho anch'io qualche momento di stanchezza."
"Magari non dovresti fare troppo tardi con il tuo fidanzato." Mi sfugge, prima che io riesca a controllarmi.
Lei mi lancia un'occhiataccia.
"Okay, scusa." Dico subito, alzando le mani in segno di resa. "Sono contento per te. Meriti una persona che ti faccia stare bene."
Sei diventato scemo, per caso?
Gaia mi fissa senza nascondere la sorpresa. "Hm... Grazie." Dice, abbassando lo sguardo. "Comunque, mi è sembrato che la relazione tra te ed Elisa proceda piuttosto bene. Tu continui a non notare miglioramenti?" Prendo fiato. "Penso che Liz sia la persona giusta per me. Lei è perfetta, è dolce, si preoccupa per me. Ma ancora non riesco a darle quello che vorrei. La mia testa dice che dovrei buttarmi e provarci ogni giorno che passa, ma il cuore non..." Scuoto la testa.
Gaia riflette sulle mie parole. "Beh, hai mai pensato che magari potrebbe semplicemente non essere davvero... diciamo... la persona giusta?" Aggrotto la fronte. "Mi stai dicendo che la tua concezione pragmatica e concreta dell'amore ammette l'esistenza di una persona giusta tipo anima gemella?"
Vedo che le sue guance si arrossano appena. "Beh, magari la mia no, ma la tua, tutta rosa e fiori, potrebbe."
"Interessante. Non sarà che innamorarti di quel ragazzo sta facendo venir fuori il tuo lato fiabesco?"
Lei scuote la testa. "Dio ce ne scampi." Dice, accennando finalmente un sorriso che le riscalda gli occhi. "E okay, hai ragione, sto dicendo un po' di sciocchezze, stamattina. Resettiamo e ricominciamo da prima che mi mettessi a blaterare qualcosa sull'anima gemella." Aggiunge, accennando ad un gesto di disgusto.
"Ma io sono incuriosito dal tuo blaterare sull'anima gemella. Vai a vedere che infondo piacciono anche a te rose e cioccolatini?"
Gaia scoppia a ridere e io sento uno strano spasmo allo stomaco.
Che mi sia beccato anche io il virus che gira per la città?
Vuoi dire quello di cui si sono ammalate persone quasi un mese fa? Quanto ti sembra probabile?
"Niente rose e cioccolatini, giuro. Ma ora smettiamo di parlare di me." Sento che sto per dire qualcosa di molto stupido, come che avrei voglia di sentire tante cose su di lei, ma per fortuna riesco a tenere la bocca chiusa e anzi a dire qualcosa di sensato.
"Ho chiamato mia madre, domenica sera."
Gaia sgrana gli occhi. "Oh. Questo è un progresso importante. Cosa vi siete detti?"
Scuoto la testa. "Niente di che, in realtà. Lei si è subito proposta per venirmi a trovare e io mi sono rifiutato. Immagino che avessi solo voglia di sentire la sua voce."
La dottoressa accenna un sorriso. "E' una cosa buona. E come ti sei sentito mentre le parlavi?"
"Avevo paura ed ero arrabbiato, ma... Pensavo che dopo tanti anni le sarei stato indifferente, e invece ho scoperto di volerle ancora bene." Ammetto tra i denti.
"E' una donna che ha sbagliato e che non è riuscita a gestire delle relazioni importanti come quelle della famiglia nel modo in cui avrebbe voluto." Dice lei. "Ma è tua madre. Nessuno di voi due potrà mai smettere di amare l'altro."
"Non ha esitato un attimo a chiedermi se potesse venire a trovarmi. Era come se non credesse alle sue orecchie quando ha sentito la mia voce." "E questo cosa ti ha fatto pensare?"
"Non lo so. Per tutto questo tempo ho sempre pensato che i miei genitori avessero deciso di tenermi per una qualche ragione etica che aiutasse le loro coscienze. Mi sono sempre ritenuto di intralcio, per loro."
Gli occhi di Gaia si fanno comprensivi e per un attimo mi sembra che voglia allungare una mano nella mia direzione, ma poi la rimette sulle gambe assieme all'altra. "E ora stai cambiando idea?"
"Ci devo pensare. Ma penso che ci sia una possibilità che io mi sia sbagliato."
Lei sorride. "Bene. E' un enorme passo in avanti. E posso chiederti cosa ti ha spinto a fare questa telefonata?"
Per un attimo mi chiedo se sia il caso di dire la verità, ma alla fine mi dico che sono qui per questo. "Parlare con te."
Per qualche secondo nessuno dei due parla e vedo la ragazza di fronte a me deglutire, prima che parli: "Sono contenta che il mio lavoro aiuti qualcuno."
Non è stato il tuo lavoro, sei stata tu.
Scuoto la testa di fronte al pensiero piuttosto inaspettato. "Già." Rispondo semplicemente.
La seduta continua tra qualche domanda sulla mia vita quotidiana e un'analisi di quello che sento quando entro in contatto con Liz.
Quando vedo le guance di Gaia arrossarsi prima che parli, mi incuriosisco parecchio e attendo la prossima domanda.
"Pensi che ti piacerebbe avere un... un contatto fisico più intimo, con lei?" Non riesco a trattenere un sorriso di fronte al suo imbarazzo. "Non riesci a pronunciare la parola sesso? Davvero?"
Lei alza gli occhi al cielo. "Certo che ci riesco." Dice, ma le sue guance sono ancora arrossate.
"Ah, bene." Dico, con un mezzo sorriso. "Perciò, mi hai chiesto se mi piacerebbe andare a letto con Liz. Immagino di sì e che il mio corpo risponderebbe."
"E da un punto di vista emotivo?" Chiede, senza guardarmi.
Per quanto voglia negarlo, questo argomento la mette in imbarazzo e io non riesco a non provare un moto di tenerezza.
"Penso che mi farebbe sentire in colpa. I suoi sentimenti per me si intensificano ogni giorno che passa e i miei... Ne abbiamo parlato in abbondanza. Per me non sarebbe molto diverso dal sesso di una notte, ma per lei si."
"Okay." Dice, annotando qualcosa sul suo block notes e quasi tirando un sospiro di sollievo per poter passare alla prossima domanda, facendomi ridere.
"Non hai il diritto di prendermi in giro, è chiaro? E' nel mio lavoro dover rivolgere domande così personali, ma questo non vuol dire che sia facile." "Perciò una domanda sul sesso è secondo te più personale che rovistare nei meandri della mia mente e tirar fuori ogni mio sentimento e pensiero?" "No, è che..."
"Non devi sentirti in colpa se questo argomento ti mette in imbarazzo perché senti una certa attrazione fisica nei miei confronti. E' normale." La prendo in giro, facendole l'occhiolino.
Le sue guance prendono fuoco e io scoppio a ridere mentre lei mi rimprovera.
"Sei..."
"Poco professionale, lo hai già detto. Ma sei troppo carina quando sei imbarazzata." Dico, prima di rendermi conto che le ho di nuovo fatto un complimento.
"E tu sei un maiale."
"Oh. Anche questo è poco professionale, dottoressa."
"Sono abbastanza professionale da riuscire a non prenderti a calci, è già tanto."
Io mi lascio ad andare ad un'altra risata. "Non lo faresti mai."
                                       **
"Dottor Rossi, da quante ore è al lavoro?" Mi chiede il dottor Marcelli, prima che io chiami il prossimo paziente.
"Quasi quaranta, dottore." Dico, avvertendo all'improvviso il peso di ognuna di queste ore sulle spalle.
"Bene, può andare a casa."
"Davvero?" Mi lascio sfuggire.
"Dottore, non le piace stare in ospedale?"
"No, mi piace molto." Dico subito. "Sono solo un po' stanco, ecco tutto."
Il dottor Marcelli fa un mezzo sorriso.
"Bene." Dice.
Mi libero di camice e stetoscopio e quasi corro verso la macchina, sognando una doccia calda e le morbide lenzuola di cotone.
Tuttavia, quando arrivo a casa, con lo stomaco che brontola e il cervello che rischia di disconnettersi da un momento all'altro, scopro che la mia giornata non è ancora finita.
Anzi, forse è cominciata proprio ora.
Non mi accorgo della figura seduta sullo scalino davanti al portone, fino a quando non mi avvicino e lei si alza.
I miei occhi si trovano di fronte ad uno sguardo dolce e al contempo preoccupato e ad un mezzo sorriso tanto simile al mio da essere inquietante.
Mi ritrovo a deglutire più volte e a decidere quali tra le emozioni che mi si scatenano dentro prevalga. Forse la paura.
"Che ci fai qui?"
"So che mi hai chiesto di non venire, ma non mi hai mai chiamato in tanti anni... Ho pensato che potessi avere bisogno di me."
E' come se il mio cervello si fosse spento, perché non riesco ad elaborare nessuna risposta.
Lei chiude gli occhi, interpretando il mio silenzio come un rifiuto e incassando il colpo.
Quando li riapre sono pieni di tristezza.
"E' chiaro, vado via." Dice, prendendo la sua piccola valigia.
Guardo il cielo ormai buio. "Non troverai un treno a quest'ora, puoi restare. Dormi pure nel mio letto, io mi adatterò al divano." Dico, aprendo il portone e infilandomi nell'ascensore, con lei che mi segue felice come un bambino il giorno di Natale.
"Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare?" Mi chiede, non appena mettiamo piede dentro casa.
"No, ho un appuntamento, ero passato solo a lasciare questa." Mento, poggiando la mia cartella sul divano. "Sto andando via."
"Oh. Va bene." Dice lei, delusa.
"Tu sistemati pure." Rispondo e quasi scappo via da casa, chiudendo la porta alle mie spalle.
Con tutta probabilità non avrei retto la situazione neanche alle dieci di mattina e dopo una dose di dodici ore di sonno, per cui certamente non posso reggerla quando il mio cervello lavora incessantemente da quaranta ore.
Mi infilo in auto e mi dirigo verso il pub più vicino, che comunque comprende un tragitto in auto di un quarto d'ora.
I Navigli sono popolati come ogni venerdì sera e il mio umore nero stona terribilmente con l'aria allegra che si respira.
Mi infilo dentro il primo pub che trovo, rendendomi conto che è quello che qualche volta frequento con quelli che chiamo amici e temendo di incontrarli.
Non sono dell'umore giusto per nessun tipo di conversazione, al momento. L'unica cosa di cui ho bisogno è un bicchiere che contenga qualcosa di abbastanza forte da farmi dimenticare questa giornata.
Non è che io non mi renda conto della mia incoerenza nell'utilizzare una sostanza che ho sempre trovato ripugnante, è che semplicemente questa giornata ha superato il limite.
Dopo essermi accertato che nessuno dei miei amici sia nei paraggi, mi siedo ad uno sgabello vicino al bancone e una ragazza diversa dal solito barista viene a prendere l'ordinazione. "Che cosa ti posso portare?" Mi chiede con un sorriso un po' troppo dolce per essere solo professionale.
"Qual è la cosa più forte che hai?"
"Oh. Arrivo subito." Mi dice, senza togliersi il sorriso dalla faccia.
Il solo odore acre del liquido nel bicchiere che mi porta poco dopo mi fa arricciare il naso, ma i miei nervi sono troppo tesi al momento perché io possa farmi prendere da un qualche rimorso, perciò prendo il bicchiere e lo svuoto in un solo sorso, mentre sento l'esofago bruciare.
Nonostante continui a chiedermi come si possa bere questa roba ogni venerdì sera, non riesco ad impedirmi di ordinarne un altro e un altro, fino a quando l'alcool riesce a spegnere i pensieri.

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