Gabriele (parte 2)

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Quando apro gli occhi, mi stiracchio lasciandomi subito andare ad un sorriso.
Non immaginavo che ci si potesse svegliare con il cuore tanto gonfio di felicità.
Cerco la causa della mia improvvisa felicità nel mio letto, ma mi rendo conto di essere solo.
Presto attenzione ai rumori in casa, per capire se sia in bagno o in cucina, ma tutto quello che mi giunge alle orecchie è il silenzio.
"Gaia?" La chiamo allora, mettendomi in piedi e avvertendo subito l'aria fredda sulla pelle nuda. Giro per casa, controllando la cucina, il bagno, il salotto, ma della ragazza che si è addormentata tra le mie braccia non c'è nessuna traccia.
Mentre una parte di me arriva a conclusioni che non mi piacciono affatto, mi convinco che magari ha solo avuto un impegno improvviso, o è solo uscita per qualche minuto per comprare qualcosa da mangiare.
Sul serio? Chi esce alle sei di mattina per comprare del cibo o per un impegno, senza neanche lasciare un biglietto alla persona con cui ha dormito?
Ma certo, un biglietto. Deve per forza avermene lasciato uno.
Torno in camera mia e controllo sui comodini.
Beh, il fatto che non sia qui non significa che non l'abbia lasciato, no? Magari è caduto.
Mi chino per controllare sotto il letto, ma nemmeno il pavimento porta buone notizie.
Senza sapere che cosa pensare, crollo di nuovo seduto sul letto.
Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sono andato troppo in fretta? Non le è piaciuto?
Cerco di ricordare qualcosa che potesse preannunciare che sarebbe scappata lontano da me il prima possibile, ma tutto quello che mi viene in mente è il suo viso tranquillo e sorridente, quando si è addormentata nel mio abbraccio.
Ero distrutto dalla stanchezza, ma non sono riuscito a dormire subito. Sono rimasto almeno per un paio d'ore a godermi la sensazione di averla tra le braccia e a ricoprirle il viso di baci delicati.
E poi sono crollato anch'io, rilassato come non accadeva da molto tempo. Di certo non mi aspettavo di trovare il letto vuoto, stamattina.
Mi fa strano rendermi conto quanto questo mi faccia male, pur avendo passato più o meno ogni giorno degli ultimi dieci anni a svegliarmi solo. Questo era prima che passassi la notte a stringerla e a coccolarla come un patetico protagonista di un romanzo rosa.
Scuoto la testa. Non può essersene andata così, deve esserci una spiegazione.
Sì, insomma, era felice anche lei. Sono certo di non averla forzata in alcun modo, perciò perché non è qui tra le mie braccia ora?
Senza pensarci un minuto in più, prendo il cellulare e digito il suo numero, portandomelo all'orecchio.
Al quarto squillo, però, la chiamata viene indirizzata alla segreteria. Riaggancio e resto immobile a fissare il display del cellulare.
Perciò non ci sono scuse, non vuole sentirmi. Se n'è andata.
Ma come si fa a scappare via mentre l'altra persona sta ancora dormendo beata e ignara di tutto?
Ho fatto tutto quello che potevo per farla sentire a suo agio. Mi sono persino dovuto trattenere per non dirle qualcosa di molto stupido e che avrebbe potuto spaventarla, e lei mi ha lasciato qui così?
Guardo il letto vuoto e poi fuori dalla finestra, e sento una fitta di dolore al petto.
Avevo già immaginato il nostro risveglio, avevo immaginato di riprenderla tra le braccia, di ricominciare a baciarla e...
Mi ritrovo a cercare di trattenere il dolore e l'unica conclusione a cui arrivo è che non mi sarei dovuto permettere di arrivare a questo punto.
Di permetterle di farmi sentire in Paradiso. Perché è così che mi sono sentito ieri, quando mi ha chiesto di baciarla. Ed è così che mi sono sentito quando mi ha detto che anche lei aveva voglia di fare l'amore con me. Ed è così che mi sono sentito quando sono rimasto a guardarla dormire.
E se qualcuno è in grado di farti sentire in Paradiso, allora è anche in grado di spedirti all'Inferno.
Il suono del cercapersone mi fa sobbalzare, riscuotendomi dai miei pensieri.
Mi prendo il tempo indispensabile a lavarmi di dosso il suo profumo e la tristezza.
Senza riuscire a contenermi, do un pugno alle mattonelle della doccia.
Che senso ha avuto? Che senso ha avuto baciarmi in quel modo, aprirsi con me, guardarmi come se fossi il suo mondo, se aveva intenzione di lasciarmi così?
Il cercapersone squilla di nuovo e io mi infilo in fretta jeans e maglietta e guido fino all'ospedale, convincendomi ogni secondo che passa che dopo il turno andrò a trovarla.
Devo parlare con lei. Non posso lasciare che se ne vada così.
                                        ****
Quando finalmente il mio capo mi permette di uscire dall'ospedale, è già passato un giorno da quando Gaia è stata tra le mie braccia, e a me sembra decisamente troppo tempo.
E' questo che si prova quando si tiene davvero a una persona? Non si riesce più a vivere neanche un giorno senza stringerla a sé?
Dio, sto impazzendo.
Non ho fatto che pensare a lei per tutto il giorno. Mi sono beccato ben due rimproveri dal dottor Marcelli e nessuna sala operatoria perché ero troppo distratto.
E non ho neanche potuto replicare, perché lo ero. Appena chiudevo gli occhi, vedevo lei, e anche quando li avevo aperti, vedevo lei.
La vedevo sorridere, baciarmi, accoccolarsi sul mio petto...
Devo parlarle. Devo assolutamente parlarle.
Nonostante la pioggia cada fitta e intensa, non mi scoraggio e guido fino a casa sua.
Quando suono al citofono, però, non è lei a rispondermi.
Il fatto che io distingua la sua voce tanto bene mi fa sentire ancora più patetico e solo.
"Sono GABRIELE, volevo vedere Gaia, l'ho cercata, ma non mi risponde al telefono." Rispondo alla ragazza che ha risposto al citofono, probabilmente la sua coinquilina.
"Oh. Lei... Non è in casa."
La prima cosa a cui penso è che stia mentendo.
"Per favore, se c'è dille che devo dirle una cosa importante. Dille che ho bisogno di vederla. Dille... Dille qualunque cosa che possa convincerla a vedermi. Ho bisogno di parlarle." Dico, e non cerco neanche di nascondere la nota di disperazione nella mia voce.
La ragazza deve accorgersene, perché quando mi risponde sembra che stia sorridendo. "E' partita questo pomeriggio per alcuni problemi familiari." "E' andata da suo padre?"
"E tu come lo sai?"
"Io... Puoi dirmi dove abita suo padre? Devo andare da lei."
"Abitano in Puglia, la vedo un po' difficile."
So che ha ragione, ma so anche che avevo detto che l'avrei accompagnata. Non può essere andata ad affrontare quel dolore da sola.
Tu non sei la sua guardia del corpo.
Metto a tacere i miei pensieri. "Per favore."
Sento un sospiro. "Dai, sali."
Faccio come mi dice.
Quando l'ascensore si apre, mi trovo di fronte la stessa ragazza che ho incontrato giù quando sono venuto a riprendere il mio maglione. Faccio di tutto per evitare di pensare a quello che è successo dopo.
"Ciao." Mi saluta lei, aprendo la porta per invitarmi ad entrare.
"Non penso di potermi intrattenere molto. Devo trovare un aereo e un albergo e lo devo fare anche abbastanza in fretta."
"Non so se sia una buona idea che tu vada lì. Gaia è in una situazione un po' delicata e..."
"Lo so. Ed è per questo che ci devo andare. Le ho parlato, ieri sera, so di cosa si tratta. E poi mi assumo ogni responsabilità di quello che sto facendo."
La ragazza fa un mezzo sorriso. "Sei molto dolce a preoccuparti in questo modo per lei."
Alzo le spalle. "Per favore, permettimi di andare a darle una mano." "Okay."
La ragazza rientra in casa e poi torna con un bigliettino con su scritto una città e un indirizzo.
"Il padre è ricoverato in ospedale, perciò dovresti trovarla lì. Ma nel caso in cui tu non la trovassi, puoi cercarla qui." Mi dice, indicando il biglietto. "Okay. Grazie mille, davvero." Dico, facendo per tornare verso l'ascensore. Poi però mi rigiro verso la porta. "Gaia ti ha... Ti ha detto qualcosa su di me, stamattina?"
"Se anche l'avesse fatto, non te lo direi comunque. E' la mia migliore amica. Però voglio che tu sappia che ne ha passate tante nella vita e che per quanto lei si mostri sempre dolce, forte e spensierata, è terribilmente spaventata all'idea di donare il suo cuore a qualcuno. Tienilo presente, quando le parlerai."
Annuisco. "Io ci tengo molto a lei." Mi ritrovo ad ammettere.
Alza le spalle. "E chi riesce a conoscerla senza affezionarsi a lei?"
Faccio un sorriso. "Ora vado. Grazie ancora." Dico e mi infilo nell'ascensore. Un'ora dopo, ho già quasi finito di organizzare tutto quello che serve per la partenza.

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