PROLOGO.

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Quando avevo tre anni, le maestre della scuola materna ci facevano giocare con i gruppi di bambini più grandi.
Mi piaceva giocare con loro. In quei bambini di cinque anni vedevo ciò che io non vedevo l'ora di diventare. L'idea di crescere mi faceva sentire piena di entusiasmo.
Ogni volta che qualcuno rispondeva ad una mia richiesta "sei troppo piccola", con il naso e le gote arrossate per la rabbia rispondevo "Ma diventerò grande anch'io!" e nella mia mente pregavo perché il tempo che mi separava dall' "essere grande" passasse il prima possibile.
C'erano tante cose che i grandi potevano fare e per cui io dovevo ancora aspettare.
I grandi potevano fare ciò che volevano senza chiedere il permesso, potevano attraversare la strada da soli, potevano guidare un'auto, potevano decidere cosa indossare e cosa mangiare per pranzo.
Anch'io volevo fare tutte quelle cose. Anch'io volevo essere grande.
Ma mai come in questo momento vorrei non aver espresso il desiderio di crescere.
Mai come in questo momento ho capito cosa significa davvero diventare grandi.
Ho cinque anni, sono vestita di scuro, e il motivo per cui sono in questa piccola chiesa del mio paese non è la solita messa domenicale per cui mamma mi preparava con vestitino e calzamaglie, ma quella cosa che papà mi ha detto che si chiama bara.
È chiusa, ma io so cosa contiene. È il corpo della mamma.
La mamma che mi raccontava le favole della buonanotte e che si sforzava di prepararmi sempre per pranzo ciò che più mi piaceva. La mamma che non andava a letto senza aver controllato che dormissi e avermi depositato un bacio sul naso, la mamma che approfittava dell'appoggiare la guancia sulla mia fronte per controllare che non avessi la febbre per lasciarci un bacio, la mamma che negli ultimi mesi si è trasformata fino a scomparire.
Ho sentito i dottori dal camice bianco dire che si è trattato di cancro.
Io non so cosa sia il cancro, ma lo immagino come un grande mostro orribile che si è portato via la mia mamma.
Papà mi ha detto che mamma non tornerà mai più, che non mi verrà più a prendere dalla scuola materna e che non giocherà più con me.
Io non capisco come sia possibile che lei mi abbia parlato fino a due giorni fa e che adesso non ci sia più.
Non lo so e vorrei tanto abbracciare papà, vorrei che mi dicesse qualcosa, ma papà non fa che piangere da quando i dottori hanno detto che "non ce l'ha fatta".
Non so cosa intendessero perché mamma è forte, mamma ce la fa sempre.
Non capisco fino in fondo cosa stia succedendo, credo che una parte di me non possa accettare il fatto che non la rivedró davvero mai più.
Credo di stare piangendo anch'io come tutta la gente qui dentro. Ce n'è tanta, papà mi ha detto che è perché la mamma aveva tanti amici. Non mi rendo più neanche conto di quante lacrime mi cadono sulle guance perché da quando i dottori mi hanno detto che non potevo più vederla non hanno più smesso di scendere.
Mentre il sacerdote parla dicendo un sacco di cose belle sulla mia mamma, dicendo che lei adesso si trova in un posto migliore e che è al sicuro, a me tornano in mente le parole che lei mi ha detto l'ultima volta che ci siamo viste.
Mi ha abbracciata forte, mi ha guardato con quel suo sguardo uguale al mio e ha mosso piano le labbra, dicendo solo con un filo di voce: "Anche quando io non ci sarò più, tu sarai una bella persona, Gaia. Sarai forte e determinata e non ti arrenderai davanti a niente. E voglio darti un consiglio, piccola mia, anche se adesso per te non significa niente. Voglio dirti di seguire sempre il tuo cuore. Prima o poi incontrerai una persona che ti ruberà il cuore e che ti farà sentire a casa, una persona per cui sarai disposta a tutto, una persona che ti farà sentire perfetta. Lotta per quella persona, amore mio, lotta e non pensare mai che non valga la pena seguire il tuo cuore. Quando diventerai più grande capirai queste parole... Non dimenticarle mai."
Mamma aveva ragione, non so davvero cosa significhino. Perché una persona dovrebbe rubarmi il cuore? Non lo capisco, ma, sinceramente, in questo momento vorrei non capirlo mai. Perché capirlo significa diventare grandi. E io non voglio più diventare grande.

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