Vagare

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Capita, dopo aver vagato a lungo, che appaia qualcosa che non si è mai cercato volontariamente, ma che rappresenta, inconsciamente, ciò che abbiamo sempre desiderato.

•••

«Siamo in arrivo alla stazione di Harrisburg. I passeggeri che desiderano scendere sono pregati di avvicinarsi all'uscita.»
Aprii gli occhi di scatto e mi guardai intorno, confuso, riemergendo dalla fossa che avevo scavato nel sedile del treno. L'altoparlante ripeté il messaggio, e i ricordi dei giorni scorsi riemersero, rompendo le pareti inibitorie del sonno.

Dopo l'incendio, erano successe varie cose, tutte molto velocemente. Tanto per cominciare, ero riuscito a uscire dal vicolo e, senza farmi notare, a trovare un posto sicuro. Non saprei dire molto bene in che modo, ma ricordo perfettamente di essermi ritrovato nella periferia della cittadina e di aver continuato a camminare per allontanarmi da quel luogo. Ero certo che la polizia avrebbe immediatamente iniziato le ricerche del piromane.

Mi ero fermato dopo un po', sotto un ponte. Un fiume divideva la zona in cui mi trovavo dal resto della città. Pulii nel miglior modo possibile i vestiti, ma le macchie scarlatte sulla maglietta e sui jeans rifiutarono di andare via completamente, lasciando degli indumenti sporchi di rosso. Non visto, avevo medicato le ferite e mi ero in parte lavato, per poi stendermi e dormire. Avevo impiegato diverso tempo per addormentarmi, a causa dei forti dolori, che somigliavano a lame di freddo metallo premute sulla pelle.

Avevo sognato mostri e pire di fuoco, ma non fu una sorpresa. Ad un certo punto, però, il sogno aveva iniziato ad apparire diverso, e le uniche cose a rimanere immutate erano state le creature, che, però, erano apparse più malevole e pericolose di prima. Insieme a esse, avevo visto altre creature infernali, come un gruppo di spaventosi mastini neri dagli occhi infuocati e alcune creature dall'aspetto di leoni con volti umani e coda da scorpione.

Mi ero svegliato di soprassalto, completamente sudato e spaventato in modo indicibile. Ad occhio e croce, dovevano essere le 6 del mattino. Mi ero messo in cammino, guidato dalle mappe della città, e avevo raggiunto la stazione a piedi, seguendo le indicazioni stradali.

Avevo rinunciato alle lenti: durante il combattimento avevo perso quelle che portavo e doverle togliere e mettere mi avrebbe solo intralciato sul treno.

Al primo spostamento ne erano seguiti altri, e dopo quattro treni, due giorni e aver finito praticamente tutti i soldi che avevo, arrivai a Harrisburg.
A quel punto, dovevo trovare un modo per raggiungere New York e sapevo, purtroppo, che senza soldi avrei avuto ben poche possibilità.

Scesi dal veicolo e in pochi minuti sbucai fuori dalla stazione, nell'aria fresca della mattina.

Mi avventurai per le strade di quella città a me sconosciuta, pensando a una soluzione che non riuscii a trovare. In seguito, per paura che altri mostri mi trovassero e che qualcuno mi riconoscesse, mi rifugiai nella periferia.

A causa del sogno, ero ormai arrivato alla conclusione che sarei stato inseguito da quelle creature per sempre, e avevo accettato quel fatto. Anche perché non avevo molte possibilità.

Ero in una zona abbastanza aperta, con alcuni edifici non troppo lontani, totalmente solo. Non sapendo cosa fare, mi sdraiai a terra, usando lo zaino come se fosse un cuscino.

Chiusi gli occhi e rilassai il corpo per pochi minuti. Pace, pace mi scorreva nelle vene, nell'anima, nella mente. Mi lasciai invadere. I pensieri negativi chiusi in un angolo del cervello che non volevo aprire.
E per un po' rimasi così. Fu solo per poco, per pochi fuggevoli minuti, ma fu bello, tanto che, forse, una durata maggiore avrebbe solo finito col rovinare tutto.

Non sentii né i passi né i segni inequivocabili dell'arrivo di qualcuno. In quel momento non potevo.

Lui lo prese con un segnale di incoraggiamento.
«Per tutti gli Dei! Ce l'ho fatta!»
Non mi ci volle che un minuto per saltare in piedi, assumere una posizione da combattimento e valutare tutte le possibili vie di fuga.

Poi mi accigliai: avevo pensato di trovarmi di fronte a un altro mostro assassino, invece mi trovavo davanti ad un ragazzo che non poteva avere più di 18 anni, con i capelli neri ricci e la carnagione olivastra. Aveva il volto leggermente allungato e due caldi occhi color nocciola, la bocca, molto fine, era incurvata nella tipica piega che assume quando si è soddisfatti di qualcosa che si è a lungo cercato.
Aveva tutto, fuorché l'aspetto di un mostro assassino.

«Finalmente ce l'ho fatta! Chirone ne sarà felice!» annuì con insistenza.
L'individuo si mosse in avanti e io, di conseguenza, mi spostai all'indietro: che ne avesse l'aspetto o meno, non avrei abbassato la guardia. Non dopo tutto quel tempo passato a scappare per avere anche solo una goccia in più di vita.

Notando il mio sguardo minaccioso, egli assunse un'espressione rassicurante.
«Ehi, stai tranquillo. Non voglio mica ucciderti.»

Non cambiai espressione, né, tantomeno, mi rilassai.

«Chi diavolo sei?» domandai, quasi ringhiando, con i denti snudati. Di certo non era il massimo come primo approccio, ma, per quel che me ne importava, era perfetto.

Angolo Autrice
Ave a tutti. Spero siate tutti sopravvissuti a Invalsi, compiti e interrogazioni di fine anno. Da me l'inferno non è ancora finito, e temo che non finirà nemmeno entro la prossima settimana. Naturalmente, se tutti i professori che devono interrogare decidono di interrogare sempre me il problema sarà risolto alla radice. Ma evitiamo di fasciarci la testa prima di rompercela.
Ad ogni modo, vi è piaciuto il capitolo?
Siamo ormai alle battute finali, e nel prossimo capitolo avremo un dialogo tra il caro Gabriel e il ragazzo appena comparso.
E ora, visto che non ho più idee per questo spazio, vi saluto.
Alla prossima.
Ark

Cronache di un MezzosangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora