Illuminazione

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Solo i pensieri più importanti non svaniscono, evolvendosi nella nostra mente, fino a che da un germoglio non cresce una rigogliosa pianta.

•••

Il sole mi accecò non appena misi piede fuori dall'edificio, e per un attimo riuscii a non pensare al dolore alla schiena.
Portai la mano sinistra all'altezza degli occhi, che, in quel momento, erano di un verde splendente, le uniche cose brillanti, in un contrasto quasi spaventoso col mio viso smorto. Avevo avuto modo di vedere il mio volto riflesso in un vetro rotto, illuminato dalla luce.

La via sulla quale dava l'entrata era una delle peggiori che io avessi mai visto: di medie dimensioni, sporca e per nulla trafficata.
I vetri di alcuni lampioni erano rotti e sulla maggior parte dei muri troneggiavano murales di colori sgargianti o scuri, belli o brutti, trasformando il posto in un mondo confuso.

Guardando verso destra si vedeva uno degli edifici più fatiscenti, con mattoni spaccati, vetri ed entrate rotte, di un colore blu tinto da disegni, scritte, piante rampicanti e muffa. In quella via il degrado regnava sovrano, e quell'edificio, a giudicare dalle dimensioni un'ex fabbrica, era il funzionario preferito dal re.

Come se non bastasse, il marciapiede e la strada erano pieni di buche e crepe, che incorniciavano la scena. Pensai che non mi sarei stupito di veder spuntare anche dei topi.

Mi incamminai verso sinistra, in direzione del centro del paese.

Nonostante il sole scaldasse molto, in quel regno sembrava che i suoi raggi arrivassero attraverso un vetro opaco, diminuendo di intensità e di luminosità.

Continuando a camminare,  cercando di ignorare il dolore che si faceva ad ogni passo maggiore, assistetti al cambiamento tra la zona diroccata e quella nuova. Infatti, una volta finita la via - che proseguendo si era ristretta - si arrivava ad una delle vie dirette per il centro del paese, con marciapiedi in perfette condizioni e strade decenti.
Era finito il lato oscuro del paesino.

Sbucai nella piazza principale. Vi si affacciavano negozi, veri edifici di colore diverso dalle abitazioni, che si estendevano verso quello che doveva essere il corso.

Panchine sparse e lampioni erano disseminati a distanze fisse le une dalle altre, e, a differenza di quelli nel lato oscuro della città, erano di un colore verde scuro in perfette condizioni, dritti e con i vetri perfettamente lustri.
Sui balconi dei piani superiori c'erano fiori in vaso di una varietà incredibile di colori, che contribuivano ad abbellire il centro del paese. Le insegne sopra le soglie dei locali erano per la maggior parte in legno, con incisi i nomi dei negozi. Ai lati delle insegne erano poste delle luci, che dovevano servire ad illuminare durante la sera e la notte.

Uno degli edifici più vicini al corso era una caffetteria. Aveva pareti giallo chiaro, scintillanti alla luce del sole. I tavolini si affacciavano sulla piazza, pronti ad accogliere clienti. "La Pausa degli Dei" recitava l'insegna, cosa che riuscii a capire solo dopo un po', vista la mia, seppur poco grave, dislessia. Due boccali erano disegnati ai lati della scritta.

Nella piazza non c'erano molte persone, segno che la maggior parte doveva essere a lavoro.

Mi diressi verso l'entrata del bar. Spinsi la porta ed entrai nel locale.

Davvero carino.
Fu questo il mio primo pensiero. Mi guardai intorno, osservando ogni cosa: tutto era in legno. Il pavimento era fatto di parquet scuro. Le pareti erano tinte di bianco, che andava su una sfumatura verde tenue, come una pianta che germoglia poco a poco.

Sulla parete dietro al bancone c'erano delle mensole in legno chiaro con libri di tutti i tipi, e vicino ad esse un orologio. Segnava le 9:23. Mi stupii profondamente di essere ancora vivo a quell'ora.
Mi avvicinai al bancone e lessi velocemente i fogli del menù.

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