Capitolo 5: La parola al popolo

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Tristan si avvicinò con un sorriso tirato. Sembrava preoccupato, la fronte corrucciata, e lo sguardo profondamente concentrato. Eirlys aveva imparato a conoscerlo in quei mesi di matrimonio, riusciva a capire quando qualcosa lo disturbava, lo annoiava o lo rattristava. Tristan era un uomo abbastanza semplice da comprendere. Era stato un principio viziato, costantemente messo in ombra dal fratellastro bastardo adorato dal padre, e ora era un uomo infedele, insicuro, completamente in sua mercé.

<< Siete pallida ...>> le mormorò, accarezzandole una guancia, ma il suo sguardo continuava ad essere lontano e preoccupato.

Eirlys era fuggita dalle grinfie del giullare. Era corsa via, il cuore che batteva a mille nel petto, e lui non aveva riso, né l'aveva seguita. Era rimasto profondamente serio. Quella serietà, quella rabbia l'avevano spaventata più di qualsiasi altra cosa. Conall era un nemico spaventoso, scaltro, e profondamente misterioso. Lei doveva scoprire qualcosa su di lui al più presto o ucciderlo.

<< Non preoccupatevi, è solo l'emozione per la cerimonia.>>

Lo baciò sulle labbra e lui, per un attimo, parve distendersi. In realtà il loro matrimonio non era felice e mai lo sarebbe stato. Tristan aveva ucciso suo padre e sua madre per lei, aveva ucciso suo fratello, l'aveva sposata e si gingillava nell'idea che Eirlys fosse innamorata di lui. Cercava di crederci fermamente ma sapeva che non era così. Per questo la notte, dopo aver giaciuto con lei, continuava a frequentare i soliti bordelli, nella speranza di generare il prima possibile l'erede maschio desiderato. E adesso il senso di colpa cominciava a farsi strada nella sua mente. Eirlys lo sapeva, glielo leggeva negli occhi, e temeva di perdere il potere che aveva su di lui. Soprattutto perché ancora non era incinta.

Lui le baciò il capo e si allontanò per montare sul suo cavallo. L'aria di quella mattina invernale era fredda, il cielo grigio, ed Eirlys tremava per il gelo e per la paura dei fantasmi che continuavano a tormentarla.

Si accomodò sulla sua lettiga e respirò a pieni polmoni l'aria fredda. Era quasi fatta: stava per diventare la regina di Lyonesse. Nessun fantasma le avrebbe rovinato quel momento. Lei aveva vinto, i suoi nemici erano stati sconfitti.

La carovana prese ad avanzare, le porte del castello si spalancarono con un cigolio insopportabile, e Eirlys udì le grida che accompagnavano l'avanzare di suo marito, il re, in testa a quel variopinto e lussuoso corteo. Le venne da sorridere, finalmente dopo tanto tempo, perché tutto sembrava essere al suo posto. Poi però arrivò in vista della prima parte del popolo, ammassata ai lati della strada, e un silenzio gelido cadde sulla città. Le urla si spensero, gli applausi scomparvero, Eirlys si sentì osservata da centinaia di occhi freddi, volti seri, sguardi inferociti. Nessuno si muoveva mentre il corteo avanzava lentamente, nessuno applaudiva, nessuno urlava. Non sembrava volessero assalirla. Erano semplicemente fermi, immobili, gli sguardi inferociti, i volti pallidi, le espressioni così terribilmente serie.

Serie. Eirlys ricordò lo sguardo di Conall, il suo tono di voce serio, la sua rabbia repressa. Erano tutti seri, l'intera popolazione non gioiva per lei. Per la prima volta nella sua vita, Eirlys sentì che quello non era il suo posto, che lei non sarebbe dovuta diventare regina di Lyonesse.

La sua lettiga si fermò bruscamente e Tristan salì a bordo con un balzo, si accomodò di fronte a lei e le prese il viso rigato di lacrime fra le mani.

<< Ignora tutto questo.>> le mormorò, la voce dolce e comprensiva. << Loro ti ameranno. Ora non ti conoscono Eirlys, non sanno cosa aspettarsi da te. Mia madre è morta, mio fratello è morto ... troppi eventi che non comprendono!>> cercò di sorriderle ma Eirlys colse tutta la sua preoccupazione. << Quando avremo un figlio nostro, quando Lyonesse avrà finalmente l'erede che merita, tutto sarà dimenticato.>>

Eirlys continuò ad osservare quella massa di gente silenziosa, un groppo in gola che non le permetteva di parlare, mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso.

<< Tu ti stai pentendo di tutto, Tristan. Di avermi sposato, di aver giustiziato tua madre e tuo fratello ... io ti posso comprendere.>> gli rivolse un sorriso tirato. << Lo capisco.>>

Il ragazzo la baciò sulle labbra e le asciugò le lacrime.

<< Ho fatto esattamente ciò che dovevo.>> ribatté. << Questa è una guerra Eirlys, una guerra che combatteremo e vinceremo insieme. Tu se la mia regina e sarai anche la loro da oggi in poi.>>

Guerra. Eirlys non lo aveva mai sentito usare quel termine in tutti quei mesi. Nemmeno prima, quando era andato a trovarla nella casupola di legno in cui viveva da sola in Irlanda. Era la loro guerra.

Eirlys distolse lo sguardo dal viso di Tristan e lo fissò ancora sulla gente, sulla sua gente silenziosa e ammassata per guardarla. Quella non era la guerra di Tristan, quella era la sua guerra. Anzi no, quella era la vendetta di sua madre. Quello era il più grande successo di Caitlin di Cornovaglia.

Eirlys scese dalla lettiga lentamente, circondata da sguardi gelidi e taglienti, ed entrò nella cattedrale addobbata a festa da sola, senza Tristan al suo fianco. Percorse lentamente la navata centrale, il mantello che frusciava sul pavimento freddo, mentre ad accoglierla continuava ad essere solamente il silenzio gelido dei nobili. Ignorò tutto. Ignorò gli sguardi freddi, gli ammiccamenti, le frasi sospese a metà. Ignorò qualsiasi cosa la circondasse e si concentrò sull'altare che si avvicinava, sul vescovo splendente e panciuto, sulla corona ingemmata che riposava sul cuscino. Con la coda dell'occhio vide al suo fianco sua madre, vestita di nero, i capelli bianchi nascosti sotto un velo, e il viso, per la prima volta, sereno. Non sorrideva, Caitlin non era mai stata in grado di farlo, ma era rilassata, gli occhi scintillavano, e le prese una mano. Era fredda la sua mano, tagliente, ossuta, esattamente come Eirlys la ricordava. Ma non le faceva male. Cercava di infonderle coraggio.

Eirlys respirò a pieni polmoni il suo trionfo, l'approvazione di sua madre, e si inginocchiò ai piedi del vescovo. Sentì il peso della corona sulla testa, la formula in latino che la dichiarava finalmente vincitrice: regina di Lyonesse. Si girò, bella come non mai, e finalmente gli applausi e le grida arrivarono. Era stata consacrata regina di Lyonesse e nessuno le avrebbe mai potuto strappare il suo trionfo.

Si accomodò sul suo scranno, nel posto d'onore dei reali, a fianco di Tristan e fu in quel momento che la vide: Catrina, inginocchiata ai suoi piedi, il cranio sfracassato. C'era solo lei, non più sua madre, nessuna traccia di Ivar. Solo Catrina, lo sguardo triste, malinconico. Eirlys continuò a fissarla, pallida, terrorizzata, mentre la corona diventava sempre più pesante, quasi insostenibile.

Poi qualcosa disturbò i festeggiamenti di quel momento. Eirlys alzò immediatamente lo sguardo, ancora sconvolta, in tempo per vedere un giovane cavaliere percorrere la navata e fermarsi di fronte al trono di Tristan.

<< Dobbiamo interrompere questi festeggiamenti, sire.>> esclamò con un tono di voce abbastanza alto da farsi sentire dai nobili accomodati dietri i troni. << Delle navi si avvicinano al porto di Scilly. Sono in assetto da guerra. Attraccheranno entro l'alba.>>

Eirlys spostò lo sguardo sul marito e lo vide impallidire.

Ecco la guerra che avrebbero dovuto affrontare. Quella sarebbe stata la vera guerra. Ad Eirlys Tristan non sembrava assolutamente pronto.


La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora