Capitolo 19: Un principe e la sua promessa

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Il rumore ritmico della sedia a dondolo era uno dei pochi che si diffondevano placidamente nella stanza illuminata fiocamente dalle braci ardenti del caminetto. Fuori il vento ululava, penetrando attraverso le crepe delle pareti, e i nuvoloni densi di pioggia si avvicinavano pericolosamente oscurando il debole sole invernale.

Eirlys, di nuovo bambina, piangeva sommessamente in un piccolo angolo dell'angusta stanzetta, il mento sporco di sottili rivoli di sangue, e le mani spettacolo del devastante potere della verga di sua madre.

Sua madre, Caitlin, che come se nulla fosse era tornata a sedere sulla sua sedia a dondolo a fissare il vuoto con i suoi occhi vacui. Caitlin che l'aveva picchiata per aver osato chiedere del cibo in più. Caitlin che continuava a trattarla più come un cagnolino da cui pretendeva obbedienza piuttosto che come sua figlia.

<< Devi obbedirmi!>> ringhiò a denti stretti dopo poco. << Devi imparare ad ascoltare me, e me soltanto. Se mi obbedirai otterrai tutto ciò che desideri.>>

Eirlys ripulì il sangue che, colando dal mento, aveva macchiato la povera tunica che indossava. Sentiva la rabbia montare nel cuore, aveva voglia di urlare e di piangere ma sapeva che sua madre non si sarebbe commossa. Anzi l'avrebbe picchiata ancora e ancora urlando che una principessa, una vera principessa, avrebbe incassato quei rimproveri e quei colpi senza dire una parola e senza versare una singola lacrima. Così rimase in silenzio, sentendo il sapore del suo sangue sulle labbra, mentre le ferite aperte sul palmo della mano continuavano a bruciare.

Sentiva la testa pesante, quasi come fosse un fardello eccessivo per il resto del suo corpo, e le sembrava di dondolare nell'aria fredda di quella stanzetta. Il dondolio della sedia di sua madre era l'unico rumore che riempiva quella stanza, un rumore sempre più forte, un rumore che sembrava avere la forza di trapanarle il cervello.

Poi delle voci. C'era sempre sua madre, c'era sempre quella dannata stanza, ma sembrava tutto più lontano. Le voci invece si avvicinavano.

Erano voci che Eirlys sapeva di conoscere ma che non era in grado di distinguere. Voci arrabbiate, voci sempre più pericolosamente vicine. Poi capì e la stanza scomparve.

<< Non dovete avvicinarvi a lei!>> era una delle voci del suo sogno e lei la riconosceva perfettamente.

Eirlys socchiuse le palpebre e la prima cosa che avvertì distintamente fu un lacerante dolore al basso ventre che si diffuse lungo le gambe e il petto. Trattenne il fiato per non urlare mentre l'onda di sofferenza le mozzava il respiro ma, per fortuna, si trattò solo di un attimo e la giovane riprese a respirare in maniera regolare.

Si girò su un fianco, incapace ancora di alzarsi seduta, e si rese conto di essere nel suo letto, nella sua stanza, e di indossare una camicia da notte che profumava di erba bagnata. La testa le doleva terribilmente, così come ogni altra singola parte del suo corpo, e si sentiva terribilmente indolenzita.

<< Non potete impedirmi di vederla!>> ancora una voce, una diversa, e anche questa Eirlys era perfettamente consapevole di conoscerla.

Le voci provenivano da fuori l'uscio di quella stanza, filtravano attraverso la porta chiusa e giungevano fino a lei stesa in quel letto.

Che cosa era successo? Perché era stesa in quel letto? Eirlys si sentiva disorientata, scoprì anche di essere affamata e di avere la gola secca.

Lentamente cercò di tirarsi seduta, combattendo contro il dolore che comportava ogni piccolo movimento, e versò in un piccolo boccale la birra calda contenuta in una caraffa vicino al suo letto. Bevve a piccoli sorsi, grata al liquido che sembrava lenire il dolore alla gola, e pian piano cominciò a ricordare.

La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora