33. Distruzione

1.7K 66 4
                                    

H A R R Y

I quattro giorni del cazzo più brutti in tutta la mia vita in assoluto: a letto, senza la vera forza di mangiare, bere o interagire con l'umanità, tipo mia sorella o Louis.
Più volte è venuto a casa mia, ha chiamato e messaggiato con l'intenzione di potersi scusare ma non ho voluto. La colpa non è sua, ne sono consapevole, perché Louis non mi avrebbe mai fatto tutto questo. Ma a chi poter dare la colpa di quello che è successo, se non a me? Anche se, pensandoci, non è nemmeno colpa mia: io non volevo tutto questo, non volevo niente di quello che sto passando.

Continuo a rimanere seduto sul mio divano in una tuta del cazzo, mentre il ghiaccio si scioglie tra l'alcol. Butto giù tutto ad un sorso, andando verso la porta, aprendola.

«Entra, forza, prima che cambi idea» mormoro, mettendomi da parte.

Gemma saetta dentro casa mia mentre io, più lentamente, mi dirigo di nuovo verso il divano.

«Cosa diamine ti è successo?» sbotta, incrociando le braccia.

«Niente, la vita» sospiro mentre riempio di nuovo il mio bicchiere.

Gemma ridacchia senza entusiasmo, «La vita non ti fa un occhio nero e un labbro spaccato, cazzo Harry» sbotta quasi urlando. «Hai lasciato che ti picchiasse?»

«Cosa dovevo fare?» domando alzando il tono della mia voce. «Ho fatto soffrire sua sorella, ovviamente non intenzionalmente, lo avrei fatto anch'io se si fosse trattato di te!» urlo, al limite.

«Ok, senti basta! Non ne posso più: alza il culo da quel cazzo di divano, lavati e vai a riprendere quella ragazza Harry» ordina, letteralmente, mentre io la guardo. «Parlerete, si sistemerà tutto. Non ti ho mai visto rinunciare a qualcosa che tu volessi, davvero, quindi non farlo ora»

Sospiro lasciando perdere le sue parole, che mi colpiscono anche de non lo ammetto, ma quando inizia a tirare il mio corpo per farmi alzare dal divano, sbuffo accontentandola.
Mi spinge verso il bagno, aprendo l'acqua al posto mio mentre inizio a spogliarmi. L'ultima cosa che sento, prima che si chiuda la porta dietro, è di darmi una mossa prima che mi colpisca sul mio culo pallido.

*

Due ore dopo, nella serata fresca, Gemma mi lascia davanti la porta di Louise, mentre mi spinge per scendere dalla sua macchina.
Per tutto il tragitto non ha fatto altro che tranquillizzarmi, o almeno ci ha provato, continuando a dire che io non avessi colpa di nulla. Ma sono stato io a lasciarla sola, a farmi abbindolare come un coglione per poter parlare e risolvere questa vecchia situazione. Avrei dovuto capirlo.

«Fin quando non suoni, non vado via»

Sbuffo suonando il campanello, girandomi e facendo un sorriso senza entusiasmo a mia sorella così che vada via, mentre tiro i miei capelli per l'ansia e la paura di un possibile rifiuto.
Quando la porta si apre, con la ragazza più bella al mondo dietro, il suo sorriso svanisce quando mi guarda. Rimango in silenzio, mentre lei mi osserva. Le lascio il tempo di scivolare con lo sguardo sul mio corpo, mentre il mio stomaco si contorce per le tante emozioni.
Le sue labbra screpolate, gli occhi spenti: non è la mia donna, ed è solo colpa mia.

«Harry»

Il mio nome che scivola tra le sue labbra mi fa quasi smettere di respirare, mentre io rimango fermo come un coglione, senza sapere cosa dire. Osservo la sua tuta grigia, la mia felpa nera Calvin Klein che copre quasi il suo corpo per intero. Quando lo nota, arrossisce un po' sospirando.

«Il tuo viso» sussurra con voce flebile mentre esce da casa sua e si avvicina. «Cosa hai fatto?» scatto indietro quando le sue dita toccano la mia mascella, come se mi bruciassi. Noto come il mio comportamento la brucia quasi, poiché rimane qualche secondo con la mano in aria, per poi abbassarla velocemente.

Poetry. » Harry Styles.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora