12. "Vediamo come va, ok?" & "Pizza e film?"

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Mentre aspetto seduta nella panchina, inizia a salirmi l'ansia. Una volta che lui sarà qui, cosa farò? Non avevo un diavolo di discorso pronto, non avevo l'intenzione di chiamarlo, e probabilmente non voleva farlo nemmeno lui perché, quando ha risposto, la sua voce era piena di sorpresa e anche imbarazzo direi.
Dopo avergli detto che mi piace e non essermi fatta sentire dopo, avrà pensato che fossi ubriaca e non ricordavo niente quando io invece ricordavo, ma credevo le stesse cose per lui. L'unica cosa che mi rimane da fare, è far finta di nulla, vedere cosa ricorda o non ricorda lui.

Quando ha risposto, ci siamo dati appuntamento alla panchina dove ci siamo visti la prima volta, così sono corsa via scusandomi con Sophie ma lasciandola con un sorriso dolce e dieci dollari tra le dita per il conto.

Sospiro, guardandomi intorno e, quando lo vedo, quasi mi si blocca il respiro e il cuore inizia a battere più veloce.

Le sue gambe sono avvolte in un jeans nero, ai piedi le converse bianche e una felpa verde che spicca da sotto il suo cappotto nero. Porta uno di quei beanie che tanto adoro come gli stanno, grigio.

Mi sorride da lontano, così mi alzo e gli cammino contro. Ci fermiamo, uno di fronte all'altro e sono costretta ad alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi brillanti.
Un sospiro tremante esce dalle mie labbra, creando uno sbuffo che si nota per via del freddo.

«Vieni» mi fa segno con la testa. «Fa freddo, in macchina si starà meglio»

Annuisco, camminando accanto a lui facendo sfiorare le nostre braccia. Le sue mani sono incastrate dentro le tasche dei jeans, cammina con lo sguardo basso e le labbra nascoste dietro il suo cappotto, ma si nota bene il rossore delle sue guance e del suo naso.
Sorride, così distolgo lo sguardo. Mi coglie sempre in flagrante, che cazzo.

Saliamo in macchina, così mette in moto e accende i riscaldamenti. Dio, grazie.
Subito mi riscaldo, strisciando anche la mani sui miei jeans.

«Dove andiamo?» domando, a bassa voce.

«In un bar qua vicino, ci lavora un amico. Almeno staremo al caldo»

Annuisco, e il tragitto dura appena cinque o sei minuti. Quando arriviamo, parcheggia e scende così lo seguo e ben presto siamo dentro il bar.

Il bar è anni 50, accogliente e soprattutto caldo per via delle stufe

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Il bar è anni 50, accogliente e soprattutto caldo per via delle stufe. Harry fa un cenno al ragazzone dietro il banco, per poi fare di nuovo segno verso un tavolo.
Poggia la sua mano sul fondo della mia schiena che, involontariamente giuro, sta quasi per bruciare. Mi spinge lentamente verso un tavolo all'angolo, così ci sediamo di fronte.
Do un'occhiata in giro, sfiorando con lo sguardo tante foto di persone che sono state lì, alcune anche in bianco e nero.

Mi distraggo quando Harry si chiarisce la voce, girandomi. «Perché mi hai chiamato?»

Lo guardo, non sapendo da dove iniziare, ma per fortuna arriva una ragazza che saluta Harry con un bacio sulla guancia. Cosa?! Non ho fortuna in niente.

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