4. Uraraka come life coach e possibile licenziamento.

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Oltre ad odiare gli ex odiavo anche gli aeroporti. Avevamo un problema di compatibilità.

Dopo una fila interminabile al check-in e una altrettanto lunga perché continuavo a suonare ai controlli, nonostante non fossi un terrorista (ovviamente) scoprimmo che il volo avrebbe subito un'ora di ritardo. Ma almeno Dio aveva inventato il duty free.

Dopo aver accompagnato Uraraka a provare tutta la collezione di trucchi di Marc Jacobs e a spendere quasi tutti i suoi soldi in profumi mignon, ci sedemmo ad uno dei tavolini al di fuori di un bar.

Ero al mio terzo caffè espresso, nel tentativo di svegliarmi. Non avevo chiuso occhio tutta la notte per riguardare il progetto pubblicitario della Sound&K.

Avevo caricato tutto il materiale su due chiavette, avevo controllato prima di uscire il tablet, telefonino e i rispettivi caricabatterie e impostato la sveglia sul cellulare alle quattro e mezzo del pomeriggio con ripetizione ogni cinque minuti.

Non dovevo fallire questo progetto.

La Sound&K era la più grossa casa discografica americana con filiali a Milano, Londra e infine la mia città natale, Tokyo. Ce la potevo fare.

Concentrazione, e-mail e culo salvo, continuavo a ripetermi.

«Non ci siamo, Izuku. Scusa se te lo dico, ma non sei sulla strada maestra.»

Sbadigliai, cercando di seguire la lezione comportamentale su come conquistare un uomo dal Vangelo secondo Uraraka. Erano mesi che ormai mi ripeteva che la mia vita non era perfetta ma insulsa, che avevo scarsa vita sociale mentre quella sentimentale era inesistente.

«Te lo dirò finché avrò voce: dentro di te c'è un lato playboy pronto ad esplodere.»

«Io, un playboy? Ma come potrebbe un gay passivo avere le parvenze di un playboy? Non voglio passare per uno che si inchiappetta la gente a caso solo per sembrare figo.»

«Non hai capito. Intendo che non vivi, ma sopravvivi. Ti fai solo sfiorare dalla vita e un giorno esploderai. Cazzo, Izuku! Non lo senti il tic tac?»

«Al momento sento solo il mio stomaco che brontola.» mandai giù un boccone e bevvi un sorso di caffè.

«Devi tirare fuori le palle, amico mio. Dobbiamo solo trovare un uomo giusto che sappia innescare il detonatore che è in te.»

Alzai gli occhi al cielo.

«Vuoi diventare come loro?» seguì il suo sguardo, fisso su una comitiva di preti seduti dietro di noi.

Mi schiarii la gola e lanciai un Mayday a Iida, intento a sfogliare le guide di Barcellona e fare l'orecchio sulle pagine dei monumenti da vedere. Non mi calcolò proprio, ormai abituato alle uscite di Uraraka.

Lei mi schioccò le dita davanti agli occhi per richiamare la mia attenzione. Si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia, inclinando la testa a destra e a sinistra. Mi stava studiando.

«Da quanto tempo non vai a letto con un uomo?»

Quasi mi strozzai con una goccia di cioccolato. Mi guardai a destra e a sinistra per accertarmi che nessuno stesse ascoltando e scivolai in basso sulla sedia, rosso dalla vergogna. «Uraraka! Vuoi far partecipe tutto l'aeroporto della mia vita sessuale? Perché ormai non prendi un microfono e non l'annunci con l'autoparlante?»

Afferrai un menu dal tavolo e feci finta di leggerlo. Lo sventolai per farmi aria e fu in quel momento che mi accorsi di un ragazzo che tavoli dietro di noi, con l'iPod acceso, Ray-Ban Wayfarer in testa e il volto sepolto in un libro.

out of my limits ✗ katsudekuWhere stories live. Discover now