Prologo

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Hanji's POV

Oh cazzo! Questa volta ho combinato un vero casino! Guardo il dormitorio ormai in pezzi mentre un immenso nodo mi stringe lo stomaco: a che conseguenze andrò incontro adesso? No Hanji, tranquilla. Cerco di appellarmi al mio invidiabile ottimismo. Il preside Smith capirà, sarà arrabbiato ma capirà. Infondo stavo lavorando per il suo club di scienze... Oh no! Mi ritirerà i fondi per il club! No, non può farlo: infondo è lui a gestirlo. Mi farò qualche settimana di sospensione, niente di più. Mi faccio coraggio e mi dirigo verso la scuola con gli oggetti che sono riuscita a salvare (qualche capo del mio non troppo vasto guardaroba e tutti i miei libri e quaderni), li deporrò da qualche parte e poi probabilmente verrò convocata in presidenza.

Poco più tardi, come immaginavo, cammino per l'ultimo piano dell'edificio scolastico attendendo che il preside mi faccia entrare.
A questo piano si trovano tutte le aule della segreteria, la sala professori e la macchinetta del caffè degli insegnanti. Mi capita spesso di aspettare qui, nel corridoio dalle pareti dalle tinte pastello davanti all'ufficio del preside Smith. Di cazzate ne combino parecchie, ma non abbastanza gravi da essere mandata qui... Il vero motivo delle mie presenze ai "piani alti" è che io sono... come dire? Una collaboratrice del preside Smith, oltre ad essere la presidentessa del club di scienze.
Spesso la bidella viene a chiamarmi in classe dicendo semplicemente <<Ti vuole Smith.>>. Questa cosa è parecchio fastidiosa, dato che per tutto il tragitto dalla mia aula all'ufficio ripercorro nella mente le ultime giornate in cerca della "marachella" che mi stavano per rimproverare; mentre invece si parlava sempre del "progetto". Ma questa volta so perché sono qui: ho distrutto il dormitorio delle ragazze e neppure la mia pseudo amicizia con il preside potrà salvarmi.

La porta dell'ufficio di Smith viene spalancata dall'interno da Jean Kirschstein e Eren Jaeger, due studenti del primo anno che passano le loro vite a litigare l'uno con l'altro. Il preside deve avergli fatto una lavata di capo per la rissa di ieri in corridoio e ora attendo la mia.
Entro nella stanza tremando e vengo accolta da un'uomo alto e biondo, sulla quarantina, seduto ad una grossa scrivania di ebano decorata da una targa in bronzo con incise le parole "Erwin Smith" "Preside".
Il suo volto è più scuro che mai e l'ufficio buio e le tende scarlatte che coprono le finestre non mi aiutano a sentirmi a mio agio.
<<Buongiorno...>> Saluto.
Lui mi indica la sedia davanti alla sua scrivania <<Siediti.>>
Io mi avvicino e mi siedo sulla sedia di velluto rosso, mentre mi torturo le dita per l'ansia.
<<Sai perché sei qui?>> chiede trattenendo la rabbia.
Certo che lo so: ho fatto esplodere il fottutissimo dormitorio! <<Si.>> sussurro semplicemente.
In un altro momento avrei fatto un po' di ironia ma non lo avevo mai visto così arrabbiato, anzi, di solito è veramente dolce e amichevole e nei cinque anni in cui abbiamo lavorato insieme eravamo diventati quasi amici, tanto che in privato ci davamo del tu.
<<Come è successo?>> chiede.
<<Stavo lavorando al "progetto".>> rispondo, per poi spiegargli brevemente ciò che era accaduto.
<<In teoria dovrei sospenderti, o espellerti.>> Il mio sguardo si sposta tra i suoi occhi azzurri e le affascinanti intarsiature della scrivania, molto ricercata probabilmente.
<<Ma così si verrebbe a sapere del "progetto". Dunque potrei escluderti da esso...>>
No. Questo no. Tutto ma non questo. La ricerca è la mia vita. <<No Erwin, per favore... ho bisogno di quel progetto...>> accenno. I miei occhi brillano, sono disposta a mettermi contro chiunque per il "progetto". Il "progetto" è l'unico modo in cui la mia fame di conoscenza può essere saziata.
<<Ma d'altra parte sei l'elemento migliore del team e non posso fare a meno di te.>> Tiro un sospiro di sollievo: sembra che non dovrò rischiare la vita.
<<Quindi?>> sussurro con il cuore in gola. Se non verrò espulsa ne irradiata dal mio club di scienze, cosa mi succederà?
<<Quindi niente. Fai un'altra cazzata simile e sei fuori.>> cosa? <<Ora vai. E naturalmente questa conversazione non è mai avvenuta.>> mi congeda.
<<Io non- Grazie.... Mi dispiace....>> balbetto ed esco fuori dall'ufficio.

Inizio a correre, incurante della bidella che urla e dei prof che salutano. Scendo la scale in fretta, corro verso la porta e la spalanco. Finalmente un po' di aria fresca. Raggiungo il mio albero preferito, quello dove mi siedo di solito a leggere, e vi appoggio la testa. Faccio un respiro e inizio a ridere.
Rido come un psicopatica.
Rido fino alle lacrime.
Rido per il sollievo.
Rido perché ho temuto il peggio ma me la sono cavata con nulla.
Ridere è la mia medicina per tutto.
Ridere scaccia via i problemi.
Ridere mi aiuta a non avere paura.
È orario di lezione, dunque un solo studente oltre a me è in giardino. Il ragazzo mi vede e mi guarda spaventato, continuando a camminare. Deve aver visto la luce malata che prendono a volte i miei occhi. Non mi curo di lui. Mi siedo e resto in giardino fino all'ora di pranzo. Ho bisogno di respirare un poco.

Convivenza obbligatoria - Levihan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora