Capitolo2

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Camila's pov

Osservo la figura di Cheyenne allontanarsi e studio i suoi movimenti mentre recupera la sua roba, ma distolgo lo sguardo da lei quando noto che sta per girarsi verso di me. Ho il sospetto che mi stia studiando anche lei. Faccio finta di nulla e torno a insegnare qualcosa a mia sorella Sofia.
Ero una delle più forti al liceo, abbiamo vinto diversi campionati. Vinsi anche una borsa di studio, ma poi il futuro mi ha riservato qualcosa di diverso, dopo il college infatti ho deciso di abbandonare il basket e dedicarmi alla mente umana.
Sono innamorata della psicologia, mi piace studiare le persone e dedicarmi ai miei pazienti. Vorrei aiutare più gente possibile, non solo per lavoro ma anche umanamente. Non è una sindrome da crocerossina, c'è una spiegazione, ma non sono cose che mi piace ricordare. Anche dal male esce qualcosa di buono e questa ne è la prova.

«Ti vedo distratta» osserva Sofia «Da quando se n'è andata quella ragazza»
«Ehm sì» scuoto la testa «L'ho vista questa mattina a scuola, è nuova in città»
Sofia mi ripassa la palla e mi guarda stranita.
«E allora? Quante persone nuove vengono a Miami da sempre»
Scuoto la testa, come per dire "lasciami perdere".
Sono distratta è vero. Ma sono distratta perché oggi ho avuto un flash, scontrandomi contro di lei in corridoio. Quei modi, quella camminata, i suoi capelli neri... mi ha fatto tornare in mente una persona. Sembrava di aver visto in fantasma o il fantasma dei miei ricordi.

Quel fantasma mi ha tormentata tutta la notte.
Mi sono regalata qualche bicchiere di vino per provare a dimenticare o stordirmi, ma non è servito a niente, perché il giorno dopo mi imbatto nuovamente in lei.
Prima di andare a scuola ho avuto la malsana idea di recarmi al campo di basket, non avrei mai immaginato che ci fosse lei.
Mentre cerco parcheggio sento il rumore della palla che ribalza a terra e le scarpe che strisciano. Mi affaccio dal finestrino e trovo lei in pantaloncini e reggiseno sportivo.
Entro in campo palleggiando, provo a chiamarla ma inizialmente non mi sente, ha le cuffie a tutto volume. Le poggio una mano sulla spalla e si gira spaventata nella mia direzione.
«Oddio!» esclama spaventata
«Disculpa» rido «Non volevo»
«Evidentemente dobbiamo incontrarci spaventandoci a vicenda» fa riferimento al giorno prima quando ci siamo scontrate
Si toglie le cuffie, le ripone nella custodia e mi dà tutte le sue attenzioni, prendendosi nel frattempo anche una pausa per bere.
«Vedo che abbiamo avuto la stessa idea» commento
Ha il fisico scolpito, deve essere per forza un'atleta, non è solo un hobby.
«Ehm sì, mi sto allenando perché vorrei tornare in campo. Non so, non sono molto sicura, ma avere una borsa di studio non mi dispiacerebbe»
Annuisco compiaciuta.
«Mi ricordi me alla tua età, pensa presi anche la borsa di studio per il basket»
«E poi perché si è dedicata alla psicologia?»
Non rispondo subito. Mi soffermo ad osservare i suoi movimenti mentre prende la palla e fa un tiro da tre punti. Poi si volta nuovamente per cercare il mio sguardo.
«Sai, non lo so»
In questo momento sono rapita da lei, ipnotizzata dai lei e i ricordi.
«Beh, mi aspettavo qualcosa di più di un semplice non lo so da una dottoressa» ridacchia
«Dammi del tu»
Aggrotta le sopracciglia, guarda il canestro e poi guarda me.
«Solo se facciamo uno contro uno»

Accetto la sfida e giochiamo con la sua palla.
Mi dà del filo da torcere, soprattutto quando stoppa i miei tiri, ma non sono troppo arrugginita, riesco a portare a casa qualche punto.
Vedo l'eccitazione nei suoi occhi mentre vola a canestro. È abbastanza alta da arrivare a toccare il ferro saltando ed è anche abbastanza veloce. Un talento sprecato se pensa di non voler più giocare.
«Basta, una tregua» le dico col fiatone «Sei molto in forma»
«O forse sono più giovane» ride «12 a 8 non è male»
«Solo quattro punti scarto» annuisco «Ad ogni modo sei bravissima!» mi complimento «Devi assolutamente giocare, sei completamente innamorata, si vede il fuoco»
Si siede a terra e lo stesso io. Abbiamo assolutamente bisogno di una pausa. Non mi sono neanche riscaldata prima di questa piccola partitella, infatti ho i muscoli abbastanza indolenziti ora.
«Quando ero ad Havana giocavo nella squadra della scuola ed è quello era il mio posto sicuro» ammette «Ora non so più cos'è sicuro»
«Perchè ti sei trasferita?»
Un attimo di silenzio. Si passa la palla tra le mani e la stringe a sè prima di voltarsi e mostrarmi i suoi occhi verdi tristi.
«Mia madre voleva tornare nella sua città, cioè mia madre è cubana ma è cresciuta qui» annuisce «Mio padre, cioè il suo compagno» si corregge «È morto, ma lei non ne sembrava troppo triste. Ad ogni modo siamo qui per suo volere dopo la morte del compagno ed io non lo so, mi sento spaesata e sola. Devo trovare il mio senso di appartenenza e capire chi sono»
Parla come lei. Non posso fare a meno di ascoltare Cheyenne, perchè mi sembra di ascoltare lei. Quel fantasma.
«Io teoricamente non sono tua docente e abbiamo il basket in comune e siamo entrambe cubane, hai già trovato qualcuno con cui condividere qualcosa al di fuori di quelle mura che siano casa tua o la scuola. Quando vuoi cercarmi»
Il mio sorriso non viene ricambiato.
«Devo dirti una cosa» si morde il labbro «Io penso di conoscerti, da tanto tempo»
Aspetto lei continui il discorso per cercare di capire dove voglia arrivare.
«Mi ricordi qualcuno Camila e voglio conoscerti, perché sento di avere qualcosa con te, qualcosa che ci lega e lo sento da quando ci siamo scontrate ieri mattina»
La guardo meravigliata, non mi aspettavo una reazione simile.

Cheyenne ||CAMREN|| (rivista)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora