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me: capitolo super bomba, ciaooooo.

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HARRY'S P.O.V. 

Il ritorno a casa è estremamente silenzioso; è facile capire che Rae abbia pianto e non poco, ma non voglio disturbarla adesso, so che non parlerebbe. Non capisco cosa le sia preso stamattina considerando il nostro risveglio, ma questa sarà un'ulteriore cosa che le chiederò.

Parcheggio proprio davanti casa e in silenzio ci avviamo al portone. Una volta entrati in casa Rae si dirige su per le scale, probabilmente diretta in bagno a cambiarsi, considerando che non abbiamo lezioni nel pomeriggio.

Mi disfo di scarpe, jeans e camicia indossando una felpa grigia, un paio di pantaloni di tuta nera abbastanza comodi e poi mi distendo sul divano. Rae scende un paio di minuti dopo con – imbarazzante da dire – il mio stesso completo, tranne che per i leggins al posto della tuta.

"Hai fame?" le chiedo. "No, grazie." risponde prendendo posto sulla poltrona. "Mi dici perché hai pianto, allora?" mi metto seduto. "Non ho pianto." ribatte. "Rae, se vuoi dirmi stronzate okay, ma non mentirmi su una cosa del genere visto che i tuoi occhi dicono altro. Sono gonfi e rossi." le faccio notare. "Allora non chiedermelo se lo sai già." sospira stanca. "Dimmi perché hai pianto." spengo la tv. "Stavo guardando..." borbotta. "Basta stronzate." l'avverto. "Ho ricevuto un altro messaggio. Devo ritornarmene a casa mia, Harry." non mi guarda nemmeno negli occhi. "Che stai dicendo?" lei non parla, mi cede il cellulare facendomi leggere il messaggio ricevuto.

"No, non esiste che tu te ne vada." "Ha già fatto irruzione qui dentro, Harry. Cosa deve succedere affinché ti faccia capire che è pericoloso starmi accanto? Vuole isolarmi da tutti e adesso tocca a te." parla tremante. "Ho detto di no." "Harry, non ha nemmeno senso per me stare qui infondo. Io non so se riesco ad andare avanti con... qualsiasi cosa essa sia tra di noi. Sono già stressata a causa di questa persona, non voglio peggiorare la situazione dovendomi preoccupare pure di- di questa cosa e di te in generale." dice faticando a guardarmi negli occhi.

"Chissà perché è sempre così." sbuffo una risata per niente divertita. "Che?" mi guarda confusa. "Voi ragazze avete sempre l'abitudine di uscirvene belle pulite, infondo siamo sempre noi che sbagliamo, no? 'Forse è meglio che ci lasciamo, non voglio farti soffrire.' o 'Non voglio che tu ti faccia del male, sono io quella sbagliata tra i due. Non può funzionare.'" mi altero. "Mai una cazzo di volta che mi senta dire: 'vale la pena stare al tuo fianco.' o 'Lo so che mi farai soffrire, ma voglio starti accanto.' mai." scuoto il capo.

"Se ti dicessi una cosa del genere mi cacceresti, Harry." mi guarda stizzita. "Non è così! Tu non lo sai! Non ci hai neanche provato!" "Ah, no?!" si alza in piedi. "Cosa credi che io abbia fatto in questi mesi, eh?! Tralasciando la mia stronzata iniziale, ti sono stata accanto, ho cercato di parlarti, farti aprire e tu mi hai sempre respinta – urla adesso – sono persino venuta a letto con te, maledizione! Questo non ti fa capire niente, genio?! L'unico motivo per cui ho detto quella cosa prima è che a differenza di chiunque altro, ci tengo fottutamente troppo a te e non voglio che tu ti ferisca ulteriormente!" Rae mi guarda infuriata per poi salire la scale in fretta e sbattere la porta della mia camera.

Passano due ore piene prima che io possa decidermi a salire le scale ed entrare in camera mia: Rae è stesa di spalle, ha gli occhi chiusi e il respiro leggero segno che ad un certo punto deve essersi addormentata.

Prendo posto al suo fianco per poi accarezzare i suoi capelli leggermente: è una delle ragazze più belle che io abbia mai visto.

Il mio tocco la fa muovere leggermente fino a quando non si sveglia del tutto. Sussulta non appena si accorge della mia presenza ma non dice nulla. "Non è mai facile per me parlare della mia famiglia, soprattutto quando sono la mia intera vita." mormoro giocando con una ciocca dei suoi capelli. "Harry, non devi-" "Voglio." la fermo.

"Noi eravamo la classica famiglia felice: io e mio padre andavamo spesso allo stadio e Gemma e mia madre passavano giornate intere a cucinare. Una domenica sera ricordo che andò via la luce, ma ritornò dopo poco, ovviamente sono cose che capitano nella vita quotidiana, non ci preoccupammo minimamente. Mia sorella quella sera era in camera sua e i miei genitori erano già a dormire, io stavo finendo di preparare alcuni muffin che avrei dovuto portare alla nostra vicina. Ai tempi avevo sedici anni, ero un ragazzino abbastanza spensierato e non mi facevo nessun problema, figurati se mi andavo a preoccupare della luce... ad ogni modo, ricordo che accadde tutto davvero molto in fretta: ci fu un corto circuito che portò ad un incendio vero e proprio. Da una normale sera d'estate mi ero ritrovato all'inferno dopo pochi secondi. Mi ricordo che c'erano fiamme fin troppo alte e l'unico modo che avevo di uscire era la porta. Non avevo possibilità di andare al piano di sopra, così sono uscito fuori e ho visto mia sorella sul balcone, aveva le cuffie e non mi sentiva, solo dopo alcuni minuti sono riuscita a farla saltare di sotto. Quando ho provato a rientrare in casa non c'era più niente da fare: il piano superiore era inaccessibile e se anche avessero voluto salvarsi, non ce l'avrebbero fatta a causa del troppo fumo." fisso un punto indefinito della coperta mentre riesco ancora a sentire le urla di mia sorella.

Rae si solleva, piccole lacrime bagnano il suo volto mentre mi attira tra le sue braccia. "Non credere che questa sia in alcun modo colpa tua, tu hai fatto il possibile e se non fossi uscito fuori ad avvisare tua sorella, è probabile che avresti perso pure lei. Mi dispiace." tira su col naso. "Non piangere." mormoro, accarezzando il suo viso. "Mi dispiace – ripete – non è facile convivere con questa cosa." "Si va avanti." "Ti ha reso ciò che sei, Harry. Se tu- se sei così chiuso è perché non vuoi ferirti di nuovo." singhiozza.

A questo punto, non collego nemmeno la mia bocca al mio cervello.

"Per te, posso provare. Posso provare a darti di più." la guardo attentamente. "Non sai quello che dici..." rimane leggermente interdetta. "Invece lo so e se te lo sto dicendo è perché lo penso sul serio." la guardo, scacciando via alcune lacrime. "Ma... ne sei davvero sicuro?" chiede avvicinandosi. "Hm-hm." un piccolo sorriso imbarazzato si apre sul suo volto facendo sorridere anche me, prima di attirarla più vicina così da poterla baciare.

Strange || H.S. || A.U.Where stories live. Discover now