#5 Goodbye Spark!

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[14.06.2013 – 11:48]

Qualcosa, nei sensi di Giò, non funzionò per il verso giusto. Se la causa era la sua recente sbronza, non lo sapeva. Si ritrovò comunque sbilanciato, proprio nel momento in cui spiccava il balzo. Mise male la gamba di appoggio, sporse in avanti l’altra e capì subito che lo slancio non sarebbe stato sufficiente. Guardò in basso, mentre volava, e sorrise.

Almeno, non sbatterò contro nulla.

Al contrario: fracassò duramente la tibia contro lo spigolo di fronte. Imprecò. Una mano lo afferrò sotto il braccio, tirandolo verso l’alto. Lui e il direttore rotolarono sulle mattonelle. Quando finalmente si fermarono, Giò notò che l’ometto ansimava per lo sforzo. Sudava molto, anche: la cosa gli fece abbastanza schifo.

«Per un attimo», riprese fiato il direttore, «ho creduto che volesse finire di sotto. Dalla sua espressione mentre…»

Giò si toccò la gamba: gli faceva un male fottuto. Sotto di loro, Spark continuava a latrare.

«Grazie, direttore». Poi, lesse meglio la targhetta sulla sua camicia. «Grazie, Capelli».

Un scintilla illuminò il viso dell’ometto.

«Prego», balbettò. «Aiutiamo l’altro signore, ok?»

Martinelli, già. Se n’era quasi dimenticato. Si sporse oltre il ciglio del portico.

«Martinelli! Come va con quei lenzuoli?»

«Un attimo, santo cielo! Ne ho legati appena due!»

«Faccia in fretta, allora!»

«Che ne dice se fissiamo i lenzuoli a quella colonna per biciclette, lassù?», suggerì Capelli.

Giò guardò verso l’alto: l’oggetto in ferro battuto era saldamente ancorato ad un angolo dell’edificio.

«No, non ci arriveremo mai. Useremo un pilastro, d’accordo?». Poi, rivolto in basso: «Martinelli!»

Non ci fu alcuna risposta. Solo Spark.

«Martinelli!», esordì il direttore.

«Eccomi!». L’uomo fece finalmente capolino dalla finestra: reggeva in mano un groviglio di stoffa bianca. «Spero sia sufficiente», aggiunse.

Lo sperava anche Giò. Martinelli lanciò un capo verso di loro, al quale aveva fatto un nodo per aumentarne il peso. Lo afferrarono al primo colpo.

«Quanti ne ha legati?», gli chiese Giò.

«Quattro!»

«Cominci a stringerlo sul pilastro», disse a Capelli. Poi: «Dovrebbero bastare, se lo allacci intorno alla vita! Quando è pronto, iniziamo a tirarla su!»

Gli ci volle meno di un minuto.

«Da questa parte, il nodo reggerà», constatò Capelli. «Me la cavavo da piccolo coi nodi, sa? Ero negli scout».

Bravo lupetto, pensò Giò.

«Pronto a tirare?», rispose invece. «Martinelli, cerchi degli appigli mentre sale!»

Cominciarono a issarlo. Martinelli scalciava qua e là, sembrava indemoniato.

«Non si agiti come un pendolo, Cristo!», lo ammonì Giò.

«Scusate, ma non è per niente facile!»

Qualcosa si lacerò. Il rumore fu fortissimo.

«Dio mio, cos’è stato?!», miagolò Capelli.

Giò sentì qualcosa di caldo colargli giù per la gamba.

«I miei pantaloni. Gliene compro un paio nuovo, Capelli: taglia 42, Levis. Ne avete?»

«Mi spiace». Il volto del direttore riprese colore. «Non teniamo indumenti nel supermercato».

«Scherzavo, stia tranquillo», sospirò Giò.

«Ho sentito un rumoraccio!», starnazzò Martinelli, da sotto.

«Si calmi, non è niente! E per Dio: la smetta di dondolare come una campana!»

Giò guardò i propri pantaloni: si erano squarciati all’altezza del culo. E a giudicare dal sangue che colava, anche la sua carne. La ferita di stanotte: il lampadario.

Quando Martinelli giunse a tiro, il direttore lo afferrò per un braccio. Lo caricarono sul ciglio assieme a loro, e Giò constatò che anche lui sudava come una fontana. Respira come se avesse appena corso una mezza maratona.

A parte quello, nell’aria non volava più nemmeno una mosca.

«Lo sentite anche voi?», chiese Capelli.

«Che cosa?», fece eco l’altro. Martinelli era ancora esausto per lo sforzo.

Se n’è accorto anche il direttore.

Giò avanzò di qualche passo, sporgendosi oltre il vuoto.

«È ancora qui», rassicurò gli altri. «Sparky, ehi bello!»

Poi, si accorse che qualcosa non andava: vedeva solo la schiena dell’animale, ma si capiva subito che era parecchio agitato. Come se stesse lavorando su qualcosa. Qualcosa tipo… cibo. E dove cazzo l’ha trovato, del cibo?!

«Un attimo», disse, sporgendosi maggiormente.

All’improvviso, comprese: Spark era troppo grande. Anche il colore del suo pelo sembrava diverso. Era nero, non quel marrone lì. E non così ispido.

«Spark! Ehi, Sparky!», abbaiò Giò. «Fammi vedere. Cosa cazzo stai mangiando?»

Infine, ecco Spark. Il vero Spark, questa volta. O almeno, la parte di lui che penzolava dalla bocca della bestia. Il ringhio dell’abominio tagliò l’aria: sordo, cupo, intimidatorio. Giò guardò i suoi occhi: un giallo innaturale, da fiaba dell’orrore. Quello girò il muso. Tese le orecchie. Saltò. Con una grazia che mai gli avrebbe creduto possibile, atterrò sul balcone più in là. Un altro balzo, poi un’altro ancora. Sparito.

«Cos’era quel rumore?», chiese Martinelli. Poi, vide l’espressione di Giò, e si bloccò.

«Dentro. Nel supermercato. Ora.»

Inversione [ DA REVISIONARE ]Where stories live. Discover now