#4 Dumbo

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[21.02.2011 – 12:02]

Quattro, cinque, sei…

Il cielo si avvicinava inesorabilmente, ci stava finendo dentro. In realtà, ci stavano finendo dentro tutti.

«Smettila di fare il bambino», sorrise Cecilia.

La sua mano si posò su quella di Giò, bacchettandolo con affetto.

«Quanto ci mette ad assestarsi, questo bestione?!»

La brusca sterzata del pilota lo zittì, tappandogli le orecchie e cacciandogli il cuore giù in fondo, fin dentro l’intestino.

Il vecchio seduto vicino al finestrino si sporse in avanti, guardandolo con la classica espressione da “io ne ho viste di tutti i colori, figliolo, ma tu…”.

«Fa sempre così, non si preoccupi», si sentì in dovere di precisare Cecilia.

Giò, invece, gli lanciò una delle sue occhiatacce migliori. Il vecchio tornò a cuccia sul suo sedile.

«Dai!», protestò lei, sottovoce. Ma il suo divertimento era evidente.

«Ci manca anche un cazzo di anz…»

L’aereo s’inclinò pericolosamente. Il pilota, secondo Giò, aveva la mano un po’ troppo pesante.

[21.02.2011 – 14:16]

Otto ore più tardi, ora locale, si trovavano ai bordi della metropolitana con in mano i propri bagagli. Due cartelli azzurri dall’altra parte dei binari indicavano “Manhattan” (a sinistra) e “Far Rockaway” (destra). Passando, il convoglio alzò da terra un vento insolitamente caldo. Il frastuono coprì le parole di Cecilia.

«… ando?»

Il pomeriggio era grigio, ma un raggio fuggiasco di sole le illuminò il viso in quell’esatto istante. Il vento artificiale danzava assieme ai suoi capelli castani, strapazzandoli a suo piacimento. Giò sorrise. Lo fece anche lei. “Mi stai prendendo in giro?”, sembrava dire la sua espressione.

«Mi stai ascoltando, o no?», disse invece.

Lui guardò i passeggeri farsi da parte per far scendere quelli dentro alla metropolitana. Era la fermata dell’aeroporto, e tutti portavano almeno un bagaglio con loro. Pensò che “Far Rockaway” era proprio un nome suggestivo. Da romanzo.

«Giò, dobbiamo sbrigarci: voglio mettere giù le valige in fretta e andare dritti a Dumbo. Non vorrai perderti il tuo primo tramonto newyorkese, no?»

«Tutto quello che vuoi, amore mio!» la canzonò lui.

Cecilia scosse la testa. Iniziò a trascinare il suo trolley sulla pedana metallica.

[21.02.2011 – 16:34]

Che fossero due novelli sposini, l’avevano notato tutti. Lui sorrideva, tenendo stretta la macchina fotografica (forse un po’ troppo grande per essere sorretta con una mano sola) e cercando di indovinare l’inquadratura. Scattavano, controllavano assieme il display, scuotevano la testa e tornavano a ridere. La scena si ripeteva così, da circa dieci minuti.

«Perché io e te non siamo come quella coppia lì?», chiese Giò.

«Quale coppia? Ci sono solo coppie, qui», rispose distrattamente Cecilia. Stava fissando gli enormi edifici che si ergevano a meno di un chilometro di distanza.

«Quei due lì, con la macchina fotografica. Sembrano divertirsi»

. Tirò un’altra sorsata di cioccolata calda dalla sua tazza di carta griffata “Jacques Torres”. «Ok, hai ragione: qui tutti hanno anche una macchina fotografica».

«Guarda che ho capito», rispose Cecilia, aggiustandosi la cuffia sulla fronte. «Vorresti davvero che fossimo come loro?» Il freddo le aveva acceso di rosso il naso e le guance, spargendo qua e là il suo fiato in riccioli di candido fumo.

«No, hai ragione: non ci amiamo così tanto, noi.»

Aveva lanciato quella provocazione e ora Cecilia sembrava aver accusato il colpo. I suoi occhi si erano mossi impercettibilmente, ma lo sguardo era rimasto fisso sull’orizzonte.

«Non pensi che sarebbe magnifico, vivere in mezzo al cielo? Tutto il giorno. Tutta la notte.»

Capì a cosa si riferiva: gli edifici si stagliavano scuri contro la volta fosforescente, grigia e arancione. In quel momento, sembravano gigantesche sentinelle nere alle spalle di un maestoso incendio.

«Assolutamente no.»

Il braccio di Giò si mosse veloce. Cecilia non oppose resistenza. La trascinò per i fianchi, giù, sopra di lui. Immaginava che un tocco di rude mascolinità, ogni tanto, non le desse per nulla fastidio.

«Catturata», disse Giò.

Cecilia sorrise.

«Sì. Hai lanciato la tua esca, due anni fa. E mi hai presa.»

«La mia esca?»

«Già. Proprio come quel pescatore, laggiù.»

Guardò il punto in cui indicava: un vecchio barbone era fermo sulla riva e aveva in mano un bastone a cui era appeso un filo. La lenza finiva dritta nell’acqua, un miscuglio verde e nero. Poi Cecilia gli saltò addosso, togliendogli il respiro con un bacio. Le sue labbra erano fredde, la lingua un confetto dolce e umido.

«La vera domanda é», disse lui, riprendendo fiato, «cosa tirerà mai fuori da quel sozzo fiume?»

«Poetico, come sempre.»

Ci fu qualche attimo di silenzio. Giò stava per correggersi, quando vide le labbra di lei incresparsi leggermente. Scoppiarono a ridere.

La coppia di sposini si girò verso di loro. Sembravano incuriositi.

Inversione [ DA REVISIONARE ]Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin