VIII

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«Micky io oggi salto la serata karaoke, non ce la faccio a stare nella stessa stanza con Max però devo vederti per raccontarti una cosa.» Scrivo sul telefono.

Spero che in questo momento Michela stia con Leo, il suo fidanzato, piuttosto che con Max che sta sempre a sbirciare tutto quello che riguarda la sorella. Mi risponde subito dicendo che posso passare a casa sua anche adesso.

È assurdo mi sta salendo l'ansia mentre salgo le scale per andare da Micky, avrei preso l'ascensore ma mi serviva più tempo. Non voglio proprio incontrare suo fratello. Non lo voglio, non so come reagirei. O lo prenderei a schiaffi come nel mio sogno o più probabilmente scapperei e mi allontanerei anche dalla mia migliore amica. Cristo che nervi.

Appena arrivo al pianerottolo la prima persona che spero di vedere è Massimo, mi manca tanto, ma giustamente incontro Michela e l'abbraccio così forte che mi vengono gli occhi lucidi. Mi riprendo, mi riprendo subito. Né io né Michela sfioriamo l'argomento "scherzo" ed è meglio così perché voglio essere felice di una persona che è appena entrata nella mia vita come se in realtà ci fossimo ritrovati da un giorno all'altro.

«Stasera ci vediamo.» Dico alla mia amica seduta con me su una sdraio a guardare gli alberi che ci dividono dai palazzi dell'altra parte della strada.

«Proprio stasera che facciamo il karaoke...» Si gira a guardarmi con occhi che chiedono che sta succedendo.

«Sì Micky, è più forte di me, non ho intenzione di passare la serata incazzata per colpa di quel cretino di tuo fratello.» Dico decisa poi mi scuso con lei per le brutte parole con cui definisco Max nell'ultima settimana.

«No figurati, a me dispiace per questa situazione, non so neanche come mediare tra voi.» Alzo le spalle con aria sconsolata.

«Io forse ho iniziato la guerra ma è lui che l'ha istigata e se non riesce a trovare una ragione per fare un passo indietro nemmeno io posso trovarla.» Le confesso.

«Non mi vuole spiegare niente, ti giuro ci ho provato!» Afferma ed io sorrido portandole un braccio attorno le spalle.

«Dai non preoccuparti.»

Rimaniamo accoccolate in balia di sensazioni che non avevamo mai provato nei confronti dell'altra, il vento che ci confonde i capelli e sì, è proprio amarezza quella che sento in bocca.

Sola in casa, mi guardo intorno, mi preparo per stasera, il trucco perfetto, il vestito impeccabile. I miei genitori hanno portato Tesla con loro, a cena dagli zii, così passa il tempo con il loro gatto. Perfino Tesla ha un migliore amico e io il mio? Dove l'ho lasciato? O meglio, dov'è voluto rimanere?

Alle sette metto in moto la macchina. Ingrano la retromarcia ma prima di spingere l'acceleratore vedo Max davanti al suo portone, dove mia mamma aveva parcheggiato. Lo vedo parlare al telefono tutto concentrato, non riesco a sentire o a vedere il labiale. Il cuore mi batte veloce. In un attimo potrei fare mille cose, scendere dall'auto e andare da lui, iniziare la retromarcia e andare via da qui. Chiamarlo e chiedergli di stare da soli questa sera. Solo io e lui come quei dieci minuti la prima volta. Stare abbracciati per ore su un muretto in un angolo della città nel buio della nostra notte, a cantare a squarciagola e a sentirsi senza catene per liberare il nostro bisogno di viverci. Stare insieme, io e lui che invece ridacchia come un ragazzino con non so chi e si è scordato di me.

Spengo la musica che mi ha accompagnato fino in caserma. Alle otto in punto vedo Michele uscire da un cancello e venire verso di me.

Stringo la gonna rossa tra le dita e appena arriva lo saluto con un bacio sulla guancia.

«Ciao» Mi dice con il suo sorriso. Ragazzi mi si stringe il cuore che quasi non lo sento pulsare ma credo di essere ancora viva.

«Ciao» Rispondo con la mia voce minuta.

«Grazie per essere venuta a prendermi, uscendo adesso avrei impiegato troppo tempo per raggiungerti e la nostra serata sarebbe stata troppo breve.» Parole inaspettate come la sua cortese attenzione di aprirmi la portiera.

«Scusami» Aggiunge di nuovo osservandomi guidare. «Anche per essere andati via così in fretta da lì ma i ragazzi di guardia non si fanno mai gli affari loro»

«Non preoccuparti, mi piacciono le persone discrete». Mi piace chi sa vivere la propria vita senza la volontà di farsi intralciare.

«Ti sei sorbito tutto un cd di Cristina D'Avena senza batter ciglio, o ti sei armato di santa pazienza oppure piace troppo anche a te»

«Mi sono armato di santa pazienza.» Dice lui sorseggiando il suo drink mentre io finisco il mio.

«Armato di santa pazienza... Oddio che battuta strana! Scusami...» Mi mordo le labbra come imbarazzata e guardo Michele ridere e poi tossire per un sorso andatogli di traverso.

«Comunque piace anche a me, ha fatto parte anche della mia infanzia, assolutamente» Dice appena si riprende.

«Allora sono capitata bene stasera» Sento la mia faccia storcersi in un ammiccante sorriso, le spalle stringersi in una contentezza spontaneamente incontrollata.

«Sì, direi proprio di sì» Sorride, sorride sempre, cioè è sereno ma ha quel sorriso che sembra volerti parlare e io lo voglio, lo voglio davvero sentire.

«Stasera le avrei cantate tutte...» Me ne esco io. Così, facendo affiorare un pensiero che arriva come uno schiaffo e quando me ne accorgo stringo le labbra per zittirmi ma è troppo tardi porca troia.

«Cioè?» Chiede lui e non riesco a far finta di niente, no non ci riesco stasera.

«No niente di che, di solito il sabato sera lo passo con i miei amici a fare il karaoke, le canzoni di Cristina ci piacciono tanto e facciamo a gara a chi riesce a stonare di più nonostante siano canzoni semplici»

«Bello!! E scusa perché sei voluta uscire con me? Potevamo fare un'altra sera» Ma cosa stai dicendo?

«No! Per niente! Ho detto loro che avevo un incontro più importante» Con qualcuno più importante di quello che non si è rivelato Max. Infilo un burrito tra i denti e il mio stesso respiro m'incipria il naso con lo zucchero a velo.

«Aspetta ti aiuto!» Michele prende un tovagliolo e me lo passa sulla punta del naso poi però si accorge di non aver levato completamente lo zucchero e si aiuta finendo di toglierlo con il pollice. Le luci a intermittenza che seguono il ritmo della musica mi lasciano intravedere lo sguardo verde smeraldo che mi osserva curioso, l'interesse sembra la sua missione. Così in pochi secondi ho voglia di far succedere l'impensabile ma allo stesso momento non riesco a muovermi e alla fine ci sono mani che mi sfiorano i fianchi, li accarezzano, li lasciano andare, li sfiorano di nuovo come le sue labbra mi sfiorano le guance, la punta pulita del naso. Una ciocca di capelli mi scende lungo il viso e si ferma sul suo, sento il respiro scorrere nelle narici carico di un'emozione forse troppo precipitosa, ancora non molto chiara da realizzare, scivola sulla mia pelle tentando come di avvertirmi che non è quello che sta per succedere, risvegliandomi inerme di fronte un uomo che non mi fa capire cosa in realtà deve accadere.

Mi ha dato una carezza prima di riprendere la macchina, riportarlo in caserma a mezzanotte come nella mia favola più bella. Una semplice carezza e un bacio sulla guancia e l'ho visto rientrare. Anche stanotte non riesco a dormire. Mi addormenterò stremata verso l'alba ma per adesso mi voglio solo godere questa sensazione, ricordare la sua voce, tutte le sue parole, ogni cosa che sembrava pensare con quei suoi occhi da imprimere su un foglio se solo avessi in mano una matita del loro esatto colore. Sfumerei un abbraccio di brividi e pelle d'oca al solo loro tocco e il loro soffiare insieme alle sue labbra piene, rosate, il profumo di un'emozione che nessuno mi aveva mai fatto provare. 

Ricordati di guardare il mare - BABIWhere stories live. Discover now