CAPITOLO 2

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"Come ti sembra?"

Non so esattamente come, ma con quelle tre parole riuscii a far scattare dentro di me degli ingranaggi, qualcosa che non si muoveva da tempo. Il suo baritono continuava a risuonare nella mia testa come l'eco in una caverna, e voltai il viso per poter incontrare i suoi occhi.

Mi stava esaminando.

Lo sentivo scavare fin nei piú profondi meandri della mia anima, come se avesse voluto afferrarla per poterla leggere meglio, il tipico sguardo di una persona che vuole sapere fin troppo, e di chi non ha paura di mostrarsi per quello che è. Quella sicurezza la leggevo nei suoi occhi, grandi come quelli di un cerbiatto, brillavano sotto la poco percettibile luce del sole che scrutava fra le nuvole grigie.

"Credo mi sia venuta un pó mossa"

Disse distogliendo lo sguardo dal mio e portandosi la foto sotto il naso con occhi socchiusi e mordendosi delicatamente il labbro inferiore. Le gocce d'acqua continuarono a scendere dai suoi capelli e quasi mi distrassero dal capire quello che mi stava dicendo.

"Che ore sono?"

Mise la foto nelle sue tasche bagnate.

"Le 7 e 36 minuti"

Senza neanche ringraziare nè salutare si grattò il naso e allungò il passo, facendo per andarsene, quando alzai la voce e continuai a parlare:

" e 28 secondi. "

Da dietro vidi le sue guance muoversi, segno che stava sorridendo. Avrei voluto che si girasse in quel momento, chissá di che colore sarebbero state le sue guance, forse ancora rosee a causa del freddo? E i suoi occhi?

Volevo dire di piú, vedere di piú. Ero curioso di quell'individuo così misterioso.

Un "Non hai freddo?" mi uscii quasi spontaneo a causa dei troppi pensieri che mi frullavano in testa.

"Tantissimo"

Si volse di nuovo verso di me e accennó un leggero sorriso a bocca socchiusa, quasi sofferente. Annuii e abbassai lo sguardo per prestare inutile attenzione alle mie scarpe, non sapendo cosa altro dire o fare per rompere il ghiaccio.

"Come ti chiami?" mi anticipó.

"Kim Seokjin"

"Anni?"

"24"

"Che fai nella vita?"

"Studente universitario"

"Dove vivi?"

"A pochi isolati da qui"

Perchè stavo rispondendo alle domande di uno sconosciuto?

"Hai qualche hobby?"

"Perchè tutte queste domande?"

Si fermó un momento e si toccó il mento, pensieroso.

" Pensavo volessi farmi delle domande prima mentre fissavi, per questo sto chiedendo io"

Arrossii dall'imbarazzo e il respiro mi si spezzò facendomi esageratamente alzare il tono della voce, risultando anche un pò stridula ed irritante.

"N-non ti stavo fissando....è che...."

"...è che eri immobile e pensavo fossi qualcosa come un manichino...o che ne so... non ti muovevi ed ero incuriosito, tutto qui"

"Capisco..."

Tiró un lungo sospiro e si stiracchió la schiena.

" Ma vedi" battè la mano sul suo petto e sorrise ad occhi chiusi, fiero di sè.

"Sono un essere umano, macchinetta fotografia ed ossa."

"Macchinetta fotografica?" lo guardai con sguardo confuso.

"Non posso separarmene, è come fosse parte di me. Ne ho altre, ma oggi pioveva e ho deciso di portare questa, è quella che rischiava meno di rovinarsi"

Non risposi, piuttosto preferii guardare avanti a me, sperando che il tizio sconosciuto continuasse a fare foto e mi lasciasse respirare, l'atmosfera stava diventando pesante. Non ero abituato a tenere una conversazione così duratura con un individuo che sembrava, almeno dall'apparenza, avere la mia stessa età, se non con i miei amici più stretti che non vedevo dall'inizio dell'estate fino ad allora, una brutta giornata di Settembre.

"Vuoi vederla?" senza esitazione mi allungò la macchinetta.

Inchinando leggermente il capo, lo ringraziai e la presi dalle mani che fino a poco fa stavo esaminando. Mi bastò sfiorarle per sentirne la morbidezza.

Sentivo il suo sguardo bruciare su di me, era quasi inquietante. Da come ne aveva parlato, per lui quella macchinetta era davvero importante, forse per questo non tolse mai la mano da un lato della sua amata.

Ne percorsi i lati con i pollici, facendo finta di contemplarla. Che vuoi che io ne sappia di queste cose? Per me era una semplice macchinetta fotografica.

Stemmo in silenzio per un altro pò quando finalmente l'autobus si decise ad arrivare.

"E' davvero bella" conclusi io, e gliela restituii salendo sull'auto, mentre lui mi seguì fino alle porte, per salutarmi.

"Beh...è stato un piacere...."

"Vante"

"...Vante?"

Le porte si chiusero e rimasi a guardare il ragazzo che non smise di salutarmi sventolando la mano fino a che non voltai l'angolo. Mi sedetti e buttai la testa all'indietro.

"Che razza di nome è?"

Misi la mano nella tasca del giaccone per prendere il cellulare quando mi accorsi che i palmi delle mie dita incontrarono qualcosa di estraneo: tirai fuori una foto.

Era la foto che vante aveva scattato poco prima.

𝒗𝒂𝒏𝒕𝒆 - taejin.Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt