Jack stava sudando freddo, non riusciva a spiccicare parola e la tensione crebbe fino a fargli scoppiare i timpani quando Primus avvicinò la siringa al braccio.

Primus si fermò un attimo e lo guardò con la coda dell'occhio. «Non preoccuparti, non sono così crudele. Ti sederò per ridurti il dolore, in compenso potrai vedere tutto... almeno finché avrai gli occhi.»

«No... no...», disse con un filo di voce. Ricordò che il Presidente era sempre scortato da due cavalieri e urlò frasi senza senso per farsi udire.

Primus rise di gusto. «Non c'è nessuno qui fuori, stanno festeggiando la vittoria!» Poi si corresse: «La mia vittoria.» Infilò l'ago nella vena e mise il pollice sullo stantuffo. «Porgi i miei saluti a mia figlia quando la raggiungerai all'inferno.», gli disse prima di eseguire l'anestesia.

In quel momento, la porta si aprì con un leggero cigolio ed entrambi trasalirono, chi per gioia chi per terrore.

«Chi è là?», strepitò Primus. «Non voglio ricevere nessuno, fuori di qui!», tuonò, ma era tardi.

Marco era alla porta, il viso fermo in un'espressione indecifrabile. Nel momento in cui Jack aveva lasciato la Sala, nella sua espressione furente, Marco vi aveva letto il desiderio di vendetta e aveva sospettato che tramasse qualcosa. Quando aveva visto, poi, le guardie del corpo del Presidente festeggiare insieme agli altri cavalieri, un senso di ansia l'aveva assalito e si era recato subito nelle sue stanze. Inizialmente era stato il desiderio di proteggerlo a muoverlo: lui che aveva letto il diario di Primus era consapevole che prima o poi la follia dell'uomo sarebbe esplosa facendogli commettere un passo falso. Ma non voleva proteggere il Presidente, piuttosto la promessa che questi gli aveva fatto: l'ottenimento di una carica prestigiosa nel Consiglio.

Marco aveva temuto che Primus si facesse sopraffare dalla potenza di Jack; mai avrebbe immaginato, invece, di trovare quest'ultimo in difficoltà. Il desiderio di protezione scemò pian piano, sostituito da un pensiero sinistro: "Perché accontentarmi di essere un eterno numero due, quando invece potrei essere un numero uno?". Aveva il suo diario, aveva le prove, e ora anche la possibilità di fermarlo.

Primus si lasciò scivolare la siringa dalle mani. «Posso spiegare...»

Marco puntò gli occhi sulla siringa che rotolava sul pavimento, poi guardò distrattamente Primus e infine piantò lo sguardo negli occhi di Jack, che parve capire cosa gli frullasse in testa.

Marco estrasse con foga la pistola e sparò due colpi al Presidente.

Gli occhi di Primus si riempirono di orrore quando il bruciore degli spari gli si allargò nel torace. Riuscì solo a toccarsi la giacca; sfiorò i fori d'entrata e sentì la viscosità del proprio sangue tra le dita. La bocca gli si riempì di sangue, bloccando la sua domanda: "Perché mi hai tradito?", avrebbe voluto chiedere a quello che aveva sempre reputato un amico leale. Crollò al suolo con un tonfo, l'ultimo pensiero andò al dio che l'aveva guidato.

Jack non fiatò; aveva ancora l'espressione di panico negli occhi, non era cambiato nulla dalla precedente situazione, solo il suo assassino.

«Un vero colpo di fortuna...», disse Marco, con voce crudele. Ripose la pistola nella fondina e si avvicinò al cadavere del Presidente. Con il piede lo voltò e scrutò la profondità dei suoi occhi glaciali. Persino da morto non aveva perso la severità dello sguardo. «In un solo giorno ho avuto la possibilità di liberarmi di tutti i miei nemici.» Guardò Jack, anche se la sua bocca era ferma, l'ombra di un sorriso gli brillava negli occhi. Allungò lo sguardo sulla tela, ancora sul pavimento. «Sbaglio o questo quadro apparteneva a Paine Leone?» Si abbassò per raccoglierlo, ma il soggetto dipinto sembrò respingerlo. «Che Dio mi fulmini se questo non è Primus!»

L'Angelo della Morteحيث تعيش القصص. اكتشف الآن