Capitolo 19

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Avvertii in quel momento la paura. La stessa che provai quel giorno, in cui mia sorella Laura aveva appiccato l'incendio. L'immagine che avevo davanti di Gabriele, che mi guardava preoccupato, si confondeva con le fiamme che in pochissimo tempo avevano avvolto tutta la stanza. Laura si sedette sul divano. Si poggiò contro lo schienale e abbandonò la testa all'indietro, socchiudendo piano gli occhi. Abbandonò le braccia sul tessuto del divano, che pian piano stava deteriorandosi per il forte calore. Sembrava non avvertisse le fiamme che stavano per raggiungerla. Stavo sudando e respiravo a fatica. Cercai di riprendermi. Non volevo morire così in quel modo, ma non avevo la forza per trascinarmi fino alla porta ed aprirla. Le forze stavano per mancarmi del tutto e sentivo farsi sempre più pesanti le palpebre. Non è giusto! Non doveva andare così, pensai. Chiusi gli occhi, abbandonandomi a ciò che sarebbe successo.

Qualcuno bussava alla porta. No, era qualcosa di più forte. Qualcuno stava prendendo a spallate la porta, che si aprì dopo svariati colpi. Aprii gli occhi e Gabriele era accovacciato sopra di me.

«Daniele!» mi stava chiamando «Daniele, mio Dio, sei vivo per fortuna!» le lacrime gli rigarono gli occhi, mentre posava la fronte sul mio petto.

«Ti porto via da qui...» mi disse, mettendo il mio braccio attorno alla sua spalla e tenendomi poi sulla vita. Riuscì a sollevarmi e compimmo pochi passi verso la porta. Il calore era quasi insopportabile ed il fumo rendeva ogni respiro molto faticoso.

«Gabriele!» mia sorella Laura sembrò destarsi dal suo torpore. Chiamò Gabriele svariate volte, ma lui pensò solo a portare me in salvo.

Avevo visto svariate volte quel ricordo nella mia testa e lo avevo completamente travisato. Mia sorella non aveva mai chiamato me. Aveva chiamato solo Gabriele. Aveva chiamato l'uomo che amava disperatamente. L'uomo che l'aveva rifiutata e per cui era pronta a morire.

Laura tese la mano verso Gabriele, che la guardò. Lo vidi guardarla a lungo e prese a stringermi ancora di più in un abbraccio. Lei sgranò gli occhi e la vidi, finalmente, rendersi conto dei veri sentimenti di Gabriele. Il braccio ricadde privo di vita lungo il fianco di Laura. Abbassò lo sguardo e restò in piedi, in silenzio, mentre Gabriele mi portava al di fuori della villa.

«Salvali... ti prego...» avevo la voce rauca, ma ebbi comunque la forza di pregare Gabriele affinché salvasse la mia famiglia. Lui mi sorrise, mi baciò sulle labbra brevemente e si fiondò nella villa. Cercai di trascinarmi verso l'ingresso. Volevo aiutare Gabriele, ma le forze mi mancarono e svenni.

Scossi la testa, mentre ancora la tenevo fra le mani. Sembrai essere tornato al presente, dopo un lungo viaggio attraverso i miei ricordi perduti. Non me ne ero reso conto, ma avevo camminato, fino ad arrivare all'esterno della villa, nel punto esatto in cui svenni quel giorno. Sbattei le palpebre un paio di volte e davanti a me vidi Gabriele.

«Daniele...» sollevò la mano a mezz'aria, tenendola verso di me. Tremava. «Stai bene?»

Non riuscii più a controllare le mie emozioni. Il mio amore per lui sgorgava dal mio cuore e non riuscivo più a contenerlo. Allargai le braccia e avvolsi il suo corpo in un abbraccio. Sprofondai il viso nella sua spalla e cominciai a piangere.

«Mi dispiace! Scusami! Non avrei dovuto dubitare di te!» dissi fra un singhiozzo e l'altro.

Sentii la tensione sciogliersi e scomparire dal corpo di Gabriele. La sua mano, rimasta a mezz'aria, si posò delicatamente sulla mia nuca, mentre con l'altra mano, mi accarezzava la schiena. Sollevai il viso dalla sua spalla ed incrociai il suo sguardo dolce. Cercai le sue labbra in bacio, dapprima delicato, poi via via sempre più passionale. Sentii le mie ginocchia cedere e mi aggrappai alla sua schiena. Interrompemmo quel bacio, per poterci guardare ancora una volta.

«Ti sei ricordato?» mi chiese, mentre con il pollice portava via le ultime lacrime che bagnavano la mia guancia.

«Si, tutto quello che è successo» mi faceva davvero male pensare che fosse stata proprio Laura ad uccidere i nostri genitori. «Mi dispiace Gabriele. Sono stato uno stupido».

«No, ti prego. Avrei preferito addossarmi la colpa, pur di non farti rivivere quel momento...»

Posai la fronte contro quella di Gabriele e sorrisi. «Mi ami fino a questo punto?» gli chiesi cercando i suoi occhi dorati. Lui annuii deciso e mi baciò ancora una volta.

«Mi dispiace aver pensato che fossi stato tu. Anche tua madre... mi aveva detto di scappare... perchè?» tutti i dubbi in quel momento stavano venendo fuori uno ad uno.

«Avevamo invitato anche mia madre a quella cena, ma era in ritardo. Ha assistito alla scena in cui Laura ti ha colpito con quella statuina e ha poi cercato di strangolarti. E' rimasta profondamente sconvolta da quell'episodio e poco dopo la sua malattia mentale si è aggravata sempre di più. Quel giorno voleva solo avvisarti di scappare da tua sorella, credendola ancora in vita» fece una piccola pausa, schiarendosi la voce, per poi continuare «Non volevo che sapessi che la colpevole era Laura, per questo le ho detto di non dirti più nulla. Non volevo spaventarti...» mi strinse a sé in un abbraccio.

«Capisco...» contraccambiai il suo abbraccio, stringendolo ancora più forte.

«Mi dispiace non essere riuscito a salvare la tua famiglia...» disse poco dopo, staccandosi dall'abbraccio e guardando l'ingresso della villa «Quando sono rientrato, tua sorella aveva chiuso a chiave la porta della sala e aveva incastrato qualcosa all'interno per bloccarla. Ho provato a sfondarla, ma non ci riuscivo. Ho chiamato i vigili del fuoco, ma sono arrivati troppo tardi. Quando sono riusciti ad entrare, ormai erano tutti morti. Ho raccontato alla polizia che era stato un incidente. Avevo salvato te, ma non ero riuscito a salvare gli altri perchè ero arrivato tardi».

Il suo sguardo sembrò rabbuiarsi, mentre ancora guardava l'ingresso della villa. Presi la sua mano nella mia ed intrecciammo le nostre dita.

«Avresti dovuto dirmelo...»

«Avrei preferito che dimenticassi!» esclamò lui, interrompendo la mia frase «Dovevi dimenticare Daniele. Avrei solo voluto che tu fossi felice. Ho provato a non cercarti per questi due anni così potessi dimenticare quello che era successo e potevi dimenticarti di me. Chiamavo Claudia a volte, per sapere di te, ma non sono mai venuto da te...» afferrò anche l'altra mano « Quel giorno, quando sei tornato alla villa e ti ho rivisto, dopo tutto questo tempo, non ho saputo fermarmi. Sapevo che forse stavo sbagliando, ma volevo soltanto stringerti a me e baciarti come avevamo fatto due anni prima...»

Mi resi conto in quel momento, quanto i sentimenti di Gabriele erano profondi e così sinceri nei miei confronti. Arrossii violentemente ed il cuore prese a battermi forte.

«Mi hai aspettato per tutto questo tempo?» gli chiesi avvicinandomi ancora di più a lui.

«Si, Daniele e finalmente sei di nuovo qui, con me...» sorrise e sentii le sue mani tremare ancora una volta.

Sollevai le mani, intrecciate alle sue, e baciai entrambi i suoi palmi «Ti amo» gli dissi, mentre le labbra sfioravano la sua pelle dolcemente. Gabriele sorrise, quasi commosso dalle mie parole. Staccò la mano destra dalla mia e la posò sulla mia guancia. Mi baciò delicatamente le labbra « Ti amo anch'io» mi disse a fior di labbra.

Ero davvero felice e sentivo il suo amore che si fondeva con il mio. I miei ricordi erano svaniti, ma l'amore che provavo per Gabriele non era mai scomparso. Era dentro il mio cuore. Nascosto. Come volessi conservarlo per il momento in cui sarei stato di nuovo io.

«Per favore, Daniele...» mi disse posando la sua fronte contro la mia «Non dimenticarti mai più di me».

Gli sorrisi. «Non potrei mai dimenticarti».

DimenticaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz