29. Vuoi divertirti? No, voglio dimenticare

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Cadere, rialzarsi, cadere di nuovo, farsi male, rialzarsi ancora una volta.

Combattere, stringere i denti, urlare, scaricare la rabbia.

Cose che ognuno di noi dovrebbe fare.

Sono caduta un sacco di volte, prima di imparare a rialzarmi da sola.
Mi sono ferita un sacco di volte, e ho aspettato tanto prima di sapermi medicare da sola.
Su certe ferite, a volte, ho premuto di più, come se avessi potuto fermare il dolore, ma in realtà lo sentivo più forte.
Un dolore così forte al cuore, che istintivamente mi porto sempre una mano al petto, come se potessi fermarlo.
Come se potessi stringere il cuore in una mano, per chiudere la ferita.
Come se volessi strapparlo via dal petto, mettermi davanti alla scrivania e iniziare a cucire la ferita aperta.

Chi è che non vorrebbe far finire il dolore con uno schiocco di dita?
Liberarsene sembra così facile.

Dicono "Non stare male, passerà".
Lo so benissimo che passerà. Il problema è che, finché passa, io soffro.
Il problema è QUANDO passerà.
Non mi preoccuperei, se sapessi che il dolore potrebbe passare dopo un giorno, una settimana, un mese, un anno.
Ma quando dura anni, può la gente dirmi di non stare male?

Loro, che cosa ne sanno?

Che cosa ne sanno di tutte le urla soffocate dentro il cuscino?
Di tutti i problemi che abbiamo accantonato, facendo finta di averli superati, per poi tirarli fuori nei momenti in cui ci sentiamo più deboli?
Soltanto perché una persona continua a respirare, non vuol dire che stia vivendo davvero.
La nostra spontaneità ad un certo punto sparisce.

Ti chiedo scusa, papà. Perché volevo essere adulta, e mi sono rovinata.
Ti chiedo scusa, se non ho scelto una strada diversa.
Ti chiedo scusa, se non sono stata debole come la mamma.
Ti chiedo scusa, se oggi sono un problema che cammina.
Un uragano distruttivo.
Perché loro hanno portato via te, e io porterò via tutto ciò che hanno di prezioso.
Sono un mostro, papà? È così che sono cresciuta?

Il confine tra odio e amore è così sottile, che mi spavento io stessa di come potrebbe cambiare, in una frazione di secondo.
Non ho una sorella, perché siete stati egoisti a non volere un'altra bambina.
Siete stati egoisti a lasciarmi sola, senza nessuno.

Se avessi avuto una sorella, probabilmente avrei scelto una strada diversa.
Forse mi sarei presa cura di lei, le avrei dato una vita migliore.

Forse a diciott'anni sarei dovuta andare alle feste, ubriacarmi, mentire di aver avuto il cellulare scarico, e qualche amica che mi avrebbe coperto le spalle, anziché iscrivermi ad arti marziali.

"So cantare, so dipingere, so suonare, so ballare." direbbe una ragazza normale.

"So spezzarti il polso e rimettertelo a posto in un secondo" direi io.

Mi manca il freddo che c'è lì, dove sono nata.
Ma non mi manca vedere la tua lapide coperta di neve.
Così tanto freddo, che a volte neanche lo sento, papà.

Siamo a dicembre, e io sto cercando di affrontare la bufera in arrivo.
Sto cercando di restare calma, e di non pensare al fatto che tu non ci sia più.

Sono triste e consunta.

Un giorno, però, smetterò di guardare il cielo, e imparerò a guardare davanti a me.
Non posso vivere sempre con lo sguardo verso l'alto.

So che ci sei. So che mi guardi. Ma da lassù è più facile guardare giù. Io potrei rischiare di camminare per tutta la vita con il collo piegato all'indietro, a forza di saperti vicino.

Qualcuno mi ha insegnato a trasformare il dolore in forza.
E un giorno, non sarò più una stella spenta, priva di luminosità, buia.
Un giorno scoppierò come una supernova, lassù, vicino a te, e sarò uno spettacolo per gli occhi tuoi. Sarai fiero di me, e io sarò felice.

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