3/5 - L'anello del vescovo - ultima puntata

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Era tanto tempo che il maresciallo Gotti sognava di fare una scena madre in stile Poirot. Certo, la riunione nella caserma di Montenevoso aveva un tono meno solenne di quelle di Agata Christie, ma la tensione si respirava lo stesso: seduti di fronte a Gotti, Don Alberto e Valeria sudavano abbondantemente, mentre l'antiquario Revelli, chiamato in veste di esperto di oggetti d'arte, se ne stava in un angolo cercando di capire quale sarebbe stato il suo ruolo.

«Cominciamo da te, Valeria. Tu hai confessato che Benito Oliotti, lo scultore, ti faceva proposte sconce. Inoltre sapevi che lui teneva sempre parecchi soldi in tasca. L'altro giorno gli hai portato il pranzo e lui, per l'ennesima volta ti ha tormentato. Magari questa volta è andato oltre, ti ha messo le mani addosso. Allora tu hai preso il martello che si trovava lì sul banco e ti sei difesa, e per finire il lavoro gli hai pure preso il portafogli.»

Valeria scoppiò in un pianto a dirotto nel quale si perdevano frasi come: «Non sono stata io...», «Io non c'entro», «Io l'ho visto un uomo uscire dalla bottega di Benito, solo che avevo paura a parlare...»

«Adesso puoi farlo» la incoraggiò Gotti.

«È lui» disse la ragazza indicando don Alberto, sotto gli occhi sbigottiti del povero Revelli.

«Allora passiamo a lei don Alberto» riprese Gotti. «Anche per lei c'è un movente. La ricostruzione è semplice: Benito Oliotti si crede un grande scultore; ruba il settecentesco Bambin Gesù dalla cappella della Madonna delle Nevi e pretende di sostituirlo con una copia fatta da lui, una copia che assomiglia a un Cicciobello di plastica. Lei, don Alberto, se ne accorge e si riprende ciò che le appartiene, a suon di martellate. Ricordi i comandamenti, don Alberto: non esiste solo "Non desiderare la donna d'altri"... Lei ha ucciso per salvare una statua».

Don Alberto guardò Gotti con infinita tristezza: «Non è stato per la statua, signor maresciallo. Quella statua conteneva e contiene, in uno scomparto segreto, l'anello del vescovo Aimerico, un tesoro che la nostra parrocchia conserva da più di cinquecento anni. Non potevo permettere che andasse perduto. Per fortuna che quei farabutti che l'hanno avuta tra le mani non se ne sono accorti...»

Nell'ufficio di Gotti si sentì il rumore di una sedia che si rovesciava.

«Cosa c'è, signor Revelli, si sente male?»

«No» disse l'altro riprendendosi, «deve essere un colpo di caldo».

«O forse è la storia dell'anello del vescovo Aimerico?»

«Certo che no.»

«Invece io credo proprio di sì. Perché lei quella statua l'ha avuta tra le mani. Ecco come sono andate le cose: Benito le propone un colpo senza rischi: lei gli procura il Bambin Gesù del Settecento, lui ne farà una copia per sostituire l'originale e nessuno si accorgerà di niente. Ma Oliotti è un incapace: la copia che esegue è un disastro; lei, Revelli, gli chiede di restituire l'originale ma lui si rifiuta e, anzi, pretende di essere pagato per il lavoro. Messo alle strette, lei colloca la copia nella cappella, ma poi capisce che non può funzionare, torna, lo uccide e gli ruba il portafoglio per inscenare una rapina. Infine recupera la statua originale e la rimette al suo posto, senza sapere il segreto del suo tesoro.»

L'antiquario Revelli si nascose il volto tra le mani, in segno di resa e di disperazione.

«Via, non si affligga troppo» fece Gotti. «È vero che passerà il resto dei suoi giorni in galera, ma l'anello del vescovo Aimerico non le è sfuggito: semplicemente non è mai esistito. Complimenti per la recita, don Alberto. E complimenti anche a Valeria.»

FINE

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 22, 2017 ⏰

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