Sento i suoi occhi puntati su di me e con uno sforzo incredibile, riesco a non cedere alla tentazione di guardarla a mia volta, se lo facessi non riuscirei più a parlare.

"La fiducia sconsiderata che ripongo in te...", sospiro con un filo di voce.

Con la coda dell'occhio osservo la sua reazione alle mie parole. Anche se cerca di nasconderlo quello che ho detto sembra averla colpita.

"Sai, ne parlavo giusto prima con Raven. Non riuscivo a capire il perché, fino a quando non lo ammesso poco fa. Quando sono qui, in palestra... con te, mi sento sicura. Cammino, mi muovo, anche se a fatica, senza stampelle... e anche se è doloroso non mi pesa... mi sforzo come non mai per migliorare e soprattutto mi sforzo di essere positiva... ma appena esco da qui, tutte le mie certezze ed i miei buoni propositi svaniscono, mi aggrappo a quei cavoli di bastoni come se ne valesse della mia vita", abbasso lo sguardo celando l'imbarazzo della mia confessione.

Il silenzio è l'unica cosa che rimane quando smetto di parlare. Sento solo i miei piedi strisciare sul pavimento. Un'improvvisa angoscia mi assale. Non avrei dovuto dirle tutte quelle cose. Stupida Clarke, sei una stupida!

"È ora del Kinetec, Clarke!", esclama con tono apatico, confermando la mia enorme cavolata.

Non lo credo possibile, ma la sua indifferenza fa ancora più male del dolore che ho al ginocchio. Non avrei dovuto aprirmi con lei, non avrei dovuto espormi così tanto, ho solo peggiorato la cosa. In fondo cosa mi aspettavo da lei? Non siamo amiche, siamo a malapena conoscenti. Non avrebbe potuto, anche volendolo, lenire tutte le mie paranoie, ed è assurdo il solo fatto che io l'abbia pensato. Mi ha ascoltato come aveva promesso che avrebbe fatto e questo è quanto.

L'angoscia lascia spazio alla rabbia con me stessa e con le mie folli illusioni.

Mi sdraio sul lettino e, mentre mi sistema la gamba su quella trappola, mi soffermo a fissare il suo volto. Il suo sguardo sembra perso nel vuoto, triste, assente, come se le mie parole l'avessero fatta sprofondare in un vortice senza fondo. Ma che cosa ho fatto? Che cosa ho detto di così sbagliato? Credevo che la mia confessione l'avesse lasciata completamente indifferente, invece sembra proprio il contrario. Allora perché non dice niente? Perché non parla con me?

Rimaniamo in rigoroso silenzio per tutta la durata della terapia, fatta eccezione per le sue istruzioni.

Il tempo scorre lento e la tensione tra noi è palpabile. Sono persa nei miei pensieri mentre sono ancora intenta a fare la pressa, la novità di oggi. Detto tra noi, questo aggeggio finirà nella mia blacklist delle cose che odierò finché campo. Sento delle risate ridestarmi ed istintivamente mi giro verso la porta. Anya e Raven entrano proprio in quell'istante, ridendo come se fossero vecchie amiche. Ho come l'impressione che mi sfugga qualcosa, ma va beh, al momento credo proprio che non sia rilevante.

Le risate si bloccano di colpo. Probabilmente le nuove arrivate percepisco che in questa palestra c'è qualcosa che non va. Sì, ma cosa?

"Ooook, allora come andiamo Clarke?", mi chiede Anya avvicinandosi a me.

"Sono intenta a farmi schiacciare da questo marchingegno... ma, a parte questo, credo benino...", cerco di fare la simpatica, celando il mio vero stato d'animo.

"Peso?", mi chiede la dottoressa.

"10 Kg, è la prima volta che si fa schiacciare...", sento la voce di Lexa riprendere le mie parole.

Il suo tono fa concorrenza al mio, come se stesse fingendo... proprio come me.

"Beh, non mi sembra male Clarke... poi noto con piacere che la tua gamba si sta irrobustendo, e questo è un ottimo risultato. Fra tre/quattro settimane potremmo cominciare il suicido. Che ne pensi, Lexa?", domanda Anya, cercando conferma nella mia fisioterapista.

ICE DancingWhere stories live. Discover now