Capitolo 3

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Apro gli occhi, richiudendoli subito, disturbata dalla luce che entra prepotentemente dalla finestra della mia camera. Sbuffo frustata, soffocando un urlo nel mio cuscino. Come al solito, ho dormito poco e male. Dall'incidente dormire è diventata una vera impresa. Ogni piccolo movimento della gamba mi provoca dolore e, ovviamente, il mio sonno ne risente... non è per niente tranquillo né tanto meno riposante.

Con la lentezza di un bradipo riesco a mettermi a sedere. Cerco di afferrare le stampelle, ma ovviamente mi cadono. Cazzo!! Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà una pessima giornata!

Dopo aver imprecato in aramaico antico, con uno sforzo incredibile, mi metto in piedi e lentamente raggiungo il bagno.

Ho davvero bisogno di un caffè! Vado in cucina per fare colazione e stranamente incontro mia madre.

"Buongiorno tesoro", mi saluta con eccessivo entusiasmo.

Da dove cavolo le viene tutto questo buonumore di prima mattina?!

"Ciao mamma", replico apaticamente.

"Come mai sei ancora a casa? Pensavo avessi lezione?", le chiedo non capendo il motivo della sua presenza.

Faccio una piccola parentesi... mi accorgo solo ora di non aver detto nulla dei miei genitori. Beh, come avrete già intuito, mia madre è una professoressa alla McGill University. Tiene diversi corsi di medicina tra cui chirurgia avanzata e anatomia. Sinceramente è un vero mistero perché non abbia voluto fare il medico, ma dovreste vederla quando parla dell'insegnamento, si illumina letteralmente. Poi c'è mio padre un ingegnere meccanico di una delle più grosse multinazionale del Canada, credo in assoluto che sia la persona più geniale di questo mondo... e non lo dico solo perché è mio padre, ma perché è un dato di fatto. L'unico suo difetto è che quando comincia a parlare dei suoi progetti, mi sento la persona più ignorante sulla faccia della terra... ma va beh.

"No, oggi ho preso un giorno di ferie. Pensavo di accompagnarti a fare terapia...", replica porgendomi il piatto con dei pancake.

Com'è che la cosa non mi sorprende?! La giornata sta peggiorando sempre di più. Sospiro cercando di non far vedere il mio disappunto.

"Grazie mamma, ma non è necessario. Mi accompagnano Raven e Octavia. Tranquilla...", sforzandomi di essere il più gentile possibile.

"Ma Clarke...", prova ad obiettare.

"Ti prego mamma... per me è già abbastanza difficile... sono già preoccupata io per tutti quanti, se poi ci sei tu, lì, che mi aliti sul collo e mi metti ansia, sarà un vero disastro. Scusa, ma preferisco andare con le ragazze", la interrompo subito, cercando di spiegarle le mie preoccupazioni.

Accusa il colpo, si vede benissimo che ci è rimasta male ma, in questo momento, non riuscirei proprio a gestire il carico di pressione che, solitamente, mi mette sulle spalle.

"Mamma, non te la prendere. Prometto che ti racconterò ogni cosa", le dico prendendole la mano e stringendola.

"Ok, va bene, mi arrendo... ma sia chiaro Clarke... voglio sapere tutto, da ogni tipo di esercizio che fai alle credenziali della fisioterapista...", replica puntandomi un dito contro, non trattenendo però un sorriso.

È talmente buffa la sua espressione che non posso far a meno di ridere, trascinando subito dopo anche lei.

Finita la colazione mi metto a poltrire sul divano, cercando di non pensare ad oggi pomeriggio. Cosa praticamente impossibile, alle 14 devo cominciare questa tortura e il mio cervello non mi dà tregua, continua a non risparmiarsi pensando a tutto e a niente. Un mix di emozioni mi stanno facendo impazzire. Da un lato c'è l'ansia, la paura, per tutto il dolore che dovrò sopportare, dall'altra c'è speranza, fiducia, di riuscire a liberarmi di questi odiosissimi bastoni. E poi c'è la curiosità, non so cosa aspettarmi. Sì, è vero, ieri la dottoressa mi ha descritto per filo e per segno i passi che prevede la terapia di recupero, ma continuo a domandarmi come sarà il processo. E poi c'è lei, la mia fisioterapista, Lexa. Forse la mia curiosità sconsiderata nasce e muore proprio con lei. Da atleta non riesco a comprendere la sua scelta. È riuscita ad alzarsi in piedi e a recuperare perfettamente, però non gareggia più, ma perché? Io, se solo potessi, tornerei subito sul ghiaccio, mi manca talmente tanto che a volte penso sia quella la causa di tutto il mio malessere, non il ginocchio.

ICE DancingWhere stories live. Discover now