Capitolo 10 - Inaspettatamente

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Angy

È passata poco più di una settimana da quando mi sono trasferita nell'appartamento dell'avvocato Leoni e, dopo la telefonata avuta con lui il giorno del mio trasloco, non ho più avuto occasione di sentire il mio benefattore.

Ho pensato a lui qualche volta la sera prima di addormentarmi, anche perché Elisa non fa che citarlo e fare battutine allusive su di lui ogni volta che ci sentiamo.

Quando sono al lavoro in compagnia del mio aguzzino però, la mia testa non ha tempo da dedicare a frivolezze e la mia concentrazione va solo alla pratica che svolgo. A volte torno a casa talmente stanca, da non avere neppure voglia di inventarmi qualcosa per cena. Così finisco per aprire il frigorifero e ingurgitare gli alimenti a casaccio, mentre ascolto Elisa che mi racconta la sua giornata in ufficio. Elisa è impiegata allo sportello di una banca e non le piace il suo lavoro. Per questo le sue chiamate il più delle volte sono piene di invettive verso i suoi superiori o qualche correntista maleducato che l'ha incalzata allo sportello.

Oggi mi sento particolarmente stanca, forse perché è lunedì mattina e ho passato la domenica a pulire casa, smontando tende, lucidando vetri e stirando montagne di biancheria.

Sono nel corridoio del Tribunale insieme all'avvocato Adamante, che da qualche giorno è ancora meno loquace del solito. Stiamo attendendo il nostro turno per un'udienza.

Dato che il silenzio tra me e il mio capo è tremendamente imbarazzante, tento di avviare una conversazione.

<<Ho letto il fascicolo della causa di oggi, avvocato. L'udienza è fissata per l'ammissione delle istanze istruttorie delle parti; crede che il Giudice deciderà subito sulle prove da ammettere o che si riserverà di decidere fuori udienza?>> domando, in realtà senza un vero interesse nella risposta.

<<Non saprei. Non ho la sfera di cristallo>> replica asciutto il mio aguzzino, senza neppure guardarmi. Sempre pronto a fare del sarcasmo e ad essere scontroso, penso tra me.

Poi del tutto inaspettatamente l'avvocato Adamante sbuffa, si volta a guardarmi e accenna quello che sembra essere un sorriso. Possibile che il mio aguzzino mi stia sorridendo? Resto tanto scioccata da non riuscire a rispondere al sorriso che risulta decisamente disarmante.

Abbasso lo sguardo e sento le fiamme al viso, rendendomi conto di essere arrossita. Di solito l'avvocato Adamante è troppo antipatico e scorbutico per notare quanto sia bello, ma quando sorride è davvero molto attraente.

Ciò non toglie, però, che io lo detesti!

<<Comunque penso che il Giudice si riserverà di decidere fuori udienza>> aggiunge l'avvocato, mentre sfoglia gli atti di causa. Sta forse cercando di fare conversazione? Quello che dice dopo mi dà la conferma che il mio capo è improvvisamente diventato stranamente socievole.

<<Come si trova nel nuovo appartamento?>> sento domandarmi. È la prima volta in mesi di pratica che il mio aguzzino mi rivolge una domanda che non sia pertinente con un fascicolo di studio.

<<Molto bene, grazie>> replico stranamente imbarazzata. <<L'appartamento è molto elegante. Sopra le mie aspettative direi>> proseguo sincera.

L'avvocato Adamante annuisce, e sul suo volto compare un accenno di sorriso sghembo. Approfitto della sua eccezionale cordialità per porgli una domanda che mi gira in testa da un po'.

<<Avvocato, posso domandarle una cosa?>> inizio un po' intimorita. Lui annuisce.

<<Le è mai capitato di assistere un cliente con la consapevolezza che le stava omettendo elementi di fatto a lui sfavorevoli?>> trovo il coraggio di chiedere al mio capo. Ho sfogliato più volte il fascicolo inerente l'udienza di oggi, dopo aver assistito all'incontro dell'avvocato Adamante con il cliente qualche giorno fa, e non mi quadra qualcosa. Dai documenti nel fascicolo la ricostruzione del fatto di causa non sembra essere compatibile con quella rappresentata dal cliente.

<<Dottoressa Ferrari, lei mi sta per caso domandando se ho mai avuto qualche scrupolo ad omettere - nell'interesse del mio cliente - elementi che potrebbero essere rilevanti per la decisione della causa?>> replica l'avvocato Adamante, stupendomi. In effetti è esattamente la domanda che mi sto ponendo: sarei in grado di omettere o addirittura di mentire per il mio assistito? Tuttavia non ho osato porre una domanda così diretta all'avvocato.

Ad ogni modo annuisco al mio interlocutore.

<<Ad essere sincero, mi faccio degli scrupoli ogni giorno>> mi risponde l'avvocato Adamante questa volta stupendomi davvero moltissimo. Forse Chiara ha ragione: l'avvocato non è poi quella brutta persona che sembra. Ma resta ugualmente odioso, mi ripeto.

Vorrei porgli altre domande. Vorrei ad esempio chiedergli come si comporta davanti ad un cliente che gli mente consapevolmente o ad uno che ha palesemente torto, ma non ho il coraggio di proseguire. Inaspettatamente, però, l'avvocato Adamante continua.

<<Vede dottoressa, nel nostro studio non ci occupiamo di diritto penale. È chiaro che trovarsi a dover difendere un imputato, che si crede essere colpevole, può creare grosse remore dal punto di vista morale, pur se all'università ci abbiano insegnato che tutti hanno diritto ad una difesa, anche i colpevoli. Nel campo del diritto civile o del diritto amministrativo i problemi di etica o di coscienza sono ovviamente più attenuati. Si ha a che fare per lo più con questioni di carattere meramente economico e le parti di un processo, nel limite del lecito naturalmente, non hanno nessun obbligo di allegare fatti o dedurre prove ad esse sfavorevoli>> conclude il mio capo.

<<Ma omettere fatti sfavorevoli alla parte assistita che potrebbero essere determinanti per il processo, non è un po' come mentire? Voglio dire, omettere, nella misura in cui crea una distorsione della realtà dei fatti, non è mentire?>> le parole mi sfuggono e me ne pento immediatamente. Mi aspetto dall'avvocato la solita risposta scontrosa, qualcosa tipo "perché perde tempo a fare la pratica professionale, se non sarà nemmeno capace di assistere come si deve il suo cliente a causa di sciocche remore morali?". Invece il mio capo scoppia a ridere e per la prima volta in mesi di pratica mi fa un complimento. O almeno credo che sia un complimento.

<<Lei è molto più acuta di quanto dia a vedere, lo sa? Ma si ricordi una cosa: la realtà dei fatti e la realtà processuale che si forma in un giudizio non sempre coincidono, ma non necessariamente una è più giusta dell'altra>>. Poi l'avvocato si rituffa nelle scartoffie, così evitando di rispondere alla mia domanda.

Fatico a comprendere cosa voglia dire l'avvocato Adamante. A mio parere una cosa o è giusta o è sbagliata, o è bianca o è nera. Ma a quanto pare nella professione dovrò imparare che esistono infinite sfumature di grigio e che l'avvocato deve avere la capacità di esaltarne i contorni fino a farle apparire bianche o nere agli occhi di chi guarda.

Mi ritrovo a fissare il profilo del mio capo per qualche istante, notando, per la prima volta da quando lo conosco, che il suo sguardo (diversamente da come si comporta e da quello che normalmente dice) sembra affabile. Che mi sia fatta un'idea sbagliata su di lui e non sia lo stronzo che credo? Prima che possa darmi una risposta, il Giudice apre la porta dell'aula e chiama la nostra causa.

Se confessi, ti sposo!Where stories live. Discover now