Capitolo 7

3K 126 2
                                    

Mi svegliai con il frastuono della sveglia. Stavolta non era mia sorella a svegliarmi. E già questo, mi faceva alzare con il piede sbagliato. Arrivai in cucina. Le valigie scomparse, tutto vuoto. Non c’era nessuno. Presi la tazza, vi ci versai il latte e poi i cereali. Il rumore che provocavo masticando i cereali rimbombava nella cucina. Un rimbombo che mi fece paura. Lasciai la tazza per dov’era-non avevo tempo da perdere per lavare una tazza- salii sopra e mi cambiai. Misi le scarpe, presi lo zaino e riscesi. Stavolta non c’era nessuno che mi rompeva le prime ore della mattina. A parte un piccolo foglietto, lasciato sul tavolino basso vicino il divano. “Buona fortuna. xx” c’era scritto. Ah… già…oggi c’erano i risultati delle audizioni…Appallottolai il pezzetto di carta e lo lanciai bruscamente a terra. Poi uscii, infilandomi nelle orecchie le due cuffiette e avviandomi verso l’istituto. Arrivai. L’istituto di un giallo limone che ti veniva voglia di vomitare ogni volta che lo osservavi per bene, i ragazzi che ridacchiavano al freddo, il bidello che cercava di convincerli ad entrare. Ed io. Sola. Entrai, riscaldandomi subito. Arrivai all’armadietto e lo aprii. Subito Hilary si precipitò, “Allora? Nervosa?” “No…” dissi rovistando nell’armadietto, “Successo qualcosa?” “Niente.”. Chiusi di botto l’armadietto e mi diressi verso la mia classe. Lei mi seguì “Che succede?” “Passerò un natale di merda. Da sola.” “E tua sorella?” “A Miami. A lavorare.” Posai lo zaino vicino il banco, mi sedetti sulla sedia e presi il libro di storia. “Non mi frega un cazzo di queste audizioni. Non me n’è mai fregato un cazzo. Continuate a ripetermi se sono nervosa. No. Non lo sono. E mai lo sarò. Perché non lo faccio di mia spontanea volontà.”. Hilary mi guardò aprendo leggermente la bocca per le parole che non si aspettava. Poi si sedette al mio fianco. E cominciammo la lezione. Le ore passarono in fretta. La quinta ora si stava avvicinando. La quinta ora che tutti aspettavano, a parte io. Tutta la scuola si riunì in aula magna, dove la preside avrebbe detto i nomi di chi fosse passato. Hilary era frenetica. Io ero scocciata, e non vedevo l’ora che la campanella suonasse. “Ragazzi… Qui ho la busta con i nomi dei 6 vincitori della selezione. Ricordo che siete stati voi stessi a votarli. Quindi adesso aprirò la busta e nominerò i vincitori.”. Intorno a noi si formò un silenzio cupo. “Styles.” Il primo nome fu detto e a tutti scappò qualche parola di felicità per il ragazzo, che esultava con gli amici. “Payne.”. Applaudii forte. Il mio amico ce l’aveva fatta. Ero felice per lui. Se lo meritava davvero. “Horan.”. Esultò al solo pronunciare del suo nome. Posai un attimo lo sguardo su Hilary che aveva gli occhi chiusi e le dita incrociate. Leggermente patetica… “Malik.” Tutti esultarono. Soprattutto le ragazze, anche Hila. E certo. “Tomlinson.”. Sentito il nome mi venne uno strano dolore, dolore piacevole, allo stomaco. Sapevo che avrebbe vinto. Aveva una bellissima voce. “VAI BROTHEEEER!” Sentii Hilary gridare contro il fratello. Mancava solo un nome. Girandomi a torno notavo tutte le facce dei ragazzi preoccupate, mentre io ero bella tranquilla… “Scott.”. Sentii solo le urla di Hilary, la quale si precipitava sopra di me. “CE L’HAI FATTA PORCA LA MISERIA. CE L’HAI FATTA!” continuava a gridarmi all’orecchio. Stavo sorridendo. Perché avevo accontentato loro. Sarebbero stati felici. “Ragazzi venite qui su.” ci richiamò la preside. La guardai negli occhi, mentre salivo sul palco. Era quasi commossa. “Ve lo dico dal profondo del cuore. Ve lo meritate davvero. Vi meritate davvero di diventare, chissà, superstar. Complimenti. UN BELL’ APPLAUSO A QUESTI TALENTUOSI RAGAZZI!”. Mentre che il rumore del battito delle mani rimbombava nelle mie orecchie, guardai in faccia ognuno dei ragazzi in platea. Hope incazzata nera, le sue amiche più incazzate di lei, Hilary che tra un po’ piangeva. “Adesso vi diamo gli ultimi venti minuti per festeggiare fra voi.”. Scesi dal palco. Abbracciai forte Hilary. Solo adesso mi ero resa conto di quello che era successo. “Ce l’hai fatta. Stavolta ce l’hai fatta.”. La sentivo piangere. Mi misi a piangere anche io. “Devo ringraziarti se sono salita su quel palco oggi.”. Singhiozzavamo insieme, poi ci staccammo. Ci guardammo negli occhi. I miei occhi distrutti da un pianto disperato, i suoi lucenti. “Fazzoletti?”. Una voce interruppe il nostro pianto di gioia. Mi girai. Louis era con un pacchetto di fazzolettini in mano, sorridente. “Grazie…” dissi ridacchiando e prendendo il fazzolettino. “Complimenti bro.”. Gli sferrò un pugno sul petto scherzoso, “Modestamente.”. Ci asciugammo le lacrime. Stavamo per ritornare in classe per prendere gli zaini quando mi sentii picchiettare la spalla. Mi girai di scatto. Era Matt. “H-hei Matt!” dissi sorridendo, “Volevo farti i complimenti per esser stata tra i vincitori del concorso.” “Grazie Matt, molto gentile da parte tua.”. Detto questo qualcuno lo spinse volontariamente, facendolo barcollare. “AHAHAH scusa Matty AHAHAH”. Bastardi. Lui abbassò lo sguardo e diventò rosso, “Tutto apposto Matt?” “Sì.. Uhm… ci vediamo..”. Così andò via. Lo chiamavano sfigato, lo chiamavano secchione, gliene dicevano di tutti i colori e lui subiva. Fossi stato in lui avrei preso tutti a parole. Cosa che a volte capitava, anche a me. Presi lo zaino e lo portai in spalla, mentre la campana suonava. “Vuoi venire a studiare a casa mia?” chiesi ad Hilary, “Con piacere.”. Così ci incamminammo verso casa mia. Aprii la porta e lasciai lo zaino vicino essa. “Uhm… per il pranzo ci aggiustiamo con qualcosa..” “Andrebbe bene anche un panino, Emi.” “Un panino? No…troppo poco.” “Due?” “Facciamo due.”. Presi le fette di pane e le condii con il prosciutto e il salame. Accendemmo la TV e vedemmo uno strano show di cucina, mentre mangiavamo. “Sembra tutto apposto, no?” “No.” Risposi secca. “A parte che…” “Che sono sola per il periodo di Natale, che mi mancano i miei più del solito, ma… dettagli…” dissi senza muovere lo sguardo dalla TV, “Tu non sei sola. Ci sono i…” “Appena tu andrai via da questa casa, chi ci sarà con me? Chi?”. Stavolta la guardai fissa negli occhi. “Non puoi dir..” “Nessuno Hilary. Nessuno.”. Mi scotolai delle briciole che mi ero procurata mangiando i due panini, e mi alzai andando verso lo zaino. Lo presi e ne uscii fuori il libro di storia. “Sarà meglio cominciare a studiare. C’è anche Geografia, e Francese.”. Fece una faccia scocciata poi mi sedetti vicino lei e iniziammo a studiare. “Quindi… Dal 1914 al 1918 prima guerra mondiale, dal…Cazzo la seconda non ricordo.” “1939-1945 Hilary.” “Non è mica colpa mia se odio le date. Quella di storia ha detto che se non mi faccio interrogare mi mette 6. Ma cazzo, non è colpa mia se non entra in testa.” “Allora su dai. Devi recuperare. Come inizia la seconda guerra mondiale.”. Rimase perplessa. “Ma sì, la so. Perché quello… come si chiama.. invase la Polonia.” “Hilary, cosa?” “Come si chiama!!” “Me lo devi dire te.” “Non ho una buona memoria per i nomi. Leggi… leggi qua..” disse indicandomi un punto del libro, “Le forze armate della Germania nazista invasero la Polonia, conquistando Danzica.” “Ecco! La Germania!” “Ah… non quello…” dissi guardandola male, “Senti, chiudi sto libro. Tanto tu la sai. Io mi arrangerò domani.” Disse levandomi il libro dalle gambe. Passammo a Geografia e poi al Francese. “Sono distrutta.” Disse distendendosi sul divano, “Manco avessimo fatto chissà cosa.”, “Mh… vuoi che rimanga con te a cena?” “No… che poi tornare a casa da sola è brutto.” “Ma è brutto cenare da sola.” “Non penso cenerò. Forse è meglio che chiami Mark e ti fai venire a prendere. Fa freddo e si è fatta sera.” Dissi guardando fuori dalla finestra, “Va bene…”. Chiamò Mark. Poco dopo suonarono alla porta, “Hai preso tutto?” “Sì…caso mai se mi sono scordata qualcosa me li porti domani a scuola.” Disse portandosi lo zaino su una spalla. Ci abbracciammo e poi aprii la porta. Davanti a noi Louis. “Buonasera…muoviti che sto congelando.” “Sì…” gettò gli occhi al cielo, poi “Ci sentiamo dopo.” Concluse. “Sì… mi raccomando ripassa un’ultima volta la storia!” dissi ridacchiando mentre lei saliva in macchina. Mi chiusi la porta alle spalle. La casa vuota. Solo io lì dentro. La osservai in ogni suo piccolo particolare. Poi scoppiai in un profondo pianto. Sarei rimasta sola tutta la vita. Senza nessuno. Nessuno che soffrisse le mie stesse pene, nessuno che mi aiutasse davvero ad andare avanti. Nessuno. Dovevo sfogarmi. Sfogarmi in un solo modo, se non con quello. Salii le scale cercando di non cadere per la disperazione. Aprii la scatolina in cui dicevo di tenere il mio “piccolo tesoro”. Le mie lame. Corsi in bagno per prendere la bambagia e il disinfettante. Mi sarei fatta male, e poi mi sarei curata. Era così che funzionava. Chiusi la porta del bagno alle mie spalle. Forse potevo però sfogarmi in un altro modo. Presi il computer, e il mio tesoro e scesi giù in cucina. Accesi il portatile e aprii la mia casella postale. “Se non ti basta questo come sfogo, passerai al tuo vizio.” Continuavo a ripetermi in mente. Aprii il foglio bianco e cominciai a scrivere…
Avevi detto che ci sarebbe bastata un e-mail al giorno? Bene. Non mi basta. Non mi basta per raccontarti tutto. Ma inizierò da stamattina.
Mi sono svegliata (senza te) e ho fatto colazione ( a proposito, dovrei lavare la tazza di stamattina). Ho visto il tuo fottuto foglietto. Meraviglioso davvero. Ho studiato per quattro ore. Poi arrivò l’ora. L’ora in cui la prof mi disse che avevo vinto. Che ero una di loro. Una che potrà diventare chissà chi, tra qualche anno. Sono tornata a casa con Hilary (tu non c’eri), abbiamo pranzato, e studiato. E adesso sono qui a scriverti. A scriverti che io non posso stare senza te un giorno. Immaginiamoci un mese. Sto riempiendo di lacrime la tastiera del pc. Ti sto dicendo tutto in una fottutissima e-mail. Non posso continuare un mese a mandarti e-mail. Sto per esplodere. Non so nemmeno se vedrai questa e-mail, se sei arrivata a Miami. Non so proprio un cazzo, ma va bene ugualmente. Qui adesso sono le 21. Lì non so che ore sono. Adesso vado a dormire. Ci sentiamo domani. Aspetto una tua risposta, al più presto. Ti voglio bene. Emi. xxx
Spensi il pc. Lo posai sul divano e mi andai a coricare, aspettando che qualcuno, dall’altra parte del mondo, mi rispondesse.



SPAZIO AUTRICE
Inzio col dire che vi amo troppo. Ma davvero troppo. Siete gentilissimi, e dolcissimi. Dato che è carnevale... vi faccio un regalo. Siccome ho un po' di tempo libero, o lunedì o martedì vi aggiornerò. E poi naturalmente continua la pubblicazione del sabato. Niente. Tutto qui. A presto ♥


Hidden LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora